La Stampa, 22 settembre 2017
Noiosi, demotivati, invecchiati. È il tracollo del sogno dei Verdi
Il soprannome affibbiato alla capolista dei Verdi Katrin Göring-Eckardt sui social network è poco lusinghiero. Katrin «Boring», la «noiosa». E come dare torto ai tanti blogger che, esasperati da una campagna elettorale resa estremamente tediosa dal consensuale fair-play tra Cdu ed Spd, confidavano almeno nell’inventiva del principale partito d’opposizione. Lo slogan scelto dai Verdi per la «fase calda» della loro campagna recita invece: «Il futuro lo si fa col coraggio». A giudicare dalla svolta fin troppo moderata e pragmatica imboccata da una leadership ormai invecchiata e politicamente demotivata, si potrebbe proprio dire di sì, se non fosse per il fatto che al secondo capolista del partito Cem Özdemir un colpo di scena in questi ultimi giorni di campagna elettorale è pur sempre riuscito. In un’intervista il politico tedesco con origini anatoliche ha sorpreso un po’ tutti, sostenendo che per lui l’alleato di governo ideale dopo il voto di domenica sarebbe l’Unione cristiano-democratica di Angela Merkel. Poco importa a Özdemir se da mesi il candidato socialdemocratico alla cancelleria, Martin Schulz, sogna una maggioranza di centro sinistra insieme ai postcomunisti della Linke e appunto ai Verdi.
Visto il drammatico tracollo di consensi dell’Spd, il capolista verde sembra invece aver già rottamato una simile ipotesi e preferisce corteggiare la cancelliera «eterna», molto più «progressista e aperta» secondo lui rispetto ai socialdemocratici. Un opportunismo che però non sembra dare i suoi frutti.
Nei sondaggi il partito ambientalista e pacifista raggiunge solo il 7-8% attestandosi dietro alla destra populista dell’AfD (al 12%), ai Liberali e alla Linke, quotati entrambi intorno al 9-10%. Un consenso piuttosto deludente se si considera che in seguito allo scandalo del Dieselgate, ai mutamenti climatici, all’avanzata dei populismi e delle nuove destre in Europa come negli Stati Uniti, all’emergenza migranti o alla crisi dell’Unione europea, ad una formazione politica di sinistra i temi sui quali profilarsi non mancherebbero di certo.
Ma sotto una cancelliera camaleontica del calibro di Angela Merkel, che ha aperto le frontiere a quasi un milione di rifugiati, ha sancito la fuoriuscita della Germania dall’energia nucleare e ha dato il suo nullaosta ai matrimoni gay, i Verdi hanno serie difficoltà ad affilare il loro profilo e a presentarsi come una vera alternativa al governo uscente. Anagraficamente inoltre Katrin Göring-Eckardt potrebbe passare quasi come una copia gemella di Angela Merkel. Entrambe le politiche hanno origini tedesco-orientali, hanno militato nei gruppi civici d’opposizione al regime comunista della Ddr, condividono la stessa fede per la religione evangelica-luterana e non dispongono di spiccate doti retoriche (oltre che di un buon parrucchiere, come dicono le solite voci maligne). Dalle analisi empiriche sull’elettorato dei Verdi, inoltre, emerge un dato allarmante. Ad invecchiare non è soltanto la leadership del partito, sono anche i suoi sostenitori. Soprattutto nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 45 anni, i Verdi raccolgono ormai meno del 5% di consensi. A votarli è soprattutto la vecchia generazione del Sessantotto. Più per abitudine e per legami affettivi connessi al comune passato movimentato e trasgressivo, che per vera convinzione.