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 2017  settembre 18 Lunedì calendario

Canestri d’oro. Magliette e hi-tech l’attacco della Nba ai ricchi del football

LOS ANGELES Il quintetto da sogno del Dream Team Nba è pronto per la madre di tutte le sfide: in campo ci sono il nuovo principesco contratto tv, un campionato di basket virtuale che promette faville, uno spazio per gli sponsor spuntato dal nulla sulle divise e un torneo (affollatissimo) di fanta-pallacanestro. Più – l’asso nella manica giocato un paio di giorni fa – una rivoluzionaria maglietta hi-tech targata Nike che connette online in tempo reale fan e giocatori. A questa squadra di All Star macina-profitti il pallone a spicchi made in Usa ha affidato una “mission impossible”: battere il record di incassi della Nfl per diventare il torneo sportivo più ricco del mondo.
Se il buongiorno si vede dal mattino, le speranze di centrare l’obiettivo sono alte.
Sulla Nba, ormai da un po’ di tempo, piove oro. Il giro d’affari di questa azienda sui generis – dove lo stipendio medio di un dipendente (leggi un giocatore) è di dieci milioni l’anno – è balzato in un paio di stagioni dai 5,7 miliardi a 8. Tirano gli ascolti, Espn e Tbs hanno staccato un assegno da 23,4 miliardi in dieci anni – il 250% in più del contratto precedente – per assicurarsi i diritti tv. Ad assottigliare il gap con la Nfl (che oggi fattura circa 12 miliardi) è però un altro fattore: la creatività e l’intuito con cui i vertici della Lega hanno cavalcato la rivoluzione digitale e la globalizzazione. Surclassando i rivali sul mercato internazionale e tra i millenials più digitalizzati e creando le premesse – come si augura il commissario Adam Silver – per proiettare la Nba sul trono di Paperone dello sport mondiale.
La nuova maglietta super-connessa della Nike (che ha soffiato ad Adidas il ruolo di partner) è uno dei testimonial più credibili di questa strategia. Il neo-fornitore ha messo a punto per i giocatori nuove divise più leggere del 20% di quelle del passato, reinventate nel disegno e nei materiali – «sono un netto passo in avanti», ha ammesso la stella di Golden State Kevin Durant – per favorire i movimenti in campo. A fianco delle uniformi ufficiali ha calato il jolly: una canottiera dotata di chip che attiva dal telefonino un collegamento diretto e personalizzato a contenuti e filmati dei campioni e delle squadre preferite. «L’applicazione consente di comprare i biglietti per le partite, prenotarne la visione sullo smartphone, sfruttare offerte commerciali. Un nuovo standard di coinvolgimento e connessione tra i fan e i team», spiega Adam Sussman, chief digital officer di Nike. Obiettivo: far breccia nel cuore (e nel portafogli) delle nuove generazioni destinate a garantire il futuro della Lega, che già vanta un parterre di tifosi più giovani di quasi una decina di anni rispetto a football e baseball.
La scommessa digitale della Nba prevede anche un campionato “virtuale” online, da febbraio 2018. A convincere Silver e i suoi ad accelerare ha contribuito l’evidenza dei fatti: le finali di League of Legends, il più popolare degli e-sport del pianeta, hanno fatto un audience di 32 milioni di spettatori, più dei 30 inchiodati a tablet, smartphone e computer dallo scontro Cleveland- Golden State. «Siamo partiti con prudenza, puntando a un primo torneo con una decina di squadre», dice il responsabile del torneo digitale Brendan Donohue. Ma le adesioni hanno superato di gran lunga le aspettative: 17 franchigie della Nba hanno iscritto i loro team, strappandosi a peso d’oro i campioni dei videogiochi. Stessa frenesia che circonda la versione “fantasy” del campionato, altro tassello destinato a far lievitare gli incassi.
Il valore delle squadre si è decuplicato in vent’anni ed è raddoppiato negli ultimi due. Il tycoon Tilman Fertitta ha appena pagato senza batter ciglio 2,2 miliardi per gli Houston Rockets. A far salire la quotazione è il seguito della franchigia texana (dove ha giocato Yao Ming) in Cina. Nel paese orientale, del resto, la Nba si è mossa con grande anticipo – dal 1988 – e molto meglio dei competitor. I follower social della lega nel paese sono 100 milioni. Su Weibo, il Twitter locale, il basket pro è a quota 30 milioni contro i 440mila della Nfl. L’audience online media dei match dell’ultima stagione a Pechino è stata pari a 12 milioni, il 30% in più dell’anno prima.
Questo fiume di tifosi e d’oro – ultima pepita il mini spazio per gli sponsor ritagliato sulle magliette, 100 milioni d’incassi l’anno previsti – ha finito per gonfiare anche i portafogli dei giocatori: LeBron James (che con Nike ha un contratto a vita da un miliardo) prende 31 milioni l’anno ma con le sponsorizzazioni ne mette in tasca quasi 100, più o meno come Cristiano Ronaldo. Il mega-contratto con i Los Angeles Clippers ha fatto di Danilo Gallinari (21 milioni in busta paga) lo sportivo più pagato d’Italia. I campioni della Nfl, ed è solo l’aperitivo nella maxi-sfida tra i titani dello sport, devono già accontentarsi di molto meno.