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 2017  settembre 17 Domenica calendario

Tinca in carpione e tortelli di pacesante?

Caro Aldo,
abbiamo letto con preoccupazione le cronache sul pranzo nuziale vicino ad Asti, finito con un morto e cento intossicati. Ma cosa ci danno da mangiare?
Bianca Guatta, Milano

Cara Bianca,
le brutte notizie dalle colline piemontesi mi hanno ricordato un passo di un libro che amo molto, Il Provinciale di Giorgio Bocca. Nel primo capitolo, quello sulla sua infanzia, l’autore racconta un pranzo di nozze in campagna. «Le fette di salame sono già in tavola nei piatti degli antipasti, vicino alla carne cruda con gli spicchi d’aglio, ai peperoni in bagna cauda, al vitel tonné, ai nervetti, alla tinca in carpione… Spazziamo gli antipasti freddi e arrivano i cotechini caldi delle Langhe, dolci e un po’ drogati di noce moscata, e gli spinaci, e poi i ravioli in brodo… ma il piatto forte deve ancora arrivare: fritto misto alla piemontese con i semolini dolci, le barchette di pasta con la marmellata, le frittelle di mela, gli amaretti, no le cervella no mi fanno senso, “ma se è il più buono” dice la nonna, e poi il gorgonzola, la torta, gli sposi che partono per il viaggio a Venezia o a Pisa, sicuro che tornano con la gondoletta o con la torre pendente in alabastro rosa da tenere sul comò». E in effetti, nella casa di campagna dove da bambino passavo un mese d’estate, c’era – non sul comò, sul televisore in bianco e nero nel tinello accanto alla stalla – una gondoletta che si illuminava: i genitori della mia tata erano stati in viaggio di nozze a Venezia. Ora si va alle Maldive. E nei pranzi nuziali sulle colline piemontesi si servono antipasto di salmone, polpo e patate e tortelli di capesante, com’è accaduto in quel malaugurato banchetto.
Da un punto di vista materiale, siamo più ricchi. Ma da quello culturale siamo molto più poveri, perché dopo tante chiacchiere sul biologico e sul chilometro zero non mettiamo in tavola la tinca in carpione, ma le capesante. Che in Monferrato rischiano in effetti di fare male. Certo la vicenda è da chiarire: magari la causa dell’intossicazione è un’altra. Non c’è niente da sorridere, come ovviamente si è fatto in Rete, visto che una persona anziana è morta. E non c’è da demonizzare persone che già stanno soffrendo. C’è da ricordarsi chi siamo, da dove veniamo, chi erano i nostri padri e i nostri nonni. E riflettere su quel che siamo diventati. Non solo a tavola.