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 2017  settembre 20 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ARRESTI IN CATALOGNAILPOSTLa Guardia civile spagnola, un corpo della gendarmeria, ha arrestato questa mattina Josep Maria Jové, un membro del governo catalano guidato da Carles Puigdemont

APPUNTI PER GAZZETTA - ARRESTI IN CATALOGNA

ILPOST

La Guardia civile spagnola, un corpo della gendarmeria, ha arrestato questa mattina Josep Maria Jové, un membro del governo catalano guidato da Carles Puigdemont. L’arresto è avvenuto durante una delle operazioni della polizia spagnola iniziate questa mattina a Barcellona, capitale della Catalogna, che hanno incluso tra le altre cose diverse perquisizioni negli edifici del governo catalano: la polizia, che ha agito su ordine di un giudice, era stata incaricata di controllare se il governo catalano stesse proseguendo nell’organizzazione del referendum sull’indipendenza della Catalogna convocato per l’1 ottobre, ma giudicato illegale dalla Corte costituzionale spagnola. La polizia ha arrestato 13 persone legate al governo catalano – membri del governo e direttori di agenzie governative, per esempio.

La stampa spagnola ha scritto che le perquisizioni di questa mattina sono state fatte nei dipartimenti degli Interni, degli Affari esteri e dell’Economia, oltre che negli uffici della presidenza e del governo. Josep Maria Jové, il membro del governo catalano arrestato, è il segretario generale del dipartimento dell’Economia e “numero due” di Oriol Junqueras, vicepresidente della Catalogna e presidente della Sinistra Repubblicana di Catalogna, un partito indipendentista e di sinistra. Questa mattina Junqueras ha scritto su Twitter: «Stanno attaccando le istituzioni di questo paese e quindi i suoi cittadini. Non lo permetteremo».

Estan atacant les institucions d’aquest país i per tant atacant els ciutadans. No ho permetrem.

— Oriol Junqueras (@junqueras) September 20, 2017

Il presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, ha convocato una riunione di emergenza del governo per decidere come affrontare quanto successo questa mattina. Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy ha commentato in Parlamento le operazioni della Guardia civile a Barcellona dicendo che «sono state fatte per decisione del giudice» e che qualsiasi democrazia ha l’obbligo di attuare quello che viene deciso da uno dei tre poteri dello stato, cioè quello giurisdizionale. Durante il suo intervento, i deputati del Partito democratico europeo catalano (PDeCAT) e di Sinistra repubblicana (ERC) hanno lasciato l’aula. A Barcellona sono in corso manifestazioni per protestare contro le operazioni della Guardia civile.


Dopo gli arresti e le perquisizioni eseguiti stamattina dalla Guardia civile spagnola negli edifici del governo catalano, la squadra di calcio del Barcellona – una delle più forti e famose al mondo – ha diffuso un comunicato stampa in cui appoggia la decisione della Catalogna di tenere il referendum per l’indipendenza, nonostante sia stato vietato dalle autorità spagnole. Nel comunicato, il Barcellona spiega di stare dalla parte «della democrazia, della libertà di espressione e del diritto all’autodeterminazione», e condanna «ogni atto che può limitare l’esercizio di questi diritti».

pic.twitter.com/j8hNbQb94a

— FC Barcelona (@FCBarcelona) September 20, 2017

Il Barcellona e i suoi tifosi sono storicamente solidali alla causa catalana. La nazionale di calcio della Catalogna, che non è riconosciuta ufficialmente dalla FIFA ma che si raduna ogni anno per un’amichevole, è composta perlopiù di giocatori provenienti dalla prima squadra e dalle giovanili del Barcellona.


