il Fatto Quotidiano, 16 settembre 2017
On. Nello, camerata gentiluomo e dirimpettaio di Pippo Baudo. Regionali in Sicilia: chi è Musumeci, il candidato del centrodestra che parte da favorito
Il fascismo tira ancora oggi e allora conviene chiarire subito il pensiero di Nello Musumeci sulla scivolosa questione: “Penso che il fascismo non sia il male assoluto. Il male assoluto è un valore teologico non un giudizio storico”. Non solo. Dietro la scrivania, Musumeci, ha una sua foto con Giorgio Almirante, repubblichino poi leader carismatico del fu Msi: “Uno dei miei figli si chiama Giorgio in suo onore”. Musumeci dixit.
Era il 2004, c’erano le elezioni europee e il cronista andò a Catania in via Caronda, nel centro della città. Lì al primo piano del palazzo al civico quattro c’era e c’è ancora la segreteria di Musumeci, attuale candidato presidente del centrodestra alle Regionali siciliane del 5 novembre. L’anticamera era gremita di persone, con pacchi di santini elettorali in mano. Uomini perlopiù, di ogni età. Ognuno in attesa del suo turno per parlare con l’“On. Nello Musumeci”, come inciso sulla targhetta.
In tempi di Porcellum e nominati, le segreterie dei parlamentari nazionali sono ormai anticaglia dimenticata. Laddove però il consenso si costruisce preferenza dopo preferenza sono sempre fondamentali. E in Sicilia più che altrove. Al punto che i candidati vengono “pesati” e divisi tra chi ha la segreteria e chi non ce l’ha. Una consuetudine tipicamente democristiana perpetuata anche nella Seconda Repubblica. Clientelismo e familismo? Raccomandazioni? L’eterno gattopardo italico, non solo siculo?
Rispose Musumeci: “La segreteria è un luogo di lavoro. Sono convinto che la gente abbia bisogno di parlare con i politici, per avere un punto di riferimento. Attenzione, però, non è clientelismo, perché se fai dieci favori scontenti altri mille, è inevitabile. Il clientelismo non è sano. Io piuttosto tra ciò che appare utile e ciò che appare giusto, scelgo il giusto. E trovo giusto intervenire anche per esigenze specifiche, come assistere un gruppo di giovani nella formazione di una cooperativa oppure stimolare un imprenditore alla ricerca di fondi strutturali”. Il consenso si costruisce anche così e il confine per smascherare l’atavica pratica clientelare è tutto nella sottile e barocca allo stesso tempo differenza tra utile e giusto.
In quell’anno, il 2004, c’erano appunto le elezioni europee e Musumeci venne eletto per la terza volta a Strasburgo, nella lista di Alleanza nazionale per le isole. Prese 116 mila e 372 preferenze e in Sicilia superò il capolista Gianfranco Fini. Anche per questo il leader della fu An non lo ha mai sopportato e, come ha scritto Pietrangelo Buttafuoco, quando scendeva in Sicilia e gli chiedevano di Musumeci lui, Fini, rispondeva sprezzante: “Musumeci chi?”. L’antifinismo dentro An e l’accentuata identità di destra spiegano perché da fulgido astro del centrodestra degli anni Novanta, “Musumeci chi?” sia poi retrocesso a semplice outsider senza un vero posto al sole.
Era infatti il 1994 quando Sebastiano Musumeci detto Nello, già missino, venne eletto presidente della Provincia di Catania. Al Comune c’era l’avversario Enzo Bianco ed entrambi condivisero l’impegnativa definizione di “Primavera di Catania”. Quattro anni dopo, Musumeci venne riconfermato a furor di voti, oltre 300 mila, ma la sua scalata al cielo si fermò lì. In ogni caso, da presidente della Provincia di Catania, e premiato da un altissimo gradimento, “Nello” si guadagnò la nomea di politico perbene, che gestì appalti senza prendere avvisi di garanzia e che amministrò senza rendere conto al proprio partito. Chissà allora cosa succederà se davvero diventerà governatore il prossimo 5 novembre. Sul suo variopinto carro elettorale c’è gran parte del peggiore passato del centrodestra siciliano: i forzisti di Gianfranco Micciché, i centristi di Lorenzo Cesa, gli autonomisti di Saverio Romano e Raffaele Lombardo. In queste settimane, vari sondaggi lo registrano come il presidente in pectore, più votato del grillino Cancelleri. Ma la battaglia elettorale s’inizierà a decidere solo al momento della presentazione delle liste. Più saranno forti e più il candidato presidente sostenuto sarà favorito. E Musumeci ne avrà almeno sei, di liste, compresa quella dei Fratelli d’Italia che andranno con Salvini.
È la terza volta che l’onorevole Musumeci – onorevole è appellativo che si riserva ai parlamentari dell’assemblea siciliana – corre per la massima carica della Regione. Lo ha già fatto nel 2006 e nel 2012, perdendo. Stavolta potrebbe andare diversamente. Il suo nome è stato imposto al riottoso Berlusconi da Fdi. Per Ignazio La Russa, scudiero di Giorgia Meloni, “Musumeci è un grillino competente”. Cioè un populista che studia e ha la testa al solito posto. In questi giorni di transumanza, preludio alla compilazione delle liste, il già antifiniano Musumeci è riuscito nel miracolo di riunire la diaspora di An: i citati Meloni e La Russa, poi Gasparri di Forza Italia, i sovranisti di Storace e Alemanno, finanche gli ex Fli Granata e Briguglio. Dopo An, l’aspirante governatore ha militato nella Destra storaciana, arrivando a fare il sottosegretario al Lavoro nel 2011, quando Berlusconi varò il rimpasto dei fatidici Responsabili. Oggi, Musumeci, è a capo di “Diventerà bellissima”, il movimento civico che ha fondato ispirandosi a Paolo Borsellino, uomo di destra, che disse: “Senza mafia, la Sicilia sarà una terra bellissima”.
Musumeci è di Militello, lo stesso paese di Pippo Baudo. I due sono dirimpettai. Ricordò nel 2004 Musumeci: “Baudo era figlioccio del gerarca locale Nicola Gulinello, medico galantuomo che dirigeva l’ospedale di Militello. La mamma di Pippo lo scelse come padrino al battesimo in segno di riconoscenza per aver salvato il figlioletto. Il parto, infatti, subì alcune complicazioni e la levatrice non era in grado di affrontarle. Così Gulinello, che stava celebrando la presa di Addis Abeba, era il giugno del 1936, accorse subito e fece nascere Pippo”. Poi “Pippo”, a differenza di “Nello”, divenne democristiano.