La Lettura, 24 settembre 2017
«Quell’acqua è avvelenata». Gli eroi della disobbedienza. Hanno scoperto e denunciato l’inquinamento di Flint, Usa. Un ingegnere e una pediatra vincono il premio del prestigioso Mit
Sono stati attaccati, accusati di diffondere il panico da quelle stesse autorità che avrebbero dovuto difendere la salute pubblica. Però sono andati avanti, hanno infranto regole e consuetudini e, grazie a loro, una crisi insabbiata per oltre un anno e mezzo è venuta allo scoperto. Marc Edwards, 53 anni, professore di Ingegneria civile e ambientale al Virginia Tech, e Mona Hanna-Attisha, 41, pediatra, docente alla Michigan State University, sono i due studiosi che con le loro ricerche hanno dimostrato in modo inconfutabile che l’acqua di Flint, a cento chilometri da Detroit, era avvelenata. E stava avvelenando la popolazione.
Per i loro studi, e per il coraggio di portarli avanti sfidando la politica e le eventuali ripercussioni, Edwards e Hanna-Attisha hanno vinto la prima edizione del Disobedience Award, il premio alla disobbedienza lanciato dal Mit Media Lab, avanguardia della creatività digitale del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston. Della nascita di questo riconoscimento aveva parlato su «la Lettura» (#279, 2 aprile 2017) Joichi «Joi» Ito, direttore del Media Lab senza essersi mai laureato, da poco uscito in Italia con il libro Al passo col futuro. Come sopravvivere all’imprevedibile accelerazione del mondo (Egea). «Nessuno ha mai vinto il Nobel facendo quello che gli avevano detto di fare», è la sua filosofia. Da qui l’origine del premio da 250 mila dollari, destinato a chi si sia distinto «per un atto di disobbedienza responsabile, a favore della società». Un’iniziativa nata anche per cambiare la percezione dei «disobbedienti» alla luce del caso Aaron Swartz, l’attivista suicida dopo l’accusa di aver trafugato dall’archivio digitale Jstor del Mit materiale scientifico a pagamento.
Le candidature arrivate sono state 7.800. Edwards, repubblicano, Hanna-Attisha, profondamente anti Trump, vincono insieme perché hanno combattuto la stessa battaglia. Uno, studiando le cause di quello che stava succedendo; l’altra, gli effetti. Flint, luogo di nascita della General Motors, conta 98 mila abitanti, il 56,6 per cento afroamericani. Il 41,2 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà e il reddito medio familiare è inferiore ai 25 mila dollari, circa la metà di quello del Michigan (sui 50 mila) e del resto degli Stati Uniti (54 mila, dati 2011-2015, United States Census Bureau). Come racconta Michael Moore, nato proprio a Flint, nel suo primo documentario ( Roger & Me, 1989), il declino inizia negli anni Ottanta, quando la General Motors ridimensiona la presenza in città, e si aggrava negli anni Duemila. Nel 2011 Flint ha un debito di 15 milioni di dollari. Nell’aprile 2014, dopo che già da tre anni è in mano a commissari nominati dal governatore Rick Snyder, repubblicano, il comune decide, per risparmiare, di cambiare la fonte di approvvigionamento dell’acqua potabile. Non più il sistema idrico di Detroit, diventato troppo caro, ma il fiume Flint, attorno a cui si snoda il centro abitato. Una soluzione tampone in attesa di un nuovo condotto che unisca la città al lago Huron.
L’acqua però assume un colore giallastro, talora vira sul verde o sul marrone. Qualcuno parla di azzurro. Gli abitanti perdono ciocche di capelli, lamentano bruciori, tremori, convulsioni. Tra i bambini vengono riscontrate anemie e chiazze rosse. Anche la General Motors smette di usare l’acqua perché rovina i motori. Il Dipartimento per la qualità ambientale del Michigan nega però l’emergenza. Nel febbraio 2015 una mamma di Flint, Lee-Anne Walters, contatta l’Epa, l’agenzia del governo federale per la protezione dell’ambiente. Il funzionario Miguel Del Toral riscontra in casa della donna livelli di piombo sette volte oltre il normale e invia un memorandum alle autorità del Michigan. Il sindaco di Flint in quella fase, Dayne Walling, democratico, beve acqua in tv, per dimostrare che non è tossica.