REFERENDUM

In Spagna ci si sta preparando per il referendum sull’indipendenza della Catalogna, che si dovrebbe tenere l’1 ottobre nonostante le autorità spagnole lo abbiano definito “illegale”. Negli ultimi giorni i rapporti tra le autorità di Madrid e il governo catalano guidato dal presidente Carles Puigdemont sono diventati ancora più tesi. Ieri il procuratore generale spagnolo José Manuel Maza ha annunciato l’avvio di un’indagine su 712 sindaci di altrettante città catalane (PDF) accusati di cooperare con gli organizzatori del referendum, mettendo per esempio a disposizione le strutture per votare. Maza ha aggiunto che i sindaci che non coopereranno con gli investigatori saranno arrestati e la procura generale spagnola dice che potrebbero essere accusati di disobbedienza di fronte alla Corte Costituzionale, reato per il quale sono previsti diversi anni di carcere.

Tra i comuni che hanno annunciato di voler offrire le strutture per il referendum ci sono per esempio Girona, Vic, Manresa, Martorell, Villanova i la Geltrú, Reus e Villafranca del Penedés; ci sono anche dei municipi legati agli attentati di Barcellona e Cambriles del mese scorso, come Alcanar, dove la cellula terroristica aveva la sua base operativa, e Subirats, dove è stato ucciso l’attentatore di Barcellona, Younes Abouyaaqoub. Proprio le indagini successive agli attentati in Catalogna avevano mostrato i pessimi rapporti esistenti tra il governo centrale di Madrid e quello catalano, nonostante i continui appelli pubblici all’unità arrivati da diverse parti: per esempio Puigdemont e il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, contrario al referendum sull’indipendenza, avevano aspettato ben 20 ore prima di parlarsi dopo gli attentati.

La Sagrada Familia con srotolata una bandiera catalana, Barcellona, 11 settembre 2017
(David Ramos/Getty Images)

Il procuratore generale Maza ha anche ordinato ai Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, di farsi carico delle indagini su eventuali atti di disobbedienza dei sindaci catalani e li ha incaricati di adottare qualsiasi misura necessaria per evitare che il prossimo 1 ottobre si celebri il referendum indipendentista. È difficile dire cosa succederà ora, anche perché nelle ultime settimane la stessa polizia catalana si è scontrata più volte con le autorità spagnole, soprattutto dopo gli attentati di Barcellona e Cambriles: tra le altre cose i Mossos d’Esquadra hanno rivendicato il diritto di accedere direttamente a informazioni di intelligence senza passare per le forze di sicurezza spagnole, e hanno pubblicamente smentito alcune dichiarazioni del ministro degli Interni spagnolo sulle indagini allora in corso sugli attentatori.

L’Español ha raccontato un episodio rilevante: nell’estate 2016 Josep Trapero, il capo dei Mossos d’Esquadra, partecipò a una festa a Cadaqués (Girona) dove c’erano anche Puigdemont e altri indipendentisti molto noti, come il presidente della squadra di calcio del Barcellona, Joan Laporta: «A un certo punto Trapero prese la chitarra per interpretare Serrat [Joan Manuel Serrat, famoso cantautore catalano] mentre i presenti gli andavano dietro. Durante la giornata furono anche scattate fotografie di alcuni degli invitati con la bandiera estelada indipendentista», ha scritto l’Español. Trapero è diventato molto noto, sia in Spagna che all’estero, grazie alle conferenze stampa tenute nelle ore e i giorni successivi agli attentati in Catalogna, nelle quali si presentava insieme al ministro degli Interni catalano, Joaquim Forn, che in una recente intervista ha scartato l’ipotesi che i Mossos d’Esquadra agiranno per fermare il referendum. Forn ha detto: «Non solo non arriveremo a impedire il referendum, tutto il contrario: ne renderemo più facile la partecipazione».

Josep Trapero, capo dei Mossos D’Esquadra (a destra), insieme al ministro degli Interni catalano Joaquim Forn durante una conferenza stampa tenuta a Barcellona dopo gli attentati in Catalogna, il 31 agosto 2017 (LLUIS GENE/AFP/Getty Images)

La polizia catalana e quella spagnola sono state incaricate di sequestrare tutto il materiale che potrebbe essere usato dal governo catalano per tenere il referendum, come per esempio le urne. Il Pais ha scritto che «le urne sono un elemento chiave nella battaglia tra Madrid e Barcellona: non si può tenere un referendum senza urne, senza schede elettorali o senza seggi dove votare»; il fatto è che non si sa dove le autorità catalane tengano il materiale da usare per il voto, né si conosce ancora come si svolgeranno precisamente le operazioni di voto.

