Libero, 17 settembre 2017
Il capo sono me. Luigi Di Maio ci racconta la scalata grillina a governo e potere
«Oggi ho accettato la mia candidatura a premier per il Movimento 5 Stelle. Quando siamo diventati la prima forza politica del Paese, hanno avuto paura e hanno iniziato a combatterci con tutto il potere mediatico e politico che avevano a disposizione. Siamo ancora qui, più forti di prima. Ora dobbiamo completare l’opera: si va a Palazzo Chigi e si fa risorgere l’Italia».
Questo annuncio su Facebook è l’ufficiale discesa in campo del vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, nella corsa alla poltrona di Gentiloni. Entro domani, chiunque voglia contendergli la candidatura a premier per Cinquestelle deve farsi avanti ma il prossimo fine settimana, se tutto va come ci si aspetta, sarà lui, il ragazzo di Avellino, a essere designato, a soli 31 anni.
Qualunque cosa si pensi di lui, giù il cappello. In dieci, dal nulla, «da quel banchetto di attivisti dove come tanti di voi ho iniziato il mio percorso l’8 settembre 2007» scrive, è riuscito a scalare il partito e soprattutto a cavalcarne il cambiamento, che lui, sempre su Facebook, descrive così: «All’inizio non volevamo neanche entrare nelle istituzioni, pensavamo che bastasse proporre alla politica progetti validi per essere ascoltati. Ma ci hanno ignorati. Per questo abbiamo deciso di entrare nelle istituzioni dall’opposizione per far conoscere al Paese il loro indegno modo di gestire la cosa pubblica. E hanno passato il tempo a deriderci». D’altronde, «prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci», chiosa citando Gandhi.
Prima di sciogliere le riserve e chiudersi nel silenzio pre-elettorale che Grillo ha imposto a candidati e maggiorenti del Movimento per non turbare gli elettori, il candidato ha concesso a Libero una lunga intervista, una sorta di programma preelettorale e di governo, in cui Di Maio analizza nel profondo la natura di Cinquestelle.
Onorevole Di Maio, a dieci anni dal V-day com’è cambiato il Movimento?
«Il Movimento è sicuramente cresciuto, maturato. Cosa è rimasto? Beh, lo spirito di allora, la stessa voglia di cambiare le cose e le piazze oggi lo dimostrano. Negli anni abbiamo acquisito competenze specifiche e, in fondo, è quello che ci aspettavamo. “Il cittadino che si fa Stato” e si occupa della cosa pubblica non è mai stato uno slogan per noi, bensì la realtà dei fatti che i partiti volevano nascondere. Noi abbiamo dimostrato che tutto questo è possibile. Che la società civile non può solo concorrere alla crescita del Paese ma può guidare questa crescita, senza vincoli o condizionamenti, accantonando i privilegi della casta innanzitutto e restituendo al cittadino il proprio ruolo e la sua dignità».
Cosa è cambiato M5S dalla morte di Gianroberto Casaleggio?
«La scomparsa di Gianroberto è stata un dolore immenso, sul piano umano innanzitutto. È venuta a mancare un’intelligenza unica nel suo genere, ma il suo progetto, il M5S così come lo aveva pensato, è riuscito a restare sulle sue gambe e a correre più veloce di prima».
I rapporti tra Casaleggio Associati, Associazione Rousseau e M5S visti da fuori sono un guazzabuglio inestricabile: mi aiuta a capirci qualcosa?
«Il guazzabuglio l’hanno creato le ricostruzioni false dei giornali. La Casaleggio Associati negli anni passati ha sviluppato la piattaforma Rousseau che da più di un anno è stata ceduta all’Associazione Rousseau che non ha fini di lucro e vive di donazioni spontanee. Ora la Casaleggio associati non ha più nulla a che fare con il Movimento 5 Stelle. L’Associazione Rousseau gestisce la piattaforma Rousseau che è quella sulla quale il Movimento 5 Stelle vive in Rete ed è un supporto fondamentale per la democrazia diretta».
Si è evoluto molto anche il ruolo di Beppe Grillo, era garante ma anche frontman, ora ha annunciato il passo indietro: dobbiamo crederci?
«Beppe è e sarà sempre il garante ed è ancora un front-man, perché nasce come uomo di spettacolo e ce l’ha nel sangue».
Cosa avete lei, Fico e Di Battista in più delle centinaia di parlamentari M5S di cui nessuno conosce la faccia?
