Panorama, 21 settembre 2017
Generazione no limits. I giovanio vecchi all’assalto della vita
Deh, Jane Fonda ha esagerato dicendo, in conferenza stampa a Venezia, che è meglio fare sesso a 80 anni che a 20: «Si conosce di più il proprio corpo». Però la frase, perfetta per promuovere la storia dei due vicini di casa che iniziano una relazione fregandosene di anagrafe, figli, convenzioni sociali (è il romanzo di Ken Haruf, Le nostre anime di notte diventato film) centra il bersaglio: i «giovani vecchi». Termine che sulla carta suona come un ossimoro, ma che nella realtà ha tutto il diritto di esistere, perché i «nuovi vecchi», i cosiddetti senior, viaggiano, consumano, si iscrivono a corsi di ballo e in palestra, curano il proprio corpo, hanno interessi, prolungano il più possibile sia la vita lavorativa sia quella affettiva-sessuale e, a dispetto delle energie fisiche e mentali affievolite, snobbano panchine, divani, bar. Invece di ciondolare aspettando che tutto si spenga, si tengono in pugno la vita decidendo, spendendo, godendosela nei limiti del possibile. Così vispi e imprevedibili, sono i protagonisti di romanzi, anche scritti da giovani, come quello di Alberto Schiavone, Ogni spazio felice.
È un’umanità nuova, mai vista nella storia in queste dimensioni: anziani che sono figli del benessere e delle scoperte medico-scientifiche. Non è una «pandemia della sopravvivenza», come l’ha definita Guido Ceronetti confessando tutta la sua fatica nell’affrontare gli ultimi anni, ma una rivoluzione demografica. Una straordinaria rivoluzione che fa saltare il banco degli stereotipi, che accende sugli over 65 i riflettori e insieme il business.
«È una categoria sociale diventata molto visibile», di cui Chiara Saraceno, «grande vecchia» della sociologia (è lei che parla) fa parte con i suoi 75 anni che la vedono in piena attività. «Non mi sono rifatta, sono piena di rughe, sono nell’età a rischio, però non mi riconosco nell’etichetta di anziana. La vecchiaia ha ridefinito i propri contorni, non si sa bene quando cominci, ha confini inceni. È come se non ci fosse un vero modello della vecchiaia. Anzi, il modello è non essere vecchi».
E dunque, se non si è vecchi ci si comporta da giovani. Per esempio, secondo l’Associazione di psicogeriatria (Aip) ogni due donne over 65 disposte a ritornare nelle lenzuola non solo per dormine, ci sono tre uomini pronti a farlo, forti anche del possibile aiutino di Viagra e simili. Dopo i 75 anni, sempre secondo l’Aip, gli uomini che fanno sesso sono il 40 per cento, mentre le donne il 16,7. Con oltre 13 milioni di italiani sopra i 65 anni e con 4 milioni e 100 di over 80 (dati Istat 2017) si dovranno rivedere i luoghi comuni sull’astinenza da andropausa e menopausa ed evitare battutine sulle coppie agée. Anche perché loro, i «giovani vecchi», anziani non si considerano: il 43,9 per cento degli uomini nella fascia 65-74 anni non si sente vecchio a fronte del 37,6 per cento delle donne (dati dell’Osservatorio senior, 2016). Che siano le donne a patire di più gli anni che passano, è cosa nota, anche se la dimensione femminile, più varia, con interessi diversificati (famiglia, cultura, cucina...) aiuta le signore che hanno spento molte candeline ad affrontare meglio gli ultimi lustri. Lo spiegava James Hillman, il noto psicanalista junghiano, in La forza del carattere, libro da tenere sul comodino: se hai capitalizzato interessi, se non hai avuto solo il lavoro come fonte di identità (è il caso di molti uomini) avrai una vecchiaia viva e piacevole. Alberto Spagnoli, neurologo e analista del Centro italiano psicologia analitica (Cipa) «specializzato» in persone anziane, viviseziona la nuova genia sociale: «Invece di giocare a bocce o bere il bianchino con le olive, una persona over 65 chiede di partecipare. Sta meglio di salute rispetto ai coetanei delle generazioni precedenti. In più, è condizionato dall’immagine che gli altri hanno di lui, non un rottame superato, ma una persona attiva. Come corollario, però, assistiamo talvolta alla deriva di un giovanilismo esasperato, che va dall’iperattività al vestirsi da ragazzini. Un mio paziente, fresco di pensione, mi esplicitava il senso di vuoto e di inutilità che pervadeva: “Sto a letto di più la mattina, un tempo alle otto ero fuori. Sento l’ascensore che va su e giù, gli altri che escono e mi sento inutile”». Spagnoli tocca un altro nervo scoperto per chi ha già consumato la maggior parte degli anni a disposizione: «Più della paura della mone, c’è la paura del vuoto, del non sapere cosa fare. Dell’essere trasparenti».