Il referendum sull’indipendenza della Catalogna è stato organizzato e voluto dal governo catalano, che è sostenuto da forza indipendentiste. La scorsa settimana la Corte costituzionale spagnola ha sospeso la legge con la quale il Parlamento della Catalogna aveva convocato il referendum sull’indipendenza della regione, per valutare se violi o meno la Costituzione del paese, che dice che la Spagna è indivisibile. Nelle intenzioni dei leader indipendentisti catalani, il referendum non dovrebbe richiedere un quorum e il suo risultato dovrebbe essere vincolante.

REPUBBLICA.IT

BARCELLONA - Tensione altissima tra Madrid e Barcellona con l’avvicinarsi del referendum catalano per l’indipendenza. Stamattina agenti della Guardia Civil hanno arrestato Josep Maria Jové, braccio destro del vice presidente catalano, insieme ad altre 13 persone tra funzionari ed esponenti del governo regionale, in quanto principali organizzatori del referendum non riconosciuto da Madrid e previsto per il primo di ottobre. Fra gli arrestati il direttore del dipartimento di attenzione ai cittadini del governo Jordi Graell e il presidente del Centro delle telecomunicazioni Jordi Puignero.

Inoltre sono in corso delle perquisizioni della stessa gendarmeria, che è un corpo nazionale con funzioni di polizia militare, negli uffici dell’esecutivo di Barcellona. A riferirlo un portavoce della Generalitat: "Sono entrati nei dipartimenti Affari economici, Esteri e della Presidenza dell’esecutivo regionale".
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La Guardia Civil ha perquisito anche gli edifici dell’ufficio delle Entrate, del Welfare e del Centro Telecomunicazioni regionale, mentre ieri gli agenti avevano perquisito una società di posta privata, sequestrando l’80 per cento delle notifiche di convocazione ai seggi referendari destinate agli elettori in vista del voto del primo ottobre. Sono state inoltre sequestrate dieci milioni di tessere elettorali.
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Dopo gli arresti, davanti alla Generalitat si sono radunate centinaia di persone per protestare contro l’azione dei militari. La manifestazione è tuttora in corso, con striscioni e cori contro le "forze di occupazione". Si sono registrati momenti di tensione tra gli indipendentisti e la Guardia Civil. Le persone che protestano hanno cercato di bloccare gli agenti che stavano cercando di scortare uno dei dirigenti dell’amministrazione arrestati nel blitz di questa mattina. Non ci sono, al momento, né feriti né fermati.

Nel pomeriggio alcune unità antisommossa della polizia hanno preso posizione davanti alla sede del partito indipendentista di sinistra Cup a Barcellona. Secondo El Periodico online sarebbero in attesa di un ordine giudiziario per entrare. Su Twitter il partito antisistema ha reso noto di avere tolto dalla sede e "distribuito in tutto il Paese" il materiale elettorale per il referendum del primo ottobre, dichiarato "illegale" da Madrid.
 

Citizens outside the Catalan Ministry of Economy are protesting against this police raid. They insist on their right to vote on 1 October. pic.twitter.com/faTw34eO6N

— This is Catalonia (@ThIsCatalonia) 20 settembre 2017
· LE REAZIONI
Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, parlando nell’aula del Congresso dei deputati spagnolo, difende la decisione dell’esecutivo: "Il governo tutela i diritti di tutti gli spagnoli", ha dichiarato in Parlamento, "i giudici si sono espressi contro il referendum, come democrazia abbiamo l’obbligo di far rispettare la sentenza". In aula, a Rajoy si è duramente contrapposto il dirigente della sinistra repubblicana catalana Gabriel Rufian: "Tolga le sue sporche mani dalla Catalogna" gli ha intimato. Madrid ha incassato il sostegno della cancelliera tedesca Angela Merkel: "Abbiamo a cuore la stabilità di un partner così vicino".
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Il presidente della Catalogna Carles Puigdemont ha convocato una riunione d’urgenza del governo locale. Presente anche l’ex presidente Artur Mas. "E’ stata sospesa la democrazia, il governo spagnolo ha oltrepassato la linea rossa" e "si è convertito in una vergogna antidemocratica", ha detto Puigdemont, il quale ha confermato che il primo ottobre il referendum sulla indipendenza si farà e ha chiamato i cittadini catalani a "dare una risposta ferma, con un’atteggiamento civile e pacifico".