«La visibilità a volte è frutto di un insieme di circostanze occasionali, ma non misura le qualità del singolo. Molti di noi non hanno mai fatto un’apparizione televisiva eppure hanno svolto un lavoro straordinario in Parlamento».
Mi faccia un bilancio personale: cosa pensa di poter dare personalmente al Paese e alla causa dei Cinquestelle?
«Non è una questione personale. È il movimento che può davvero cambiare e migliorare il Paese. Io credo che all’Italia serva una direzione e che questa direzione, a darla, debba essere uno dei “suoi”, non uno seduto a Bruxelles o telecomandato da qualcuno. Il M5S ha questa prerogativa: non ha vincoli, è una forza politica libera di poter attuare riforme che i partiti non hanno mai avviato per paura di minare i propri interessi».
Dai meet-up all’Ambrosetti e alla Trilaterale il salto non è troppo alto?
«Non è un salto, è un percorso. E una cosa non esclude l’altra. Si può parlare di economia reale, di imprese, di pmi sia in una piazza, magari circondati da molti piccoli imprenditori (che in Italia sono la maggioranza), sia a Cernobbio, circondati da amministratori delegati di grandi aziende. Cambia il registro comunicativo, mi pare evidente, ma il Paese sta in una e nell’altra parte. Sono i partiti che finora hanno guardato solo in una delle due parti, dimenticando l’altra, dimenticando autonomi e partite Iva ad esempio, uccisi dalle tasse, e scordandosi di milioni di famiglie».
Si dice che Cinquestelle sia passato da Movimento a partito più tradizionale: condivide, è un bene o un male?
«Mi sembrano analisi sterili sull’etichetta da attribuire. Che il M5S sia profondamente diverso da tutti i partiti presenti è alla luce del sole, poi quando capiscono che sappiamo fare politica meglio degli altri ed essere più incisivi degli altri ci dicono che siamo diventati un partito. Bah...».
È vero che ci sono due correnti, una movimentista che fa capo a Fico e una più istituzionale guidata da lei?
«Le correnti nel Movimento non esistono. Ci sono più umori, questo è vero, del resto è nella natura del Movimento stesso. Gliel’ho detto, siamo qualcosa di diverso dagli altri. Nei partiti si mettono a tavolino e pensano a cos’è di destra o di sinistra e lo dicono. Noi invece abbiamo di fronte il problema, ad esempio quello dei migranti, e diciamo come la pensiamo, senza avere il timore di essere etichettati».
Non è tempo di cambiare la regola del doppio mandato: altrimenti come si costruisce una classe dirigente?
«Questa teoria della classe dirigente proporzionale agli anni di poltrona di un parlamentare è del tutto fallace e lo abbiamo visto. Cos’hanno costruito in vent’anni i nostri predecessori? La regola del doppio mandato serve a dare la consapevolezza che quel che riusciremo a costruire in Parlamento per il Paese ce lo ritroveremo quando torneremo ad essere comuni cittadini».
Perché le consultazioni di M5S sul web come votanti sono sempre state un mezzo flop e che garanzie avete contro il voto taroccato?
«Perché fondamentalmente non capite il nostro sistema di voto. I numeri non sono assolutamente un flop anzi. I nostri attivisti sono estremamente esigenti e ogni loro voto ha una importanza enorme ed è difficile da conquistare. Sono persone attive sul territorio e che fanno attivismo da anni con un fortissimo impegno politico. Non funziona come alle primarie del Pd con migliaia di schede bianche uscite dal nulla e dove l’unico obiettivo è gonfiare i numeri in qualsiasi modo. Noi abbiamo criteri molto selettivi per la partecipazione e l’iscrizione al M5S, come l’essere incensurati, e riteniamo ciò un valore aggiunto».
Tracci un bilancio della legislatura: qual è il peggior provvedimento approvato, il migliore e il pericolo scampato?
«Il peggiore è senz’altro il Jobs Act. Renzi invece che creare posti di lavoro ha inventato solo slogan e hashtag. Tra i migliori c’è sicuramente quello sui reati ambientali, voluto da noi, e l’abolizione dei vitalizi, sempre spinto da noi, anche se dobbiamo vedere cosa faranno al Senato. Il pericolo scampato, senza alcun dubbio, è la riforma della Costituzione che avrebbe stravolto gli equilibri per sempre».
Perché la stella di Renzi si è oscurata?
«Mi pare che il perché sia molto chiaro. Ha avuto la sua opportunità ed è stato giudicato dagli italiani. Avrebbe dovuto farsi da parte, ma tant’è».
