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 2017  settembre 22 Venerdì calendario

Dracula, la vera storia del vampiro prima di diventare il principe della notte. Intervista a J.D.Barker

A fine Ottocento, tra le nebbie di Londra, un vortice avvolse una serie di geniali outsider arrivati nella capitale: il vento della psichiatria aveva iniziato a lambire anche le coste britanniche e a toccare le anime più inquiete: il tema del doppio si impose a Stevenson (“Lo strano caso del Dr Jeckyll e Mr Hyde”), a Henry James (“Giro di vite”), a Oscar Wilde (“Ritratto di Dorian Gray”). L’incrocio di quella tensione con quella per il razionalismo scientifico da un lato e il mito di sapore gotico dall’altro influenzò anche Bram Stoker e la nascita del suo “Dracula” nel 1896, immortale icona del male che l’uomo deve sconfiggere dentro e fuori di sé, dell’abbraccio tra eros e tanatos, della tradizione millenaria del non-morto che sopravvive succhiando sangue umano, capolavoro moderno capace di trasporsi in mille facce nel cinema, per approdare nel nostro immaginario con i mille Twilight.
Ma tra poco potremmo sapere qualcosa di più del principe dei vampiri: J.D.Barker, autore americano classe 1971 di horror/detective/ science fiction di cui sta uscendo in Italia un ottimo thriller – La quarta scimmia – sta scrivendone il prequel insieme al pronipote di Stoker, Drake. Intitolato Dracul, il romanzo, collocato nel 1868, vede il giovane Bram incontrare alcune delle creature di cui avrebbe scritto. Dovrebbe uscire nel 2018 e radicarsi nel primo progetto di Stoker: dall’originale infatti l’editore aveva tagliato 101 pagine iniziali, alcune delle quali sono poi riapparse. Unite alle note e ai diari in possesso della famiglia, alle innumerevoli biografie esistenti, al possibile genio degli autori, dovrebbero portare alla ricostruzione degli eventi nella gioventù di Stoker che l’hanno portato a scrivere Dracula, compreso l’incontro con un impossibile essere malefico che Bram riesce a chiudere in un’antica torre. Un prequel insomma, già acquistato dalla Paramount per un film, pensato come se i demoni di Stoker fossero stati veri.
Per uno scrittore come J.D.Barker, il salto nel terrore e nell’alta tensione non è difficile. La sua «mente meravigliosamente deviata» – definizione di Jefferey Deaver – ha appena partorito questo La quarta scimmia (già opzionato da cinema e tv), dove un serial killer dall’infanzia pulp manda in giro per la città scatole bianche dal fiocco nero con dentro orecchie, occhi, lingua delle sue vittime».
Mr Barker, pezzi di corpi spediti per posta, eserciti di topi che mangiano uomini, un bambino dalla mente diabolica, una squadra affiatata di poliziotti: nel suo romanzo c’è tutto questo e di più. Quali sono gli elementi necessari a un buon thriller?
«Il mio filo rosso è la suspense. Ho scritto horror, thriller, fantasy, fantascienza, ho lavorato perfino su un western. Ma tutto quel che voglio è raccontare una buona storia e intrattenere le persone, aiutarle a dimenticare il mondo reale e a perdersi nella fiction. Prima di cominciare voglio conoscere bene i miei personaggi. Sapere perfino quanto zucchero mettono nel caffè. Progetto gli snodi più importanti, ma non l’intero romanzo. Lascio ai protagonisti raccontare la storia. Stephen King una volta ha detto che se lui non sa dove la vicenda va a parare, non lo immaginerà nemmeno il lettore. Aveva ragione».
Meglio l’horror o il thriller?
«Mi piacciono libri di tutti i generi. Sto scrivendo un romanzo che si ispira a Grandi speranze di Dickens. Amo Stephen King, Dean Koontz, Lee Child... Leggo classici e best seller, non vado da nessuna parte senza un libro».
Come ci si sente a dover scrivere il prequel di Dracula?
«È stato il primo libro “da adulti” che lessi da bambino. Sono onoratissimo. E sono stato fortunato da aver visto gli appunti e i diari di Bram Stoker (anche il manoscritto che Paul Allen, il cofondatore di Microsoft, ha comprato all’asta, n. d. r.). È stato fantastico. Dracula è un’icona».
Perché il suo mito sopravvive?
Come ha potuto resistere al tempo, diventare quasi un’ossessione per le ultime generazioni? Cosa gli ha dato questo fascino immortale e ne ha fatto il principe della notte e del sovrannaturale?
«I vampiri erano apparsi in letteratura ben prima di Stoker, ma il suo personaggio riesce a connettere tutte le paure infantili e quelle degli adulti. Rappresenta il male e la storia racconta come delle persone normali lo possono sconfiggere. È perfetto. Mi fa ancora paura».
Prima di Stoker il vampiro cosa era?
«Ce ne erano molti. Stoker li studiò tutti, così come le superstizioni del tempo che sopravvivono ancora oggi. Solo 10 anni fa venne dissotterrato un sospetto vampiro in Romania, gli fu staccata la testa e poi fu rimesso nella fossa con un aglio in bocca».
Cosa pensa dei vampiri alla Twilight?
«Il vampiro non è mai frizzante. Se mettesse Dracula nella stessa stanza con Edward Cullen, penso Eddie sarebbe in grossa difficoltà. Il nostro prequel riporta il vampiro alle sue origini, a una creatura agghiacciante».
Rileggendo il libro, ha scoperto qualcosa di nuovo?
«Abbiamo usato molto il testo originale, ed è stato importante armonizzare la scelta delle parole, il ritmo. Ho letto Dracula e ho ascoltato l’audiolibro tutto il tempo. Non distinguevo più la mia voce dalla sua».
Perché ai lettori piace aver paura?
«Che sia sull’ottovolante o sulle pagine di un romanzo, tutti sono attratti dalle emozioni estreme. Io vado pazzo per il paracadutismo. Una buona storia ci può portare dove non siamo mai stati, presentarci persone mai viste e, sì, spaventarci. A volte puoi chiudere le pagine e sentirti salvo, altre volte ti insegue, i mostri trovano le ombre intorno a te – se quella fifa si insinua fuori dal libro e ti ritrovi a lasciare accese le luci, allora sai che è stato fatto un buon lavoro».
Nel suo blog lei sottolinea quanto Stoker pensasse che i fatti raccontati in Dracula «fossero successi davvero».Crede ai vampiri?
«La leggenda dei vampiri è radicata nella verità, e a un certo punto si può sapere come. Fino a quel giorno, mi tengo vicino un po’ di aglio, una croce e apro la mente. Meglio crederci ed essere preparati che ritrovartene uno alle spalle».