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 2017  settembre 21 Giovedì calendario

Sotto il Centroamerica cinque placche, la zona più esposta alle potenti scosse

All’origine del forte terremoto messicano di magnitudo 7.1 del 19 settembre scorso, come avviene per tutti i terremoti, ci sono i moti delle placche tettoniche. La crosta messicana subisce le conseguenze delle interazioni di ben cinque placche: quella nord americana, quella sud americana, la Cocos, la Nazca e, più a distanza, la placca caraibica. Le placche sono porzioni estese della listosfera. Con litosfera chiamiamo il guscio solido che racchiude tutto il nostro Pianeta. Ha uno spessore, molto variabile, di alcune decine di chilometri: contiene la crosta e la parte superiore, solida, del cosiddetto mantello terrestre. Le placche sono enormi zatteroni in perenne movimento che, benché lentamente, sono in grado di deformare particolari zone della crosta. Grazie allo studio organizzato della attività sismica planetaria, queste zone, le zone sismiche, sono ormai molto ben identificate. Le zone sismiche sono i luoghi dove si verificano i terremoti. I terremoti accadono perché il processo di deformazione delle zone dette non può durare all’infinito: a un certo punto si arriva allo sviluppo e alla rapida propagazione di una frattura. 
ACCUMULI DI ENERGIA
Un terremoto, piccolo o grande che sia, altro non è che la propagazione rapida di una frattura nelle rocce litosferiche. Più grande la frattura più grande il terremoto. La grande quantità di energia, accumulatasi negli anni se non nei secoli precedenti nella zona epicentrale, si libera nel giro di poche decine di secondi, al massimo qualche minuto, sotto forma di onde meccaniche, le onde sismiche, in grado di devastare edifici mal costruiti e creare enormi problemi di varia natura per le popolazioni. Come dicevamo ben cinque placche influiscono sulla deformazione della litosfera messicana: il Messico e praticamente tutta l’America centrale sono una vera e propria fucina di terremoti devastanti. Tutti ricorderanno che solo due settimane fa, il 7 settembre, un altro terremoto di magnitudo 8.2 si è verificato al largo della costa occidentale messicana. Sempre il 19 settembre, nel 1985, si era verificato un terremoto ancora più devastante, di magnitudo 8.5, che provocò danni molto ingenti a Città del Messico. 
Nazca e Cocos, le due placche pacifiche nel senso che coincidono con parte del fondo dell’Oceano Pacifico, spingono verso est le due placche americane che, insieme alla placca caraibica, oppongono loro una decisa resistenza. Nazca e Cocos però sono tutt’altro che pacifiche nel senso etimologico del termine, continuano a spingere con forza, addirittura con una velocità dell’ordine degli 8 cm all’anno, e trovando la strenua opposizione delle placche americane si infilano sotto di esse coinvolgendo enormi quantità di energia che portano al verificarsi di terremoti, allo sviluppo di vulcani, a creazioni di fosse oceaniche e catene montuose. 
IMPOSSIBILI DA PREVEDERE
Si noti che lo spostamento di oggetti con dimensioni lineari dell’ordine di qualche migliaio di chilometri e di diverse decine di spessore alla velocità si 8 cm all’anno è una cosa enorme. Per intendersi immaginiamo di spostare di 7 cm tutta la Germania rispetto a tutta la Francia in un anno per uno spessore dell’ordine delle decine di chilometri. 
I terremoti che qui abbiamo ricordato sono frutto degli stessi processi e indubbiamente esiste un legame fra di loro. 
Tuttavia non siamo in grado di descrivere in maniera quantitativa questo legame perché i processi fisici che lo determinano non sono accessibili alla nostra osservazione diretta. Inoltre è ancora troppo breve l’intervallo di tempo, pochi decenni, di dati disponibili sul verificarsi di questi fenomeni per potere fare illazioni ragionevoli sui comportamenti futuri di quest’area, che comunque sarà sempre estremamente sismicamente attiva nei millenni a venire. Un’ultima considerazione. La cosa che non può non colpire un sismologo italiano, fra le tante notizie che giungono dal drammatico terremoto messicano, è la tragedia della scuola Enrique Robsamen di Capa crollata ieri sera, dove si sa che sono morti 21 bambini e quattro adulti, purtroppo numeri destinati ad aggravarsi. È Il terremoto di San Giuliano di Puglia dell’ottobre del 2002 che tristemente torna subito alla mente. Chi lo ha vissuto non può dimenticarne la profonda emozione e non può ancora una volta non far presente che almeno le scuole e gli ospedali devono essere messi in sicurezza al più presto proprio qui da noi, in Italia.
* Geofisico dell’Accademia dei Lincei