E perché la stella di Berlusconi non si spegne mai del tutto?
«Posso dirle che almeno Berlusconi, nonostante a mio parere abbia usato il Paese per i suoi interessi, aveva una sua storia. I suoi governi hanno fatto malissimo all’Italia, lo ricordo ancora negare la crisi mentre centinaia di aziende fallivano ogni mese, ma almeno avevano ricevuto una legittimità popolare. Erano passati per il voto dei cittadini. Renzi chi è? Da dove viene? Come è salito al governo?».
Inizialmente siete stati votati sia da elettori di destra e berlusconiani delusi sia da ex elettori di sinistra: ora sembra che peschiate decisamente più nel bacino di sinistra: come se lo spiega?
«Ahahahah, ha dei sondaggi a proposito, perché noi non passiamo certo le giornate a cercare di capire dove peschiamo. Gliel’ho già detto: proponiamo soluzioni, indipendentemente da dove queste si collochino nello scacchiere politico. Ora ad esempio abbiamo votato contro la legge sulla propaganda fascista e ci hanno dato dei fascisti. Roba da ridere. Ma per favore, l’Italia si trova in una situazione di crisi senza precedenti e questi dopo mezzo secolo o anche più ancora parlano di fascismo e comunismo? Di rossi e neri? Parliamo di lavoro, facciamo una legge per introdurre i giovani nel mercato occupazionale, per aiutare le famiglie in difficoltà con più figli a carico. Parliamo di cose concrete».
Il Tar ha sospeso le Regionarie siciliane che avevano incoronato Cancelleri: c’è un complotto per farvi perdere come a Genova?
«Stiamo parlando di un candidato che non è stato ammesso e ha fatto ricorso. È sempre la stessa storia, pure a Roma era successo lo stesso, vi ricordate? Dicevano che la Raggi non era legittimata a correre e questo a elezione in corso. Le hanno provate tutte e poi gli è andata male».
Perché non cambiate le regole per la scelta dei candidati, in modo da non avere più problemi?
«Non c’è da cambiare nulla. Cancelleri è e sarà il nostro candidato presidente in Sicilia. Noi andiamo avanti».
Cosa succede se perdete in Sicilia: il voto è sopravvalutato come dice Renzi o decisivo come sostiene oggi Berlusconi e affermavate voi?
«Renzi dice che il voto è sopravvalutato perché sa in partenza di perdere. Quando la volpe non arriva all’uva, dice che è acerba, no? La Sicilia è una regione importante, una terra che incarna molti dei problemi di questo Paese. Non faccio previsioni sull’esito del voto, pensiamo a dare il massimo e punto».
Come ha trovato l’isola?
«Ho trovato un’isola e un popolo sfiduciati, ma con tanta voglia di rifarsi, di ricominciare. La Sicilia è stupenda e si può sempre ricominciare, partendo però da un nuovo progetto come quello che propone il M5S, con un’isola che diventi un grande centro di innovazione e di sviluppo. Ci sono tutte le condizioni per fare bene».
L’amministrazione Raggi quanto l’ha delusa?
«Non mi ha deluso, al contrario. Mi scusi ma che si pensava che entrasse la Raggi e con una bacchetta magica cambiasse la città? Ma gli autobus a Roma ritardano da ieri o da trent’anni? Oggi il parco mezzi è stato incrementato e questo grazie all’amministrazione M5S. Si fanno le gare di appalto regolari. Sa cosa vuol dire? Che se un’azienda appaltatrice tappa una buca e la tappa male, allora viene sanzionata dal Comune e non partecipa più alle gare future. Il concetto di legalità, questo concetto era andato oramai perduto a Roma, tutti facevano come pareva loro. Nessun controllo, niente di niente fino a quando è esplosa Mafia Capitale e lì abbiamo capito tutto. Gli altri hanno avuto 30 anni per distruggere la Capitale, ce ne volete dare 5, dico almeno 5, solo 5 per rimettere le cose a posto? Finora ne è passato uno, i giudizi forse sono un po’ prematuri, non trova?».
L’avvicendamento continuo di assessori però non è sconfortante?
«Sconfortante è che se ne parli come se fosse una notizia, quando chiunque sa che ogni amministrazione locale in Italia vive continui rimpasti, rientra nell’ordinario quando si amministrano dei Comuni difficili, come lo è Roma. Anche a Milano succede, ma di Sala nessuno ne parla. Noi invece finiamo sul Tg1».
