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 2017  settembre 21 Giovedì calendario

Nei monasteri della Catalogna si preparano le urne per il voto

Nell’Assemblea Nacional Catalana c’è un’area cristiana che si batte per l’indipendenza proprio a partire dalla dottrina sociale ecclesiastica che afferma il diritto all’autodeterminazione in nome della giustizia e della dignità delle persone. Si chiamano Cristians per la independència, hanno convocato una preghiera per il referendum il 28 di settembre e hanno chiesto alle parrocchie e ai monasteri di mettere a disposizione i loro locali dove poter votare il 1° ottobre nel referendum catalano sull’indipendenza, nel caso fosse impedito il voto nei collegi ordinari. Juan José Omella, nominato vescovo di Barcellona nel 2015 da papa Francesco e nel 2017 cardinale, prova a tenersi in disparte nella contesa, appellandosi al dialogo per evitare lo scontro degli uni contro gli altri.
Anche se nella società catalana non è a rischio la convivenza come talora erroneamente si sostiene, c’è discussione ma non scontro e ben l’80% della popolazione vorrebbe poter decidere il futuro del proprio paese in un referendum di autodeterminazione, meglio se concordato con il governo spagnolo.
Altri prelati, invece, sono più possibilisti di Omella e sarebbero intenzionati a partecipare al voto del 1° ottobre e per quanto non ci sia alcuna decisione della chiesa catalana favorevole a cedere i locali per la votazione, qualche monastero sembra si sia mostrato disponibile a farlo in caso di necessità.
Non hanno dubbi, invece, Lucía Caram, monaca domenicana, originaria di Tucumán in Argentina e volto noto del piccolo schermo, e Teresa Forcades, teologa, femminista e monaca benedettina che, assieme all’economista Olivares, è fondatrice del movimento indipendentista Procés Constituent. Non vicine ideologicamente, la prima di area convergente e la seconda della sinistra sovranista, entrambi scommettono però sull’indipendenza e perciò voteranno l’1 di ottobre. Perché votare in democrazia è normale, sostiene sor Caram. Perché, afferma Forcades, è un referendum unilaterale ma convocato da un Parlamento legittimo e apre reali possibilità di cambiamento.