la Repubblica, 22 settembre 2017
Joy Neville, un’arbitra debutta in Italia. «Maschi, fidatevi»
Alta, magra, biondissima e con gli occhi azzurri. Irlandese di Limerick. Joy Neville è il primo arbitro donna in un massimo campionato a squadre maschile italiano. Rugby. Domani a Padova dirigerà Petrarca-Lazio, giornata d’esordio dell’Eccellenza. E oggi a Treviso sarà uno degli assistenti di George Clancy nell’incontro di lega celtica tra veneti e gallesi degli Ospreys.
Preoccupata?
«Estremamente eccitata, piuttosto: il livello è alto, per me sarà una bella sfida. E poi amo il vostro paese: ho sposato Simona, una ragazza di origine italiana. Adoro la cultura, l’arte, soprattutto la cucina: mia madre ha imparato per me a fare le lasagne alla napoletana».
Allora parlerà in italiano.
«Forse qualche parola, mi piace rispettare le abitudini del luogo dove mi trovo: grazie, prego – come si dice Oh my God? Ah, sì: mannaggia – poi i numeri delle maglie. Tre anni fa ho arbitrato Italia-Galles, match del Sei Nazioni femminile, il capitano azzurro non sapeva l’inglese e le ripetevo: mi capisci?».
Ad agosto ha diretto la finale mondiale femminile tra Nuova Zelanda ed Inghilterra: incontro straordinario per tecnica e agonismo, con decine di milioni di spettatori in tv.
«Le donne possono benissimo giocare a rugby, non è mica monopolio maschile. Io l’ho fatto per 11 anni con la nazionale irlandese. Prima di quella finale avevo dei dubbi, ma dopo nessuno: non c’è grande differenza tra il massimo livello femminile e un incontro maschile».
Magari gli uomini cercano di metterla sotto pressione.
«Si lamentano sempre e chiedono le punizioni, soprattutto in mischia. Le donne pensano solo a giocare. Pressione? Se prendi le decisioni giuste e non permetti a nessuno di prendersi delle confidenze, il problema non esiste».
Beatrice Benvenuti, arbitro italiano di rugby, la scorsa stagione è stata aggredita in partita da un giocatore.
«Conosco Beatrice, abbiamo diretto insieme delle partite di World Series. E so che il suo aggressore è stato radiato dalla federazione italiana, cui sono molto grata per la decisione».
E dopo Petrarca-Lazio?
«Tre anni fa non ne volevo sapere di arbitrare, poi uno dei direttori di gara irlandesi più famosi – David McHugh – mi confessò che secondo lui una donna non avrebbe mai potuto fischiare un incontro importante tra maschi. È scattata la molla che mi ha portato alla finale mondiale, ma soprattutto a dirigere un match maschile irlandese di massima serie. La soddisfazione più grande».
Per ora.
«Magari un giorno il Sei Nazioni, perché no? Se non ci riesco io, lo farà un’altra donna».
Nigel Owens, il più famoso fischietto del rugby, è noto anche per il suo coming out.
«Lo rispetto molto per questo. Il suo gesto ha dato coraggio a tante persone nella stessa situazione. Il rugby è uno sport bellissimo, e serve anche per questo: comunicare, conoscersi meglio, fare amicizia».