Come giudica l’attività di Nogarin e Appendino: anche loro hanno avuto degli infortuni...
«Chiunque lavori con costanza ha degli infortuni nel proprio percorso. Vale anche per me. Siamo esseri umani. Chiara e Filippo, proprio come Virginia, stanno lavorando bene. Vede, il giochino è sempre lo stesso: farci apparire incompetenti, poi dimostriamo tutto il contrario e i partiti tremano».
Su cosa si vinceranno le prossime elezioni?
«Vincerà il programma che i cittadini riterranno più convincente. È la democrazia, funziona così, anche se alcuni fanno fatica a convincersene e quando hanno potuto hanno preferito bypassare le urne. Ogni riferimento è puramente casuale...».
Al Sud andate infinitamente meglio che al Nord: se dove funziona l’economia non funzionate voi significa che siete solo un Movimento di protesta?
«Il M5S nasce come un progetto alternativo al sistema partitico. Dove la sfiducia verso le precedenti amministrazioni è più forte è naturale che ci sia un riscontro più importante, ma le ricordo che governiamo in tantissimi Comuni d’Italia, di cui alcuni al Nord Italia».
Scommetterebbe su un risultato di M5S alle politiche superiore a quello del 2013?
«Non mi piace scommettere, ma ho buone sensazioni».
Perché sulla legge elettorale vi siete impantanati con Renzi sul sistema tedesco?
«Chi ha bloccato tutto è stato il Pd, non certo noi. L’obiettivo era dare
quanto prima al Paese una legge elettorale affinché i cittadini tornassero a scegliere, attraverso il voto, il proprio destino. Ma l’unica domanda che finora si sono posti i partiti è stata: qual è la migliore legge elettorale per non far vincere il M5S? Il loro pensiero non è dare una legge al Paese che lo renda governabile, ma ostacolare la crescita del M5S. Il che, mi permetta, è tutto dire».
Per quanto alto sarà il vostro risultato non potrete governare: cosa accadrà se sarete primi ma senza i numeri per fare il governo?
«Presenteremo al Capo dello Stato il nostro progetto di governo e una road map sulle prime misure da affrontare, a quel punto spetterà ai partiti decidere da che parte stare: se dalla loro, come sempre, o se dalla parte del Paese. Voglio vedere chi si rifiuterà di sostenere una vera legge contro la corruzione o una legge sul conflitto di interesse, oppure l’erogazione di aiuti a pmi, autonomi e alle famiglie che vivono sotto la soglia di povertà, per favorire un rilancio dei consumi e creare nuovi posti di lavoro».
Lo sbocco naturale non sarebbe un’intesa con Lega e M5S, o siete troppo diversi, e nel caso in che cosa il dialogo sarebbe impossibile?
«Non facciamo alleanze, lo abbiamo ripetuto più volte. Il nostro non è un pregiudizio, non è che stiamo puntando i piedi o meno, non fare alleanze è l’unico modo per non chinarsi alla volontà di qualcuno che in Parlamento siede solo pensando ai propri interessi o sperando di restare su quella poltrona per anni e anni. Noi non siamo così. Poi chi vorrà sostenere le nostre misure sarà libero di farlo, ma non si aspetti poltrone in cambio. Se il M5S va al governo si lavora per il Paese».
Come mai siete diventati contro l’accoglienza? Non pensa che sull’immigrazione avete dato l’idea di inseguire Salvini?
«Veramente io vedo che tutti, da Salvini alla Meloni arrivando il Pd hanno inseguito noi sull’immigrazione. Mentre Salvini parlava di ruspe, noi parlavamo di Ong, mentre Salvini si faceva i selfie con i migranti, noi eravamo a Ventimiglia e ancora prima a Bruxelles a scoprire come Renzi avesse svenduto il nostro Paese trasformandoci nel porto d’Europa in cambio di un po’ di flessibilità. C’è chi ha scelto la retorica e chi, come noi, fin dall’inizio si è messo a lavorare sodo. Nel 2014 abbiamo cominciato noi, per primi, ancor prima dell’Ue, a parlare di quote, di hub, di distinzione tra rifugiati e migranti economici. Questa è la verità. Quando io per primo introdussi la problematica di alcune Ong sono stato etichettato come un fascista e invece stavo solo dicendo la verità. E il risultato qual è stato? Che dopo tre mesi si è svegliato Minniti, ci ha copiato la nostra proposta di legge a prima firma Bonafede e gli sbarchi, per la prima volta dopo anni, sono diminuiti. I fatti sono questi, invito chi ci leggerà a verificare di persona».