Per i «giovani vecchi» il prolungamento dell’età lavorativa può dunque risultare alla fin fine utile. Entro il 2030 (dati Istat) il numero degli over 80 si triplicherà, oggi sono il 6,8 della popolazione, fra 13 anni saranno un quarto degli italiani. Con il pesante corollario di funzionare da «tappo» per i giovani, come spiega Marco Aime, docente di antropologia cultura, autore con Luca Borzani di Invecchiano solo gli altri e ora, da solo, de Il soffio degli antenati: «Oggi il potere economico ce l’hanno i vecchi, perché hanno la pensione o il posto di lavoro fisso e spesso, capitali da parte. Stanno soffocando le nuove generazioni, non si sentono vecchi e si comportano da giovani. Del resto, intorno a noi, ci sono modelli estetici di divi, intellettuali, rockstar. Ricordo che Mick Jagger ventenne disse: “Non mi vedo a 40 anni a cantare rock”. Ne ha 74 e continua a farlo. I “giovani vecchi” è la prima generazione che è stata giovane, prima c’erano le guerre... Da giovane voleva rompere con i padri, di fatto ha rotto con i figli | diventando egemone».
Tre anni fa, il Censis ha titolato la sua ricerca Gli | anziani, una risorsa per il Paese, dimostrando che fra I longevità e neo attivismo finiscono per spendere mille e 200 euro in più l’anno dei giovani: il 53,9 degli uomini fa sport contro il 51,1 delle donne, il 20,7 segue attività che consentono di avere molte relazioni. Sono più loro ad aiutare figli e parenti (47,9 per cento) che viceversa (46,8). A dirla facile, rischiano di essere loro la locomotiva dell’economia nazionale. Con un’entrata sicura, i senior sono un boccone prelibato per le aziende. Leonardo Massa, country manager di Msc Crociere, racconta: «Facciamo offerte dedicate ai senior tutto l’anno, ora abbiamo previsto una crociera in giro per il mondo che dura 118 giorni. Chi può prendersi quasi quattro mesi di vacanza se non chi ha più di 60 anni?».
Persino Amazon ha realizzato una pubblicità per invogliarli a comprare in rete, con un distinto signore che va al mercato rionale, ma che in realtà riempie il carrello virtuale del portale. La pubblicità di un profumo, firmato dalla star della fotografica Rankin, ha assoldato due ultraottantenni ritraendoli nudi nel (presunto) momento del piacere, aggiungendovi la scritta «Sesso per tutti».
Tour operator se ne stanno inventando di tutti i colori per accaparrarsi la terza e quarta età dei consumi: sconti, trattamenti wellness, vacanze a tema. Il mercato si gonfia come quello delle case per anziani a 5 stelle: a Marghera c’è per esempio la Residenza Venezia, del colosso francese del lusso per gli over 65 Orpea. Suite, camere, spa, sale giochi, il tutto per una retta mensile che va dai 3 mila ai 4 mila e 500 euro al mese.
Altro business in crescita vertiginosa è quello dei trattamenti estetici. Se, come diceva Chiara Saraceno il modello imperante è «non essere vecchi», è quasi un lavoro la manutenzione del corpo: tira di qua, aggiungi di là, togli l’adipe dove puoi, tingiti i capelli (anche gli uomini, purtroppo), trucca il viso, imbroglia lo specchio. Edoardo Garassino, segretario dell’Associazione europea chirurgia estetica (Asece) snocciola i dati: «Il 33 per cento dei trattamenti medico-estetici riguardano la fascia di età degli over 60. Le donne sono tuttora la maggioranza, ma il numero degli uomini va aumentando: ora rappresentano il 30 per cento. In Europa, sono gli italiani insieme ai francesi i più sensibili ad apparire freschi».
Per i figli del dopoguerra, il gioco di essere giovani ad oltranza è appena cominciato.
«L’età non è quanti anni hai, ma quanti anni ti senti», scriveva Gabriel Garcfa Màrquez, premio Nobel per la Letteratura. Lui che si era inventato la città di Macondo (Cent anni di solitudine), lui che per tutti era «Gabo» e che ha speso i suoi 87 anni girando il mondo, scrivendo, godendo di donne e di emozioni, aveva capito prima degli istituti di ricerca che la vecchiaia oggi non esiste. Anzi, è una fase della vita con sorprese, come ricorda Alberto Spagnoli che scomoda Cari Gustav Jung: «Parla di due fasi della vita: nella prima si mettono le radici nel mondo, il lavoro, i figli, la sicurezza economica e si lasciano da parte aspirazioni profonde, sperimentate magari nell’adolescenza. La crisi di mezza età nasce spesso da queste che, dimenticate, bussano, vogliono esprimersi, emergono dall’inconscio. Ecco la “vecchiaia” dà loro spazio. Nella seconda fase mettiamo radici nell’anima». Nell’anima. Mica cosa da poco...