Libero, 16 settembre 2017
Per l’avvocata delle donne l’africano può stuprare
A parte la mantide religiosa (che divora il maschio mentre copula), forse non sapevate che l’elefante marino spesso sfonda il cranio alla femmina durante l’amplesso, e non sapevate che le anatre hanno il primato degli stupri: i peggiori sono i germani, tanto che la metà delle volte prendono la femmina con violenza.
Quello che sicuramente non sapevate è che nella lista delle bestie ci sono anche gli africani, tutti gli africani: «Non possiamo pretendere che un africano sappia che in Italia, sulla spiaggia, non si può violentare una persona, perché lui probabilmente non lo sa nemmeno, non lo sa proprio». L’ha detto testualmente Carmen Di Genio (sic) che sarebbe un avvocato del Comitato pari opportunità della Corte d’Appello di Salerno. Avete letto bene, la frase è testuale, c’è anche un video. E uno dice: ma che c’entrano gli africani con le bestie? C’entrano, anzi: gli africani sono bestie. Un giornalista di Affari Italiani, Antonio Amorosi, ha poi chiesto alla Di Genio: «In sostanza abbiamo un miliardo di bestie in Africa?». E lei, nero su bianco: «Si, esattamente. Se vogliono entrare, devono essere educati ai valori della nostra civiltà».
Poi ora, siccome dicono sempre che i giornalisti “estrapolano le frasi dal contesto”, noi il contesto lo spieghiamo bene: la signora ha fatto la sua considerazione il 13 settembre, a Salerno, intervenendo a un convegno nazionale sulla sicurezza e la legalità organizzato dall’Associazione Street Kali, e l’ha detta al cospetto di tutte le autorità locali, sindaco e assessori compresi. Nessuno l’ha contraddetta: forse erano inceppati. È andata avanti venti minuti in tutto, e al suo tavolo c’era anche il questore Pasquale Errico. La premessa della signora Di Genio peraltro non era del tutto sbagliata: «In uno Stato di diritto, solo l’attuazione del principio di legalità garantisce condizioni democratiche e rispetto delle regole che si ricollegano al problema che sta per affliggerci: il terrorismo». Come a dire: se decidiamo di accogliere gli immigrati, beh, bisogna educarli ai nostri valori. Ma poi: «Non possiamo pretendere che un africano sappia che in Italia, sulla spiaggia, non si può violentare una persona, perché lui probabilmente non lo sa nemmeno, non lo sa proprio». E certo: violentare, sulle spiagge africane, è come per noi giocare a pallavolo. Poi la signora si è pure stupita che la sua frase abbia alzato qualche polemicuccia: «Io parlavo di quelle bestie che hanno fatto le violenze a Rimini. Sono molto sensibile ai temi delle donne». A parte che quei magrebini sono nati e cresciuti in Italia, forse anche in Africa sanno che cosa sia una violenza sessuale: no? Forse si è espressa male, ha fatto una piccola gaffe. «No, ma quale gaffe, il mio intervento va ascoltato nei venti minuti nell’ambito di un discorso... Ho detto solo che vanno educati». Forse intendeva ammaestrati: anche perché ripetiamo, la frase è chiara, il contesto pure, e nondimeno è stato ascoltabile tutto il noioso discorso che ha preceduto e seguito la frase galeotta. Ecco perché noi giornalisti ora possiamo permetterci le solite e scontate e retoriche domande, noi che capiamo sempre male, strumentalizziamo tutto, deformiamo eccetera. Pronti? Via: 1) Non conosciamo l’estrazione politica della signora, né la indaghiamo: ma se fosse stata un’esponente di destra?; 2) E se fosse stata semplicemente un uomo?; 3) Ma le bestie africane, secondo la signora, ignorano che è vietato violentare solo sulle spiagge? O anche altrove?; 4) Il problema degli sbarchi dovrebbe perciò essere affrontato anche dalla Protezione animali? E al posto dei Cie, riapriamo gli zoo? O un bel circo? Forse la signora Carmen di Genio potrebbe fare la domatrice, pardon educatrice.