Il Sole 24 Ore, 22 settembre 2017
I clienti italiani della «lavanderia» slovena. Per anni imprenditori e criminali avrebbero usato una banca di Maribor per occultare fondi illeciti
«Cittadini italiani hanno utilizzato conti presso la banca slovena New Credit Bank Maribor (Nova Kbm o Nkbm) per condurre transazioni con soldi spesso derivati da atti criminali come evasione fiscale o abuso d’ufficio, che potrebbero anche essere stati il risultato di seri reati legati alla criminalità organizzata”.
È vergato nero su bianco dagli ispettori della Banca Centrale Slovena, la Banka Slovenije (Bs), in un documento interno del 2014 che mette in luce un vero e proprio scandalo bancario, che Il Sole 24 Ore può raccontare in esclusiva grazie al centro di giornalismo d’inchiesta Irpi e al giornale sloveno Mladina.
Per gli ispettori della Banca Centrale esisterebbe un vero e proprio pattern soprannominato la “tipologia italiana”. I soldi si fermavano per poco tempo sui conti, presto ritirati cash o trasferiti altrove con l’unico obiettivo di «nascondere soldi al fisco italiano o alla polizia».
Ma come si arriva a scoprirlo? Nel 2014 il commissario interno per la prevenzione al riciclaggio, Vesna Rožanc, consegna un inequivocabile report alla direzione che mette in luce operazioni sospette avvenute tra ottobre e marzo 2014. Anziché segnalarle alle autorità, il capo del dipartimento di sicurezza della banca, l’ex agente dei servizi segreti sloveni Sova Primož Britovšek, licenzia la Rožanc e insabbia il report.
Dopo alcuni mesi gli ispettori della Banca Centrale, insospettiti dalla chiusura dell’ufficio della Rožanc, mettono a soqquadro la Nkbm. Scoprono il report e il sistematico occultamento di operazioni sospette avvenuto tra il novembre e il dicembre 2014.
Gli ispettori decidono allora di stilare un rapporto indipendente, quello passato ai giornalisti di Irpi e Mladina. Scelgono un campione di 100 clienti, 71 persone e 29 aziende. Tra questi ci sono anche 23 italiani e sei aziende tricolori, tutti bollati con “la tipologia italiana”: molti prelievi cash (ammonta a 2,8 milioni di euro in totale che la banca ha lasciato uscire in contanti senza controllo) o rapidi trasferimenti di denaro all’estero.
Il politico
Le banche in Slovenia sono tenute a controllare il “pedigree politico” di tutti quei clienti non sloveni che ricoprano o abbiano ricoperto una «posizione prominente in pubblico». Ma nel caso di Luca Dordolo, ex consigliere comunale della Lega Nord a Udine, la Nkbm avrebbe chiuso un occhio. Espulso nel 2012 dal partito per commenti razzisti su Facebook, Dordolo non approva la libera circolazione delle persone, ma apprezza quella dei soldi. Gli ispettori lo ritengono sospetto perché avrebbe usato il conto per fare transazioni con il Belize. Ma Dordolo nega: «Non mi risulta assolutamente». Spiega a IRPI di avere invece usato quel conto per «per l’acquisto e vendita di criptovalute». Dordolo è il primo ad avere installato un bancomat bitcoin in Italia, la valuta virtuale che permette transazioni immediate e anonime. Nulla di illecito, ma secondo gli ispettori la Nkbm avrebbe dovuto segnalare Dordolo alle autorità per dei controlli, cosa che non ha fatto neppure nel caso di 516 aziende con proprietari “fantasma”.
Da Maribor alla Locride
Gli italiani che hanno scelto di tenere soldi nei forzieri della Nkbm sono legati da un aspetto in comune: operano appena oltre confine, con aziende registrate in piccole cittadine slovene come Sežana. Una di queste è la B-Miljion, un banco metalli.
Aperta nel 2013, in un anno arriva a tre milioni di euro. Da allora i guadagni si aggirano attorno ai due milioni ma vengono corrisposti da altrettanti debiti.
Gli ispettori della Banca Centrale che annotano alcuni clienti della Nkbm come sospetti per riciclaggio, segnano sulla black list la B-Miljion perché il titolare, Antonio Scimone (che non risulta abbia commesso il reato di riciclaggio), avrebbe prelevato contanti per un totale di 295mila euro.
