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 2017  settembre 22 Venerdì calendario

Ungaretti innamorato. «Sono infatuato di una ventenne e non ho più da un secolo l’età»

Incandescente. Completamente fuori di sé, tutto trasformato. È l’inedito Ungaretti che sgorga dal fluviale carteggio con Bruna Bianco in uscita in questi giorni per Mondadori (Lettere a Bruna, a cura di Silvio Ramat, pp. 658, euro 21). 
È l’estate del 1966. Il 78enne poeta dell’ Allegria, all’apice della fama, è in tournée in Brasile. Tra le ammiratrici, c’è Bruna Bianco: ha 26 anni, è originaria delle Langhe, ma, soprattutto, scrive poesie ed è bellissima. Ungaretti ne è folgorato e fin dal rientro in Italia la tempesta di lettere. Nasce così un amore intensissimo, incrudelito dalla distanza. Nel primo telegramma, il 14 settembre 1966, a bordo del Giulio Cesare, Ungaretti inizia soft: «Grazie alla ragazza che scrive poesie semplici et belle et in tutto est poesia semplice et bella il nonno Ungaretti...». Ma il “nonno” si trasforma presto in un cuore squarciato da Cupido. Bruna lo ringiovanisce. Gli fa ritrovare la vena poetica creduta insabbiata: «M’è rinata nel cuore la poesia, l’ha fatta rinascere la gentilezza d’una pura voce di poesia», «Erano 6 anni che non facevo più poesia. Devo a Te anche il miracolo di avere ritrovato le vie del canto...». 
Bruna riporta indietro le lancette del tempo e Ungaretti attinge all’elisir della giovinezza: «I capelli sono molto cresciuti di numero, sono meno bianchi, grigiastri, sono più magro, è vero, ma è meglio. Cammino meno curvo, la mente e la fantasia e il sentimento mi funzionano come sai bene. Sono di memoria, lucidissimo...». E continua a scrivere lettere traboccanti di fantasia e colore, quasi un “trattato” sull’innamoramento: «Sta succedendo in me un fatto straordinario. Sono innamorato come un ragazzino, e non ho più da un secolo l’età, ed è assurdo e faccio quello che facevano... gl’innamorati al loro primo amore -: andavo fuori di casa, correvo per le strade, telefonavo senza motivo a gente che cascava dalle nuvole quando chiedevo, senza chiedere altro, scusa d’averla disturbata. Aprivo un libro e lo richiudevo, dopo avere letto tornato a leggere cinquanta volte senza capirci nulla...». 
Il libro è una miniera vivacissima. Una biografia ungarettiana in forma di epistolario che rivaleggia con le passioni di John Keats a Fanny Brawne, di Gozzano con Amalia Guglieminetti, di Campana con la Aleramo. Ungaretti colma Bruna di regali (libri, profumi, penne e fotografie) scrivendole quasi ogni giorno. Ecco un campionario di epiteti della sua febbre d’amore, la chiama: «incendio che mi consuma, idolo, padrona mia, rinascente mia forza, volo sacrilego, volo sciocco, maga, rondinina, puledrina bizzarra, furia...». Certo, qualche volta si affacciano i rimorsi: «demente, assurdo, forse anche colpevole, mettermi ad amare una giovinetta, come tu sei, all’età mia», ma sono fantasmi passeggeri. Ungaretti racconta tutto a Bruna. La prende per mano per iniziarla alla poesia: «Il grande segreto... è nella semplicità della parola» e, ancora: «La poesia s’impara meglio all’aria aperta che sui libri. Ricordalo. I libri non hanno mai insegnato nulla a nessuno che non sapesse guardare con i suoi occhi, che non sapesse sentire con i sensi. Ammiro molto i poeti maledetti, e, un po’, per il mio non conformismo innato, sono un poeta maledetto...». 
Tra le mille confidenze, ci sono le gerarchie letterarie, su tutti splende la stella di Leopardi: «È il gigante dei giganti dall’800 ad oggi, il gobbettino carissimo. È il gigante tra quanti hanno avuto genio poetico da quegli anni...». E non mancano i dardi verso i “colleghi": «Il Carducci mi ha sempre detto poco...», «Quasimodo era un mediocre poeta che ha rifatto continuamente la mia poesia del Sentimento dannunzianeggiandola», «la Morante è una grande scrittrice e una donna stramba, bisbetica, insopportabile. Spende molti denari, è una sprecona...». 
È un peccato che il volume, così ricco, non contenga anche il corpus delle risposte di Bruna. Chissà che un giorno la destinataria non ci ripensi, magari dando qualche ragguaglio sulla fine di quell’amore. Intanto, possiamo rileggere la parte “pubblica” del loro dialogo poetico che entrò nella sezione Ungà del primo Meridiano Mondadori. Il poeta volle che le sue folgorazioni («Sei comparsa al portone / In un vestito rosso / Per Dirmi che sei fuoco / Che consuma e riaccende») fossero accompagnate dalle Repliche di Bruna
A proposito, di quel Meridiano Ungaretti andava orgogliosissimo: «È, senza possibilità d’ingannarsi, il libro più bello di poesia di questo secolo, di gran lunga il più intenso, il più potente, il più suggestivo, e portentosamente poetico». Il vecchio «uomo del sole», «venuto fuori da vulcani», sapeva di aver cambiato la nostra poesia.