È a questo punto che entra in scena Marc Edwards, che già in passato aveva indagato su un’analoga crisi idrica a Washington. «Quando il report di Miguel è stato ignorato – dice a “la Lettura” – ho avviato la più grande analisi indipendente sull’acqua di una città mai svolta negli Stati Uniti. Da lì sono emersi problemi con il piombo e il batterio Legionella». A Flint un centinaio di persone ha contratto la legionellosi, una polmonite che può essere fatale; dodici di loro sono morte. «Sapevamo che saremmo andati in guerra. L’abbiamo combattuta come meglio abbiamo potuto», prosegue Edwards. Lui e il suo team pubblicano subito i risultati online. Di solito si fa prima una peer review (revisione tra pari) «per scongiurare errori», spiega. Ma di fronte a quel «disastro pubblico» non c’era tempo: «Tutti le autorità hanno fallito, la città, lo Stato, il governo federale. Disobbedienza vuol dire non restare a guardare. Se si sospetta ci sia un problema, si molla tutto per aiutare». La disobbedienza, confessa, l’ha appresa fin da piccola l’altra premiata, Hanna-Attisha. Nata in Inghilterra, è figlia di scienziati iracheni dissidenti, che lasciano il loro Paese sotto il regime di Saddam Hussein. Si trasferiscono negli Usa quando lei ha 4 anni. Poi per Hanna-Attisha arrivano l’università, la carriera, le nozze, due figli. «Il tipico sogno americano, che ora però Trump, con le sue politiche sull’immigrazione, sta rovinando», denuncia la dottoressa, che lo ha scritto anche in un articolo sul «New York Times».
Quanto a Flint, racconta, «quando ho sentito che poteva esserci del piombo nell’acqua, ho iniziato l’analisi per capire se fosse finito nel sangue dei bambini. Ho paragonato i livelli di prima e dopo il cambio di fornitura. I piccoli pazienti coperti da assicurazione pubblica sono infatti sempre controllati fino ai 2 anni». Lo studio, condotto nel suo ospedale, l’Hurley Medical Center di Flint, rivela che i casi con elevato livello di piombo nel sangue sono raddoppiati, triplicati nelle zone dove la contaminazione è più alta. Il problema è che l’acqua del fiume non è stata trattata per renderla meno corrosiva e così, scorrendo all’interno di vecchie tubature, ha trascinato con sé il piombo. Hanna-Attisha, come Edwards, non aspetta e denuncia tutto in una conferenza stampa. A ottobre 2015 Flint riprende a rifornirsi da Detroit, ma le infrastrutture sono compromesse. Il 12 gennaio 2016 il governatore Snyder dichiara in tv che il governo «non ha fatto il suo dovere». Quattro giorni dopo Barack Obama proclama lo stato di emergenza.
Solo lo scorso venerdì 15 settembre, pur invitando a usare ancora i filtri, Edwards annuncia che «i parametri dell’acqua sono tornati normali». «Il piombo però, che può creare danni cerebrali e allo sviluppo – aggiunge Hanna-Attisha —, è una neurotossina irreversibile. Non si toglie né si cura. Stiamo cercando di ridurne gli effetti ma i trattamenti dovranno durare anni, se non decenni». E così molti genitori vivono nell’attesa di capire se i loro figli cresceranno sani. A questi bambini la dottoressa donerà la sua metà del premio. Edwards la devolverà invece agli abitanti di Flint che hanno contribuito alla ricerca.
Finora 15 funzionari governativi sono stati incriminati, numerose le cause intentate dai cittadini. A marzo un giudice federale ha ordinato la sostituzione delle vecchie tubature in 18 mila case entro il 2020. Un mese prima, la commissione per i diritti civili del Michigan aveva pubblicato un report secondo cui «un razzismo radicato, istituzionale, sistemico, storico, ha indirettamente contribuito alla malaugurata decisione di attingere acqua, per risparmiare, dal fiume Flint». Aggiungendo che «le attuali leggi sui diritti civili non sembrano adatte ad affrontare le radici di questa crisi». Hanna-Attisha è d’accordo: «Non sarebbe successo in una città più ricca e più bianca». «Le radici delle crisi – sostiene invece Edwards – derivano da un paradigma che in America non sta funzionando nelle città e nei paesi poveri di tutte le razze. In questi centri non abbiamo un meccanismo per far arrivare, dagli Stati o dal governo federale, fondi per il mantenimento delle infrastrutture. Finché questo non cambierà, avremo altre Flint».