Scimone, 42 anni, è un imprenditore di piastrelle di una cittadina della costa ionica calabrese. Da una decina d’anni avvia aziende edili e banchi metalli in mezza Europa. I capitali di queste aziende però sono striminziti, e in alcuni casi mancano i bilanci. A Londra usa un indirizzo noto come “ufficio virtuale” per frodi, mentre apre e chiude (2010-2014) in contemporanea un’azienda edile inglese e un banco metalli a Cipro con capitali sociali pressoché nulli.
«In Slovenia sono stato indagato per riciclaggio di denaro, indagine conclusasi con un nulla di fatto», spiega Scimone difendendo le sue attività estere.
Nel luogo d’origine di Scimone non è facile essere imprenditore. Si vive sotto il controllo del clan Barbaro di Platì e spesso chi vuole fare impresa non ha scelta: o si paga il pizzo o ci si mette a disposizione.
«In questa zona ci sono imprenditori che mettono a disposizione la propria azienda o per logistica o per riciclaggio. Sono in qualche modo costretti», spiega a Irpi un inquirente che chiede di rimanere anonimo. Qui a descrivere il fenomeno ai giornalisti rischiano anche le forze dell’ordine. «Alcuni poi diventano delle vere e proprie “teste di legno” per le attività commerciali dei clan, anche tramite giri di fatture false, frodi Iva e operazioni inesistenti».
Nel 2007 Scimone si trova coinvolto in un’operazione logistica di traffico di cocaina dei Barbaro. Lo scopre l’indagine Minotauro della Dda di Torino che stava stringendo il cerchio attorno alle cosche della Locride in Piemonte.
I Barbaro intercettati parlano di utilizzare l’azienda di ceramiche di Scimone come pit stop per i camion che devono portare la cocaina (chiamata «piastrelle») fino a Torino. Scimone ne incontra uno a Milano per parlare di piastrelle, conversazione che però gli inquirenti ritengono legata al traffico. Ma Scimone non finisce sul banco degli imputati, uscendo completamente pulito dalla vicenda.
«Sono un commerciante di piastrelle da generazioni, trovo logico che qualcuno possa farmi pubblicità per l’acquisto di arredi per la casa. Non ho mai trafficato in droga, anche perché non ne avrei bisogno», si difende Scimone.
È difficile evitare il contatto con le ’ndrine se si vive nella Locride. Scimone è stato socio in un’azienda edile a Milano con un avvocato incensurato, ma ritenuto contiguo alla ’ndrina Nirta Scalzone – la piu potente di San Luca, il cuore pulsante della ’ndrangheta. Ma per Scimone non c’è nulla di strano. «Lo conosco dall’infanzia, dai tempi dell’asilo», si giustifica.
L’Iva evasa
Fra le decine di soggetti italiani campionati dalle autorità slovene saltano fuori anche personaggi già noti al fisco.
Uno di questi è Bruno Terrin, segnalato dagli ispettori per prelievi in contanti fino a 253mila euro. Terrin è a processo per aver nascosto soldi al fisco proprio a Maribor, dove ha sede la Nkbm, e per avere inventato un modo per evadere mezzo milione di euro di Iva tra i calzaturifici della Riviera del Brenta.
Giovanni Cristalli invece per gli ispettori è «persona a rischio» poichè «cittadino degli Emirati Arabi». In realtà Cristalli è italianissimo, e si era inventato un modo di evadere l’Iva – ben 730mila euro – nell’importare auto di lusso.
La Nkbm è stata anche rifugio per Luigi Cecchi, indagato dalla Procura di Vicenza per una “frode carosello” da oltre un miliardo. Arrestato a ottobre scorso, è accusato di associazione a delinquere transnazionale pluriaggravata assieme ad altri 28 imprenditori del Nord Est. Pur all’oscuro delle indagini italiane, gli ispettori sloveni ritengono Cecchi sospetto per avere prelevato ben 490mila euro cash.
Tutto cambia per non cambiare
Entro il 31 dicembre 2015 la Nkbm avrebbe dovuto eliminare le irregolarità e notificare qualsiasi sgarro in stile “tipologia italiana”. Ma non lo fa. La Banca Centrale ordina una nuova ispezione e trova varie nuove irregolarità. Ma per la Nkbm, sentita da Irpi, è tutto in ordine. L’istituto oggi è del fondo d’investimento americano Apollo, ma l’ex agente dei servizi segreti Britovšek, responsabile per la sicurezza aziendale, è rimasto al suo posto. D’altronde era stato encomiabile nel proteggere gli interessi dei tanti clienti stranieri che hanno reso la banca ricca in questi anni.
Gli autori fanno parte dell’Investigative Reporting Project Italy (Irpi). Ha collaborato Vasja Jager del settimanale sloveno Mladina