Corriere della Sera, 22 settembre 2017
Per governare serve più del 35%
Anche con la nuova legge elettorale messa in cantiere alla Camera, ciascuno dei tre poli può sperare di governare solo se riuscirà a superare con le proprie forze la soglia del 35% dei voti. Solo con il 36-37% dei consensi poi – ma a condizione di aver sbaragliato gli avversari nei 231 collegi uninominali – centrodestra, centrosinistra e M5S possono raggiungere la meta dei 316 deputati e dei 161 senatori, cioè la metà più uno delle assemblee parlamentari. Per una maggioranza stabile che abbia un margine di almeno 10-20 seggi sul «limite di guardia», insomma, serve avvicinarsi alla meta del 40% dei voti che, almeno oggi, nessuno dei contendenti sembra in grado di raggiungere.
Il «Rosatellum 2.0» (dal nome del capogruppo del Pd Ettore Rosato, ndr) premia i partiti che si muovono in coalizione (Pd, Socialisti, Ap, da un lato; Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, dall’altro), penalizzando i grandi che corrono da soli (M5S) e i piccoli (Articolo Uno e Campo progressista) che difficilmente riusciranno a fare alleanze formali perché è stata introdotta la soglia del 10%, alla Camera e al Senato, al di sotto della quale non verrà riconosciuta la coalizione come tale. Con tutte le conseguenze del caso. Prima tra tutte il mancato travaso di voti assicurato delle resuscitate liste civetta che si posizioneranno tra l’1 e il 3%.
Nessun vincitoreCon 231 collegi uninominali e 399 proporzionali non è facile fare previsioni al millimetro. Partendo dagli attuali rapporti di forza misurati dalla media dei sondaggi (Pd 27,8%, Ap 2,4%, per un totale del centrosinistra del 30,2%; M5S 27,7%; FI 13,4%, 14,8%, FdI 4,7% per un totale del centrodestra del 32,9%), le simulazioni portano a un sistema tripolare praticamente ingessato che non produce vincitori.
I calcoli – elaborati da Youtrend per l’Agenzia Agi – dicono che il centrodestra sarebbe in testa (227-247 seggi) senza raggiungere la maggioranza. Avanti rispetto al centrosinistra (184-204 seggi) e lasciando la terza posizione ai grillini (257-277) che pagherebbero la corsa in solitario. In questo schema Articolo Uno avrebbe 14 seggi.
Obiettivo 40 per centoSe uno dei tre poli dovesse fare il «boom», toccando quota 35%, il problema della governabilità del Paese – in assenza di grandi coalizioni e/o alleanze post elettorali – rimarrebbe senza soluzione. Con il 35% dei voti i tre poli otterrebbero, rispettivamente, un risultato diverso ma inutile per governare da soli: il centrodestra avrebbe 253-273 seggi, il centrosinistra 266-286, il M5S 257-277. Dunque, solo con un bottino elettorale che tende verso il 40% si otterrà la maggioranza in Parlamento. Sotto quella soglia, pur rimanendo sopra il 35%, tutto dipenderà dalla bravura dei partiti nel conquistare il maggior numero possibile dei 231 collegi uninominali.
Lo scorporoI partiti che rimangono al di sotto del 3% nella quota proporzionale restano fuori dal Parlamento, anche se coalizzati: questa sfida riguarda soprattutto Ap di Alfano e la costituenda alleanza di sinistra (Mdp, SI, Campo Progressista) che mira a percentuali ben più alte.
Ma ci sono anche tanti partitini sotto soglia che, se coalizzati, faranno da portatori d’acqua a quelli grandi: basterà superare la barriera dell’1% e d’incanto avremo di nuovo le liste civetta i cui voti non andranno persi ma divisi, con criterio proporzionale, tra i partiti della coalizione che invece ce l’hanno fatta.
Un vero invito a nozze per Silvio Berlusconi che ha la cultura e anche possibilità materiali per cullare le liste civetta come è successo nel ’94, nel ’96 e nel 2001. Su Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia si travaseranno infatti i voti raccolti dalle liste già in cantiere: animalisti, casalinghe e pensionati senza escludere che arrivi una mano dall’ultradestra, a partire da CasaPound.
Con le liste civetta minori vantaggi andranno al Pd, che si federerà con Ap, i socialisti e la lista di Giacomo Portas a Torino, al solitario M5S e alla sinistra che difficilmente supererà il 10 % previsto per le coalizioni.