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 2017  settembre 18 Lunedì calendario

Nel nome di Bartali, il «postino» di guerra porta il Giro in Israele

GERUSALEMME È questo nome qui – Gino Bartali – il seme da cui è nata l’ispirazione per questa avventura. Sono undici lettere scolpite nella pietra, in cima alla seconda colonna dedicata agli italiani, nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme. Non c’è più Andrea, il figlio di Ginettaccio, a mostrarlo con orgoglio. Ma ci sarà la nipote Gioia, figlia di Andrea e ci sono italiani e israeliani uniti in un progetto da pionieri, che oggi prenderà ufficialmente forma, alla presenza dei ministri dello Sport e del Turismo di Italia ed Israele e di due grandi ex vincitori della maglia rosa, come Alberto Contador e Ivan Basso: la partenza del Giro d’Italia 2018 da Israele sarà la prima volta in assoluto fuori dall’Europa per una grande corsa a tappe, ma al di là delle statistiche, sarà soprattutto un veicolo unico per un messaggio di normalità e convivenza in nome della bicicletta.
Un po’ come quello del «postino» Bartali, riconosciuto nel 2013 come «Giusto tra le Nazioni» per aver contribuito a salvare diverse centinaia di ebrei italiani dalla deportazione nei campi di concentramento.
Il campione di Ponte a Ema, che aveva già vinto il Giro e il Tour prima della seconda guerra mondiale, accettò subito la proposta del cardinale Elia Dalla Costa, a sua volta ricordato nel Giardino dei Giusti, di far parte di una rete segreta. Alla quale mancava un «messaggero» che recapitasse i documenti falsi in grado di salvare gli ebrei, altrimenti destinati alla deportazione nei campi di concentramento. Bartali si prese il rischio, nascose i documenti nel telaio della sua bicicletta da corsa e pedalò a testa alta per salvare tante vite. Non solo: nascose anche alcune persone nella cantina di una casa di sua proprietà: proprio la testimonianza di un bambino di allora, Giorgio Goldenberg, raccolta dal giornalista fiorentino Adam Smulevich, si è rivelata decisiva per il riconoscimento ufficiale. «Non voglio essere ricordato come un eroe – si schermiva Gino —. Andare in bicicletta era il mio mestiere e lo dovevo fare: l’ho messo a disposizione di chi in quel momento aveva bisogno».
Se il Giro in Israele ha bisogno di un padre nobile, non può che essere proprio Bartali: «Sì la sua figura sovrasta tutto questo progetto – spiega Mauro Vegni, direttore della corsa rosa —. Tanto è vero che il comitato organizzatore ha voluto che fossero presenti i famigliari di Gino alla presentazione della partenza, per tutto quello che ha fatto per la popolazione ebraica. Bartali è una persona molto legata al loro cuore e sarà ricordato anche durante la corsa».
Daniel Benaim, Ceo e fondatore del Comtec Group che sta organizzando la partenza da Israele, si illumina quando parla del grande toscano: «È una leggenda. E le sue azioni hanno salvato la vita di centinaia di persone. Onoreremo la sua memoria e ne celebreremo la grandezza». Non sempre in Italia è stato così. Ma questo Giro storico nasce proprio per questo: per fare da ponte e da incrocio tra storie e mondi e lontani che si incontrano. In bicicletta.