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 2017  settembre 21 Giovedì calendario

Processo fermo per referendum. Ma lo stop non è per tutti

Appena la giustizia si avventura sui binari delle «ragioni di opportunità», specie sull’eterea categoria della «esposizione mediatica» dei politici imputati, il deragliamento – logico, prima che processuale – è dietro l’angolo. Pure al Tribunale di Milano. Che appena 7 giorni fa (con l’accordo della Procura) aveva concesso «per motivi di opportunità» al presidente leghista della Regione Lombardia Roberto Maroni la sospensione del suo processo Expo a causa del referendum consultivo sull’autonomia della Lombardia indetto per il 22 ottobre dalla Regione. E che ieri invece, nel processo per corruzione al consigliere regionale forzista Mario Mantovani, rispedisce al mittente quegli stessi «motivi di opportunità», e nega la medesima sospensione referendaria che l’ex vicepresidente e ex assessore alla Sanità invocava per scongiurare l’«esposizione mediatica».
Sembrerebbero casi analoghi, salvo magari il dettaglio che l’imputato Maroni una settimana fa, per anticipare la propria richiesta poi esplicitata in aula il giorno dopo ai giudici Guadagnino-Amicone-Vanore, fosse andato a Palazzo di Giustizia e fosse stato ricevuto sia dal presidente del Tribunale Bichi sia dal procuratore Greco. Sicché quando ieri il pm Giovanni Polizzi si oppone allo stop per Mantovani, sapendo che a Maroni era invece stato accordato senza opposizione della Procura, prova a valorizzare che lì il pm Eugenio Fusco avesse in cambio strappato alla difesa Maroni almeno un calendario di future udienze; e argomenta che la differenza tra i due casi consisterebbe nell’essere vicino l’interrogatorio (e con esso la mitologica paventata esposizione mediatica) di Maroni, e non quello di Mantovani. Ma il motivo reale dell’opposizione del pm riaffiora appena prospetta ai giudici Turri-Guadagnino-Ambrosino che, se la sospensione per il referendum consultivo diventasse prassi, allora «in ottemperanza a quanto sc olpito alle vostre spalle» (la legge è uguale per tutti) «bisognerebbe sospendere i processi di tutti i consiglieri regionali in Lombardia e Veneto».
Il Tribunale stavolta non sospende le udienze, perché Mantovani «non ha indicato specifici impegni» elettorali (neanche Maroni però), le udienze sono fissate da tempo (pure quelle di Maroni lo erano), e comunque le «ragioni di opportunità» (recepite in quel caso) «appaiono recessive di fronte all’esigenza di celere trattazione del processo».