Il Sole 24 Ore, 21 settembre 2017
Il progetto di Amazon: un «deposito» aereo per recapitare i pacchi
Immaginate il mondo fantastico di fumetti e Supereroi, la portaerei volante Helicarrier di Nick Fury e dei Vendicatori di Marvel. Guardate ora i progetti di logistica di Amazon e non sarete così lontani: il colosso dell’e-commerce fa dei disegni avveniristici la sua norma. È suo il brevetto per una “base” sospesa a 14mila metri dal suolo che, invisibile ai più, sappia soddisfare a tempi record gli acquisti terrestri. Un colossale magazzino celeste che ha già il nome in codice di Afc (Airborne Fulfillment Center).
Un alveare, forse a forma di dirigibile, popolato da droni oltretutto in grado di risparmiare energia planando ovunque per distribuire i loro carichi di pacchi. Il brevetto è statao già depositato. Forse è qui – o anche qui – il futuro dell’organizzazione aziendale di Amazon.
Ma già oggi, in realtà, la sua logistica d’avanguardia è uno dei più sofisticati segreti della sua formula di espansione. Un segreto diffuso per gli Stati Uniti – e in altri 16 Paesi – grazie a una rete di “warehouses” dove sempre più ai lavoratori in carne e ossa si affiancano robot che sfiorano la fantascienza. Una spina dorsale che vede complessivamente 230.000 dipendenti e oltre centomila automi, da braccia meccaniche a “insetti” hi-tech, sparsi tra oltre 700 centri, se si contano anche gli hub per l’assistenza ai consumatori e i trasporti. Soltanto i grandi “fullfillment center” traboccanti di merci sono almeno 150 con 125.000 tra impiegati e tecnici, con nuovi progetti in continuo sviluppo e concentrati in mercati densamente popolati da Staten Island a New York ai sobborghi di Città del Messico.
Il deus ex machina, è il caso di dirlo, di questa colonna vertebrale per il commercio elettronico è Dave Clark, a capo della catena globale di fornitori e appunto della logistica oltre che della distribuzione. Compresa la tecnologia, in parte nata all’interno da Amazon Robotics e in parte importata. Clark, con un master neanche a dirlo in logistica e trasporti dell’Università del Tennessee ma anche una laurea creativa in musica, è un veterano del gruppo: ad Amazon ha ricoperto diverse cariche a partire dal 1999. E non fa mistero dell’importanza di ciò di cui si occupa: in una recente conferenza settoriale a Knoxville ha previsto che nei prossimi dieci o vent’anni tutto il business sarà sempre più trainato dalla logistica e da esperti nei sistemi di fornitori grazie alle rivoluzioni tecnologiche in corso. Che permettono di «muoversi a una velocità mai prima immaginata».
A questo vantaggio competitivo Amazon lavora assiduamente tanto da dare vita anche a un concorso annuale per l’innovazione giunto alla terza edizione: l’ultimo, bandito a fine luglio, è stato un Robotics Challenge aperto anche all’accademia per cercare soluzioni destinata alla scelta automatizzata in ambienti non strutturati nei magazzini, mansione che ancora sfugge ai robot e riservata al personale. Amazon sperimenta sempre più anche con l’aviazione al di là del sogno del proprio “Helicarrier”. Il Prime Day, giornata dedicato agli abbonati del suo omonimo servizio, ha visto il debutto di una prossima Prime Air Fleet, per la consegna al volo entro mezz’ora di prodotti scontati da speaker Echo a televori a schermo piatto. Ufficialmente la società aveva annunciato l’avvento il servizio cargo via droni un anno fa.
Ma sono i veri e propri robot che fanno oggi la differenza dietro le quinte del business di Amazon. Li aveva introdotti nel 2014: macchine adattate da tecnologie ereditate dall’acquisizione della Kiva Systems per 775 milioni di dollari due anni prima. Kiva si è trasformata nell’ossatura di quella che è diventata la divisione Amazon Robotics. Nel giro di poco tempo, omaggio alla velocità di esecuzione del gruppo, gli automi si sono moltiplicati al ritmo di decine di migliaia. Dagli artigli dispiegati a Florence, nel New Jersey, agli “scarabei” che a Kent, Washington State, si arrampicano tra scaffali verticali in spazi recintati trasportando carichi da oltre una tonnellata. Permettono di ridurre i tempi di risposta agli ordini quasi azzerando i faticosi 10 o 20 chilometri al giorno altrimenti fatti da molti dipendenti nei magazzini, riqualificati come supervisori di robot. E di aumentare densità e quantità dei prodotti a disposizione dei consumatori, alla fine del percorso automatizzato scelti e inscatolati per la spedizione da dipendenti. Un esempio dei nuovi e più avanzati progetti in cantiere? Il centro ideato a Staten Island: un investimento da 100 milioni di dollari che prevede l’assunzione di 2.200 dipendenti accanto all’impiego di almeno cinquemila robot.