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 2017  settembre 20 Mercoledì calendario

Il record di uno scozzese. Bastano una bici e 78 giorni per fare il giro del mondo

Rallenta, l’uomo in bicicletta, tirando il freno come forse non aveva mai fatto nei precedenti 78 giorni, prima di affrontare l’ultimo ostacolo che lo divide dalla leggenda, che è anche il più banale: sul bordo della strada, un gruppo di persone forma un piccolo muro umano che sbarra il percorso. Mentre il suono della festa le trombette e gli applausi di una cinquantina di fan e curiosi avvolge l’evento, Mark è costretto al freno e a chiedere il permesso. Prego: e così, aiutato da uno steward, l’uomo sulla bicicletta accede al suo personale viale della gloria, privo di tappeti vellutati, solo con il ruvido sterrato che fiancheggia gli Champs Elysées parigini, in prossimità dell’Arco di Trionfo. Mark ha voluto che fosse così il suo arrivo, «umile», perché per un ciclista la bellezza della meta non è la meta stessa ma il tragitto e il sudore versato per compierlo. 
Ancora un paio di spinte sui pedali, il braccio destro che si leva in saluto e la bici portata fino al nastro bianco: frenata, fermata, fine della corsa. Una corsa da record. È il 18 settembre 2017, e sono appena trascorsi 78 giorni, 14 ore e 40 minuti da quando Mark Beaumont, scozzese di anni 34, è partito, nello stesso punto in cui si è appena fermato, per il suo giro del mondo in bici con la sola eccezione di quattro tragitti in aereo per sorvolare gli oceani. E che record: ha annullato il precedente del neozelandese Andrew Nicholson, che nel 2015 ne impiegò 123. 
Fine della corsa, ricomincia la vita. Mark poggia il piede destro a terra e volge lo sguardo alla moglie e alle due figlie che lo attendono: ebbro di gioia, le abbraccia, ma senza divincolarsi dalla bici. È il momento simbolo dell’impresa e il motivo per cui è riuscito a compierla: nemmeno nell’estasi dell’arrivo, il ciclista abbandona il suo mondo, la sua bicicletta, anzi vi ci porta dentro gli affetti, ricordando loro di esserne la benzina non prevista, ma necessaria. 
Poi, Mark si concede ai cronisti, non prima di annunciare la sua nuova sfida: «Una normale vita in famiglia». E racconta di «non aver quasi mai camminato se non per salire sugli aerei», di «essersi alzato sempre alle 3.30 del mattino» e di aver pedalato e pedalato «fino alle 21.30, a volte anche alle 22» ogni giorno. «Ma ora basta levatacce». Concesso. Nonostante il suo sonno non sia mai andato oltre le 5 ore, Mark ha percorso ogni dì circa 384 km, bruciando 9000 calorie. Si rifocillava con uno “smoothie” dopo un’ora di pedalata e soltanto dopo 4 ore si concedeva la colazione. La sera, invece, agnello e spaghetti alla bolognese insieme al team. Il team che ha dovuto rimediare al dente rotto di Mark (piccolo incidente) e ha identificato via via le strade meno trafficate e con il vento a favore. Bici, famiglia, team, e gli amici di una vita, che in alcuni punti lo hanno atteso e accompagnato, anche solo per pochi metri: «Il record è anche loro», dice Mark Beaumont. Perché ogni ciclista, quando pedala è sottratto al mondo, ma in giro per quel mondo si porta sempre con sé gli altri, fino al traguardo.