Quanto è reale l’emergenza sicurezza legata agli immigrati?
«È reale, non posso dire il contrario. Perché la Libia stessa oggi è una tema di sicurezza nazionale e non possiamo ignorarlo. Nel Paese operano moltissime milizie jihadiste, è una polveriera e vigilare su chi entra nel nostro Paese è sacrosanto. Ogni tanto sento questi pseudo-intellettualoidi di sinistra, con le loro case in centro, che si ergono a cattedra morale e mi viene l’orticaria. Ma mi scusi, ora dobbiamo anche aver paura a dire che è un diritto del nostro Paese proteggere i suoi confini nazionali? Lo fanno tutti, lo fa la Germania, la Francia, gli Usa, la Gb, perché non può farlo l’Italia?».
L’euro ce lo teniamo e l’Europa pure: abbiamo scherzato o avete un progetto di cambiamento serio della Ue?
«Sull’euro va fatta una riflessione profonda che passa innanzitutto per la cancellazione di alcuni trattati Ue che impediscono la nostra crescita, come il Fiscal Compact ad esempio, o che ostacolano il made in Italy, come il Ttip e il Ceta. Su questo, se saliremo al governo, saremo intransigenti e useremo il pugno duro con Bruxelles. Sull’Europa girerei la domanda agli altri Stati membri, perché a giudicare gli ultimi fatti, con la Francia che ci ha tagliato fuori da tutto, con l’Austria che ha chiuso le porte al Brennero e con altri partner Ue che continuano a non accettare le quote di migranti sembra più il contrario, ovvero che è l’Europa, in un modo o nell’altro, che piano piano ci sta accompagnando alla porta. E questa cosa mi dà rabbia, perché siamo un Paese con un potenziale enorme e ci facciamo continuare a trattare come gli ultimi».
Perché l’Unione e l’euro non funzionano: qual è la sua analisi?
«L’Unione monetaria non è mai stata portata al suo completamento e i principi su cui è stata fondata l’Ue con i Trattati di Roma sono stati traditi. Se qualcosa non funziona è perché c’è la volontà di non farla funzionare. È inutile discettare sul chi o sul cosa, qui ci sono Paesi che continuano a pensare ai propri interessi o, peggio ancora, che si arricchiscono alle spalle degli altri, sfruttando le difficoltà di altri Stati membri».
Lei è campano: qual è il vero male del Sud?
«Sarebbe più corretto domandarsi perché il Sud sta così, oggi, per colpa di chi. Questa narrazione che il Sud è la parte marcia del Paese io la respingo. Ma non perché sono campano, perché semplicemente non è così. Il Meridione è stato terra di conquista dei peggiori feudi e partiti, lo hanno distrutto ma è un altro grande motore del nostro Paese. Bisogna solo rimetterlo in moto e lo si può fare mandando a casa chi c’era prima di noi».
Il reddito di cittadinanza non è diseconomico: perché, e soprattutto con che soldi, dobbiamo pagare chi non lavora?
«Il reddito di cittadinanza è una manovra economica molto più articolata e complessa. Banalizzarlo nella formula “pagare chi non lavora” è sbagliato, è lo stesso giochino della sinistra quando a proposito dell’emergenza migranti banalizza il dibattito riducendolo a una querelle tra buoni e cattivi, tra chi vuole salvare vite e chi vuole uccidere. Non è così. La nostra proposta mira a un serio rilancio dei consumi, fissa dei paletti chiari: ricevi tre offerte di lavoro, se non accetti non puoi più usufruire del reddito. Ma intanto con un sostegno da parte dello Stato puoi partecipare attivamente all’economia del Paese e uscire dalla soglia di povertà. Ne beneficerebbero tutti: famiglie, imprese, lavoratori. I soldi ci sono, abbiamo le coperture, le abbiamo rese pubbliche più volte».
Burocrazia, pubblico impiego, giustizia lenta, tasse, assistenzialismo, scarsa cura del territorio, sicurezza: mi metta in fila i mali del Paese secondo la sua scala di priorità .
«Innanzitutto le tasse, la pressione è altissima. Poi sicurezza, burocrazia, giustizia lenta e pubblico impiego. La cura del territorio deve essere una costante».
Rimproverano ai Cinquestelle di non avere sufficiente caratura internazionale per governare...
«Invece ce l’abbiamo. Le ricordo che agli Esteri oggi siede Angelino Alfano...».