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 2017  settembre 18 Lunedì calendario

L’addio a Bersellini fu suo l’ultimo scudetto con undici italiani

All’epoca le formazioni si recitavano così: Bordon, Baresi, Oriali; Pasinato, Mozzini, Bini; Caso, Marini, Altobelli, Beccalossi, Muraro. Erano gli 11 titolari (più Cipollini, Canuti, Pancheri, Occhipinti e Ambu) dell’Inter campione d’Italia 1979-1980. Allenatore Eugenio Bersellini, scomparso ieri all’età di 81 anni, che deterrà per sempre un record: è stato l’ultimo allenatore a vincere lo scudetto con una squadra di soli italiani. Quello con l’Inter, il più grande successo in carriera, fu l’ultimo prima dell’estate che cambiò il calcio italiano: esplose il calcio- scommesse e si riaprì ai calciatori stranieri. L’Inter di Bersellini fu in testa dall’inizio alla fine, rifilò un celebre 4-0 alla Juve con una tripletta di Altobelli e vinse il titolo con due turni di anticipo mentre deflagrava lo scandalo.
Bersellini schierò 16 giocatori, di cui 8 provenienti dal vivaio: proprio un altro calcio e un altro mondo. Una vita in panchina, l’Eugenio: allenatore già a 32 anni a Lecce, poi Como, Cesena e Sampdoria prima dell’approdo all’Inter di Fraizzoli nel 1977. Il soprannome “sergente di ferro” glielo dà il ds Beltrami a Como, per via dei suoi metodi di lavoro che a quei tempi sembravano chissà cosa.
Puntava sulla preparazione atletica e introdusse, udite udite, lo stretching o la “vasca di fango”, un campo sabbioso e bagnato per potenziare la muscolatura. In nerazzurro vince uno scudetto e due Coppe Italia, arriva in semifinale di Coppa Campioni, nell’ultimo anno lancia anche Bergomi e Riccardo Ferri. Allenerà anche Samp e Torino (in granata vince un celebre derby rimontando da 0-2 a 3-2 in 124 secondi, 27 marzo 1983, a Genova una Coppa Italia), poi Fiorentina, Avellino e Ascoli prima di scendere di categoria e di chiudere la carriera in Libia.
Sergente di ferro, scorbutico in apparenza ma capace di slanci e di affettuosità. Evaristo Beccalossi ha decine di aneddoti, bisogna condensare per forza: «Faccia da duro, ma umanissimo. Quanto mi è stato dietro… io non ero un gran professionista e lui mi parlava un sacco, mi regolava l’alimentazione, mi puniva. Una volta rimasi una settimana in ritiro, poi segnai un gran gol alla Lazio e mi disse: hai visto che ti fa bene? Mister, risposi, ma io mica posso stare in ritiro a vita per giocare a pallone. Mi faceva correre sotto i temporali e voleva convincermi di quanto fosse bello il rumore della pioggia. Una volta mi portò in sauna: mezz’ora di atroci sofferenze, poi esco e la bilancia dice che sono dimagrito di un chilo, poi ci sale lui e il suo peso non è calato di un grammo.”Ma va a caghèr”, disse alla bilancia in dialetto parmense». Da qualche anno i giocatori di quella Inter si vedono a cena, fino a un anno e mezzo fa c’era pure l’Eugenio, poi si è ammalato. Nell’ultima rimpatriata, Beccalossi e gli altri hanno scattato una foto: seduti a tavola, allineati come in campo. Anzi, come li disponeva il loro sergente di ferro, che però poi aveva una carezza per tutti.