Su Twitter ha risposto all’arresto del suo braccio destro il vicepresidente catalano, Oriol Junqueras: "Stanno attaccando le istituzioni di questo Paese, quindi i cittadini. Non lo permetteremo".
 

Estan atacant les institucions d’aquest país i per tant atacant els ciutadans. No ho permetrem.

— Oriol Junqueras (@junqueras) 20 settembre 2017
La sindaca di Barcellona Ada Colau ha definito "scandaloso" quanto sta succedendo in città: "È uno scandalo democratico che si perquisiscano le istituzioni e si arrestino cariche pubbliche per motivi politici. Difendiamo le istituzioni catalane".
 

Es un escàndol democràtic que s’escorcolli institucions i es detinguin càrrecs públics per motius polítics. Defensem institucions catalanes

— Ada Colau (@AdaColau) 20 settembre 2017
Il blitz contro le istituzioni catalane ha provocato la dura reazione anche di Podemos: "E’ una vergogna" ha detto il segretario Pablo Iglesias, "in Spagna tornano a esserci detenuti politici".

LE DUE ANIME DELLA CATALOGNA - LO SPECIALE SUPER 8

· I PRECEDENTI
Questa è solo l’ultima delle azioni intraprese da Madrid per impedire il referendum d’indipendenza previsto per il primo di ottobre. L’ultima era stata il blocco dei fondi federali di Madrid, per evitare che soldi pubblici venissero utilizzati per un referendum considerato illegale e anticostituzionale dal governo centrale.

Nei giorni scorsi Puigdemont aveva firmato il decreto per convocare la consultazione popolare. Su richiesta del governo spagnolo, la Corte costituzionale ne aveva sospeso l’efficacia: Madrid considera illegale il referendum e ha fatto capire che non terrà conto dell’esito di una pronuncia che potrebbe minacciare l’unità e l’indivisibiltà del paese, sancite dalla Costituzione spagnola.
  Barcellona, la sfida dei sindaci catalani. In 700 al corteo contro Madrid: "Noi voteremo" Navigazione per la galleria fotografica 1 di 21 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow
Circa 700 sindaci catalani su 948 hanno accolto positivamente la decisione della Generalitat, promettendo di garantire l’apertura dei seggi e il regolare svolgimento delle votazioni. La Procura di Stato nazionale ha aperto un fascicolo nei loro confronti, mentre Madrid ha dato un ultimatum finanziario alla comunità regionale

PEZZO DEL 6 SETTEMBRE 2017
Lo scontro fra Madrid e Barcellona adesso è più aperto che mai. Con un blitz parlamentare i partiti secessionisti che hanno la maggioranza assoluta nell’assemblea di Barcellona hanno imposto una corsia urgente per l’approvazione della legge di convocazione del referendum per l’indipendenza catalana. Il premier spagnolo Mariano Rajoy l’ha dichiarata "illegale" e ha promesso di impedirla, con l’appoggio di Psoe e Ciudadanos. Poi, in serata, dopo una lunga guerriglia procedurale dell’opposizione ’unionista’, la legge è stata approvata con 72 voti a favore, 0 contrari, 11 astensioni. I deputati ’unionisti’ non hanno partecipato al voto. Subito dopo il presidente secessionista Carles Puigdemont e tutti i ministri del governo catalano hanno firmato il decreto di convocazione del referendum.
  Referendum in Catalogna, le tappe degli indipendentisti - videoscheda Condividi   L’accelerazione verso un voto che segnerebbe la storia della Spagna è arrivata stamattina quando l’ufficio di presidenza del Parlamento di Barcellona ha accolto la richiesta dei partiti secessionisti, che hanno la maggioranza assoluta nell’aula, di discutere e votare in giornata - in anticipo rispetto all’ordine del giorno dei lavori - la legge di convocazione del referendum sull’indipendenza del primo ottobre. Una decisione che porta la Catalogna allo scontro decisivo con il governo centrale. Le opposizioni erano riuscite a far sospendere due volte la seduta, ritenendo che vi fossero delle violazioni procedurali. La maggioranza ha poi superato l’ostruzionismo degli unionisti e approvato la decisione di decidere oggi sul voto di ottobre, ma i lavori sono continuamente interrotti e sospesi per le vivaci contestazioni della minoranza unionista su questioni procedurali.

