la Repubblica, 18 settembre 2017
Ritorna la corte del tacco 12. «Com’è magro, Silvio vincerà»
FIUGGI È la macchina del tempo che in un istante risucchia tutti indietro di almeno dieci anni. Sarà il “profumo di vittoria”, come lo definiscono i forzisti di ritorno accorsi a Fiuggi, sarà anche per quel salone del Palazzo della Fonte gremito come un uovo, come certo non lo era mai stato nelle ultime edizioni settembrine nella contea di Antonio Tajani. «Per me conta solo il termometro della fi.., guardatevi intorno e capirete dove spira il vento», oracoleggia in terrazzza Armando Cesaro, capogruppo forzista al Consiglio regionale campano, figlio del più noto onorevole Giggino Cesaro detto “a purpetta”. E allarga le braccia a indicare intorno lo schieramento di tacco 12, minigonne, abiti serali sfoggiati a mezzogiorno, come agli appuntamenti politici del Cavaliere non si vedevano da anni. Sessista e maschilista, ma l’aria che tira è quella lì, nel giorno che apre di fatto la lunga campagna elettorale di Silvio Berlusconi.
Nella corte del sultano che non cerca né vuole più delfini («Farò io campagna elettorale, come ho sempre fatto»), ora che si fa sul serio torna la vecchia guardia. Riecco allora il regista tv delle campagne vincenti, Roberto Gasparotti, a governare la selva impazzita – anche quella d’altri tempi – di telecamere e microfoni. Oltre al fido Sestino Giacomoni, alla fidatissima Licia Ronzulli. Più defilato si scorge Roberto Zangrillo, medico di casa, discreto ma vistosamente in sala con valigetta nera (con attrezzi salva-vita) in mano.
Perché tra pochi giorni sono ottantuno anni, sebbene ben portati, e un intervento al cuore appena un anno fa. Doppiopetto blu, camicia azzurra, spilletta di Forza Italia sul bavero, insomma è già tenuta da campagna elettorale per il leader. Cori e standing ovation, telefonini a immortalarlo, «Silvio, Silvio», «un presidente, c’è solo un presidente», il jingle sparato a palla “E Forza Italia, che siamo tantissimi”, e «guarda quant’è magro», le freddure, lo show da palco. Discorso “castrista” da quasi un’ora e mezza e i “quattro colpi di Stato” che diventano adesso cinque, la sua personale scoperta di Amazon, la giustizia da riformare, c’è tutto l’armamentario.
Sarà anche perché nelle stesse ore è Romano Prodi a parlare a distanza e a tenere banco nel centrosinistra, fatto sta che in un baleno sembra precipitare nel 1994-1996. Prime file di parlamentari (ma neanche tanti), chiamati a raccolta da Tajani, tanti giovani e ancor più over 50, in platea, e volti che si riaffacciano. Ecco l’avvocato Alesandro Sammarco della scuderia Previti (era Ncd). Oppure l’altro centrista degli anni andati Mario Baccini. Perché servirà di tutto per tornare a vincere.
In questo stesso salone del Grand hotel Palazzo della Fonte di Fiuggi un anno fa l’evento clou era la sfida tra Stefano Parisi e Giovanni Toti, che sembravano destinati a succedere al Cavaliere. Tutti accorti a non citare nemmeno il vecchio leader del quale si contendevano l’eredità, c’era un terzo del pubblico in sala. Sembra un secolo fa. Ieri Toti era a Pontida, Silvio Berlusconi è venuto di persona a riprendersi la scena. A modo suo.
Resta chiuso in suite dalle 20 di sabato, domenica mattina non scende nemmeno per ascoltare gli interventi del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, né quello conclusivo del “suo” presidente dell’Europarlamento. Anzi, proprio mentre Tajani sta parlando alle 12,30 ecco irrompere il jingle, a far capire che è il momento di lasciare palco e parola al capo. Affiancato da Francesca Pascale. La compagna siede in prima fila solo per un po’, poi almeno lei si risparmia gli 85 minuti e le 40 pagine di sermone e va a salutare le amiche di là. È anche lezione di marketing politico in stile ‘94, pure quella: «Dovete avere un complimento per ciascuno». È stata «un’estate monacale, ma resto birichino», ammicca ai suoi fan scattati in piedi per l’ovazione. Silvio is back.