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 2017  settembre 24 Domenica calendario

Così Iran e Corea del Nord si aiutano in segreto

Trump, avevamo un problema: e adesso sono due. Il nuovo missile da 2mila chilometri, capace dunque di raggiungere Israele, che l’Iran testa e fa sfilare nell’anniversario della guerra con l’Iraq, è la dimostrazione che Teheran «non cercherà il permesso di nessuno per difendere la propria terra», promette Hassan Rouhani rispondendo al presidente Usa che dal palco dell’Onu gli ha riattaccato addosso l’etichetta di «stato canaglia». Ma non sarà anche la prova che il regime sta progredendo nel programma di armamenti, forse anche nucleare, con il piccolo aiuto dell’amico Kim Jong-un? Il ritorno dell’”asse del male” coniato 15 anni fa da George W. Bush è il brivido di questo autunno che rischia di portarci dritti nell’inverno nucleare. E che l’asse allora formato da Corea del Nord, Iran e Iraq abbia perso per strada il terzo stato, l’Iraq invaso dagli Usa, non fa che convincere il Giovane Maresciallo, come lui stesso ha detto rispondendo a Trump, «che la strada scelta è quella giusta e va seguita fino in fondo”. Armando gli amici ayatollah?
La nuova ambasciata che la Corea del Nord ha inaugurato lì il mese scorso «è stata costruita», sostiene Pyongyang, proprio «per rilanciare gli scambi, i contatti e la cooperazione». E a cementare qualcosa di più sempre in agosto laggiù è volato il numero 2 di Kim Jong-un, il presidente della Suprema Assemblea Kim Yong Nam, con una corte di assistenti che si è misteriosamente fermata per 10 giorni. La Cia sostiene che scienziati iraniani hanno già assistito a vari test di Kim, anche se un rapporto del Congresso non ha trovato prove di collaborazione sul nucleare. «Ma sui missili certo che sì», giura a Repubblica Ankit Panda, il kimnologo di Atlantic e The Diplomat. «I due paesi non hanno mai smesso di scambiarsi informazioni e forse tecnologia e l’avanzamento di Pyongyang è adesso un asset per Teheran». Ysrael Katz, il ministro israeliano dell’intelligence, dice che «l’Iran è la nuova Corea del Nord», e il capo della Cia, Mike Pompeo, fa sapere di aver creato «due nuovi centri-missione con l’obiettivo di infilare un pugnale nel cuore del problema-Corea e del problema-Iran». Anthony Ruggiero, l’ex advisor di George W. Bush nei colloqui a sei poi falliti con Kim Jong-il, il papà dell’attuale dittatore che ai tempi l’Economist definì “Rocket Man”, l’epiteto oggi riservato da Trump a Kim, ha un argomento in più: «Anche se la Corea del Nord non venderà armi o materiali nucleari, vitali ai suoi piani, venderà altre parti del programma». Convinzione fatta proprio anche dall’ex inviato Usa all’Onu, John Bolton, tra i candidati di The Donald per il posto incredibilmente vacante di ambasciatore a Seul: «Se permettiamo alla Corea del Nord di avere missili e nucleare – ha twittato – quella venderà allegramente materiali e tecnologia all’Iran e ai terroristi». Perché, certo, nel vocabolario neo-con tornato di moda, anche gli iraniani che hanno rinunciato alla Bomba nell’accordo sottoscritto dagli Usa che il presidente ora contesta sono dei “terroristi”. Trump, avevamo un problema: e adesso sono due.