Madrid ha annunciato subito che si opporrà con tutti i mezzi al referendum catalano. Il premier Rajoy, ha ordinato all’Avvocatura dello Stato di interporre un ’incidente di esecuzione di sentenza’ davanti alla Corte Costituzionale per tentare di impedire che il parlamento catalano discuta e adotti la legge di convocazione di un referendum che metterebbe a rischio l’indivisibilità della Spagna sancita dalla Costituzione. Il premier ha anche chiesto alla Consulta di determinare la responsabilità penale della presidente del ’Parlament’, Carme Forcadell, che ha autorizzato l’esame della legge.

La procura spagnola ha annunciato che denuncerà la presidente del parlamento con l’accusa di ’disobbedienza’ alla corte costituzionale di Madrid. Con Carme Forcadell saranno denunciati i membri dell’ufficio di presidenza che hanno votato sì all’esame della legge di convocazione del referendum.

Ma ormai la distanza fra Barcellona e Madrid riguarda anche il riconoscimento delle istituzioni della Repubblica. La presidente del parlamento catalano, l’indipendentista Carme Forcadell, in risposta all’iniziativa di Rajoy, ha chiesto la ricusazione dei 12 giudici della Corte costituzionale spagnola per "mancanza di imparzialità" e per essere diventati "una estensione de governo" di Madrid. La Consulta spagnola è diventata uno dei grandi protagonisti dello scontro in atto. La Corte ha bocciato finora, su ricorso del governo centrale, tutte le iniziative dell’esecutivo catalano verso l’indipendenza.

PEZZO DEL 13 SETTEMBRE
BARCELLONA - Si sono schierati per il referendum di autodeterminazione della Catalogna del primo ottobre e ora rischiano il carcere. La Procura dello stato spagnolo ha indagato i circa 700 sindaci catalani, su 948, che si sono espressi a favore della consultazione prevista tra poco più di due settimane e che hanno garantito che consentiranno di usare le strutture pubbliche per il voto.

Il referendum è considerato illegale da Madrid. I procuratori di ciascuna provincia dovranno "citare a comparire in qualità di indagati" centinaia di sindaci, secondo al circolare inviata aalle varie procure. Se i sindaci non si presenteranno, la Procura ne dovrà chiedere l’arresto ai mossos d’esquadra, il corpo di polizia regionale catalano.

E, sempre oggi, la Corte costituzionale spagnola ha dato 48 ore di tempo ai funzionari della Catalogna per indicare come intendano evitare il referendum.

Diventa sempre più teso il clima intorno al referendum: ieri la Cosulta ha sospeso la legge per la scissione promulgata dal Parlamento della Catalogna e approvata mercoledì scorso, mentre solo due giorni fa mezzo milione di persone era sceso in strada per dire ’sì’ al voto.

• LA DECISIONE DELLA PROCURA
La Procura di Madrid ha inviato alle procure catalane una direttiva del procuratore capo dello stato José Manuel Maza, in cui si ordina che gli oltre 700 sindaci aderenti all’Associazione dei Municipi per l’indipendenza che appoggiano il referendum siano chiamati ad essere dichiarati "come indagati, assistiti da avvocati". Per coloro che si rifiuteranno di presentarsi, Maza ha ordinato che siano arrestati e portati in Procura "nel più breve tempo possibile" dalla polizia regionale catalana, "che agirà come polizia giudiziaria". Vista la grande quantità di nuovi indagati il procuratore generale ha consigliato di iniziare con i sindaci dei comuni più grandi che si sono schierati con il presidente Puigdemont per l’organizzazione del referendum di indipendenza.

