Pagina99, 15 settembre 2017
L’India si prepara al Grande Fratello
Nomi, indirizzi, numeri di telefono. E, ancora, impronte digitali, fotografie, scansioni dell’iride, per un totale di oltre un miliardo di persone schedate. Partito in sordina nel 2009, Aadhaar, il programma di identificazione voluto da Nuova Delhi, possiede oggi il più grande database biometrico del mondo.
Celebrato dall’Economist come il più avanzato sistema di identificazione dopo quello dell’Estonia – ai cittadini viene rilasciato un documento d’identità elettronico con un codice di dodici cifre che consente l’accesso a una molteplicità di servizi, dalle cure mediche ai pagamenti senza carta di credito – per il governo indiano Aadhaar è la panacea a buona parte dei problemi posti dall’amministrazione del Paese. Sul versante opposto, i critici e le associazioni per i diritti lo vedono come una cavallo di Troia che porterà a una sorta di Grande Fratello indiano.
A rafforzare la posizione di chi critica Aadhaar è arrivata, allafine del mese scorso, una sentenza della Suprema Corte che per la prima volta ha riconosciuto la privacy come diritto fondamentale tutelato dalla costituzione indiana. I movimenti per i diritti chiedono che adesso i giudici chiariscano se Aadhaar violi o meno la privacy. Un passaggio rischioso. Se sarà riconosciuta la violazione il programmane uscirà ridimensionato, ma una eventuale sentenza sfavorevole segnerebbe una ulteriore accelerata per un sistema diventato via via sempre più invasivo. L’adesione a Aadhaar avviene infatti su base volontaria, ma oggi non esiste quasi servizio a cui si possa accedere se non si è iscritti: pagamento delle tasse, apertura di conti bancari, sussidi pubblici, pensioni, sanità, mense scolastiche, università, acquisto di biglietti online, nulla sfugge all’identificazione di massa.
Sul versante opposto, i fautori ricordano che l’introduzione di Aadhaar ha permesso a tantissime persone, soprattutto nelle fasce più povere (dove prima le nascite non venivano neanche denunciate), di accedere ai servizi pubblici di base, e allo Stato di effettuare notevoli rispanni, facendo emergere truffe e abusi (anche da parte di strutture pubbliche che richiedono fondi per servizi non forniti). Secondo i responsabili del programma nell’ultimo biennio il risparmio è stato di 8 miliardi di dollari. Più prudente la Banca Mondiale, che stimale minori uscite in circa un miliardo.