Corriere della Sera, 22 settembre 2017
Il calcio, i ritiri delle società sportive e l’orgoglio professionale
Un ex sportivo, un grande del calcio, vuole che mi faccia promotore di un movimento per liberare i nani da giardino. «Esiste già», gli faccio notare: è nato in Francia nel 1995 con lo scopo di liberare le statuette di gesso imprigionate nei giardini e collocarli in spazi più consoni.
Ma per lui i nani da giardino sono altri. Mi spiega, dopo avermi fatto giurare di garantirgli l’anonimato (ma è un grande!), che lui vorrebbe liberare quei giornalisti sportivi che stazionano perennemente davanti alle sedi o ai campi di allenamento delle squadre famose. L’espressione «nani da giardino», ci tiene a precisare, non è offensiva o irriguardosa, anzi. Vorrebbe che nascesse questo movimento per liberare i giornalisti da certe catene, dal ruolo fisso, dal rischio di diventare il megafono delle società di calcio.
Embedded? «Hai presente – è un fiume in piena – durante il calcio mercato o durante i ritiri, quei poveretti che stazionano davanti a un cartello per ore e ore alla ricerca di una notizia che non arriva mai. Hai presente quello dell’Inter, quello del Milan, quello della Juve, quello del Napoli, quello della Lazio, quello della…». Non facciamo i nomi, che poi se la prendono con me. «Non facciamo i nomi, ma sembrano nani da giardino, sembrano Pisolo, Mammolo… Li dobbiamo liberare, anche questi sono esseri indifesi, imprigionati nei ritiri. I nani sono creature dei boschi e, quindi soffrono a essere costretti a vivere nei recinti delle città, sottoposti a tutte le intemperie e sempre costretti a sorridere». Capisco le nobili intenzioni di un ex grande, grandissimo del calcio, uno che non frequenta le tv in veste di opinionista, ma il paragone mi sembra un po’ ardito.
«Allora non vuoi capire. Il movimento di liberazione servirebbe solo ad aiutare questi bravi cronisti, a far ritrovare loro l’orgoglio professionale. Così sembrano addetti stampa delle società». Che ne dite, liberiamo o non liberiamo?