Maza ha sottolineato che i possibili capi di imputazione contro i sindaci sono gli stessi previsti per Puigdemont e i suoi ministri che hanno firmato il decreto di convocazione del referendum: disobbedienza, abuso di potere e presunta malversazione di denaro pubblico, per i quali sono previste pene di carcere fino a otto anni.

• SINISTRA SECESSIONISTA: "NON POSSONO ARRESTARE TUTTI"
"Non faremo un solo passo indietro" nella "disobbedienza" a uno stato spagnolo "antidemocratico e ingiusto". Il deputato regionale della Cup, Carles Riera, è sicuro che i sindaci del partito catalano della sinistra secessionista anti-sistema Cup "non si piegheranno" alla convocazione decisa dalla procura spagnola. "Non possono arrestare tanti sindaci - ha aggiunto - non ci sono abbastanza prigioni".

• APPELLO DI RAJOY: "NON ANDATE ALLE URNE"
"Se qualcuno ha intenzione di recarsi a un seggio, non lo faccia, perché non ci può essere un referendum e sarebbe un atto assolutamente illegale", ha detto il premier spagnolo Mariano Rajoy, rivolgendosi direttamente ai catalani. Rajoy ha sottolineato ancora che il governo di Madrid farà di tutto per impedire il referendum, privando gli organizzatori di tutti i mezzi materiali e umani di cui hanno bisogno affinché sia svolta la consultazione.

• IL RE IN CAMPO CONTRO IL REFERENDUM
Non è favorevole alla consultazione del 1 ottobre, che considera un attacco alla democrazia, anche re Felipe di Spagna, che oggi si è espresso pubblicamente: "I diritti di tutti gli spagnoli saranno tutelati di fronte a coloro che si situano al di fuori della legalità costituzionale", ha detto il sovrano. Secondo Felipe di Borbone la costituzionale "prevarrà su qualsiasi attacco contro la convivenza e la democrazia".

ULTIMATUM FINANZIARIO
MADRID - Il governo centrale spagnolo ha deciso di pagare direttamente gli stipendi dei servizi pubblici della Catalogna, dando alla Generalitat, il governo locale catalano, un ultimatum "finanziario" di 48 ore: Barcellona dovrà riprenderà l’invio del resoconto settimanale delle spese a causa dello stop annunciato ieri dal vicepresidente catalano Oriol Junqueras. Il duro provvidemento è stato annunciato il ministro delle finanze spagnolo Cristobal Montoro.

L’obiettivo della misura è di evitare, tra le altre cose, che somme di denaro pubblico vengano dirottate per il referendum sull’indipendenza che la Catalogna intende indire il primo ottobre. Dunque il governo di Madrid ha esautorato sul piano finanziario quello catalano prendendo il controllo dei pagamenti della regione a dipendenti e servizi pubblici e ai fornitori. La decisione diventerà effettiva se entro 48 ore.

Rabbia da parte delle autorità catalane: il presidente della Generalitat Carles Puigdemont e la sindaca di Barcellona Ada Colau hanno scritto una lettera aperta a Madrid denunciando "una repressione senza precedenti" da parte di Madrid. Barcellona, un mare di bandiere stellate per dire sì al referendum indipendentista Navigazione per la galleria fotografica 1 di 32 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow Intanto, cresce la tensione in Spagna e soprattutto in Catalogna. La polizia ha impedito oggi lo svolgimento di una riunione per il referendum catalano del primo ottobre con il leader della sinistra secessionista Anna Gabriel a Vitoria. "Il diritto di riunione e la libertà di espressione sono minacciati" in Spagna ha denunciato Gabriel. Decine di persone hanno manifestato a Sant Feliu de Llobregat, vicino a Barcellona, dopo un raid della polizia in cerca di schede elettorali per il referendum. Il governo spagnolo non ha escluso di adottare "misure eccezionali" per il referendum dell’indipendenza del primo ottobre, come ha annunciato un portavoce del governo.