Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  settembre 18 Lunedì calendario

Parola di Enrico Cuccia. Articolo quinto chi ha i soldi ha vinto

Ci sono cose che, più di altre, raccontano dei cambiamenti. Prendiamo i salotti, che una volta si definivano buoni. Gli incroci azionari che hanno accompagnato per molti anni il sistema capitalistico made in Italy. E che hanno visto per tutto il Dopoguerra in Mediobanca la struttura di riferimento, una vera e propria stanza di compensazione tra industria e finanza. Il patto dei patti di sindacato, che lascerà sempre di più il posto al modello della public company. E il mondo dei salotti, a pensarci bene, nella Mediobanca di Enrico Cuccia, ha dovuto spesso confrontarsi con la sua filosofia racchiusa in una frase-simbolo: «Articolo quinto, chi ha i soldi ha vinto». Sintesi ruvida di mercato. 
A ben vedere il cambiamento, in questi anni, è stato molto più rapido di quello che appare a prima vista, così la decisione di Pirelli di uscire dal capitale, annunciata martedì, che avviene a qualche anno di distanza dalla vendita delle quote nella Bicocca realizzata dallo stesso istituto di Piazzetta Cuccia, va notata soprattutto perché rientra in una metamorfosi del gruppo guidato da Alberto Nagel che va ormai avanti almeno da un paio di piani industriali a questa parte. 
Riflessioni, quelle di Pirelli, che erano iniziate già nel 2001. Con la decisione di cedere circa l’1,7%, in qualche modo, si certifica il fatto che con una Mediobanca sempre più banca d’affari, con una presenza maggioritaria nel mercato consumer (da Compass a Che banca!) e nella gestione dei patrimoni, appariva sempre meno funzionale la presenza di un gruppo industriale. Così come per Pirelli, che ha appena deliberato le condizioni per il suo ritorno alla quotazione in Piazza Affari, detenere una partecipazione finanziaria appariva sempre meno funzionale. 
L’evoluzione 
Ecco il punto: quello che oggi appare l’ancien régime delle partecipazioni incrociate ha lasciato il posto, sempre più rapidamente, alle valutazioni di mercato. Alle considerazioni di bilancio. Alle esigenze di allocazione del capitale. Non solo. 
L’evoluzione della governance di Mediobanca, che porterà alla riduzione dei consiglieri a quota quindici, all’aumento dei consiglieri indipendenti è un po’ la certificazione di una trasformazione che nei fatti è già avvenuta da tempo. Con un’accelerazione negli ultimi anni. 
In un sistema sempre più aperto, dove il quadro competitivo tra le banche d’affari si è profondamente trasformato, in un Paese come l’Italia che, nonostante tutti i limiti che conserva, è diventato sempre più d’interesse per il mondo del merchant e dell’investment banking, tutto si è modificato e tutto è diventato molto più competitivo. 
Le grandi operazioni che prima avvenivano attraverso la rete delle relazioni sono sempre più sottoposte alla misura del mercato, dell’efficacia competitiva. E, soprattutto, della capacità creativa. Così l’elemento della governance di mercato, con la riduzione del patto di sindacato sotto il 30 per cento e in prospettiva anche fino alla soglia 25% appare sempre di più come l’evoluzione delle cose. Di un mondo molto diverso da quello che portò alla fondazione stessa di Mediobanca, nel 1946. Di un incrocio tra banche e imprese, figlio della crisi degli anni Trenta, che appare più un elemento di studio che da operatori di mercato. 
Le regole di gestione e gli assetti azionari sono diventati sempre di più un parametro per valutare la capacità competitiva di un’impresa, che sia banca oppure no. E questo si legge tra le righe del patto che si riunirà il 22 settembre e del percorso che è stato seguito in questi ultimi anni. Come dire: quando Fiat e Telecom lasciarono Piazzetta Cuccia eravamo in un mondo completamente diverso rispetto alla disdetta di Pirelli edizione 2017. 
Bisognerà dunque vedere quale evoluzione avrà la presenza dell’Unicredit di Jean-Pierre Mustier e del francese Vincent Bolloré, attuali primi soci quasi a pari merito. Perché il modello tracciato dal management nel dialogo con i soci, per l’istituto che è vigilato dalla Banca centrale europea di Francoforte, è sempre di più quello della public company. Dove sono gli investitori a misurare i risultati e a comporre gli equilibri. E in questo quadro lo scioglimento del patto che fu di Cuccia e Vincenzo Maranghi, ha più il sapore di un adeguamento ai tempi, nell’ordine dei cambiamenti già avvenuti.