Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  settembre 16 Sabato calendario

Dominello: tutto Curva Sud, Andrea e Lapo. Dagli atti dell’inchiesta di Torino, i rapporti tra la famiglia e il presunto ’ndranghetista

“Questo signore che si chiama Rocco Dominello lei lo conosce?”. “Io so chi è Rocco Dominello, sì, mi è capitato di incontrarlo in qualche occasione”. Così il presidente della Juventus Andrea Agnelli rispondeva al giudice Giacomo Marson il 15 maggio scorso, nel corso del processo “Alto Piemonte” al tribunale di Torino. Era stato chiamato dagli avvocati difensori di Dominello, Ivano Chiesa e Domenico Putrino, per dimostrare che il loro cliente accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, poi condannato a sette anni e nove mesi, non fosse un malvivente.
Ora di fronte ai giudici, quelli della Figc, c’è il presidente della Juventus accusato di aver violato alcuni commi dell’articolo 12 del codice di giustizia sportiva sulla prevenzione dei fatti violenti: quelli sugli aiuti ai gruppi ultras, sulla vendita dei biglietti, sugli striscioni (come quello contro le vittime di Superga, entrato durante un derby) e sui “rapporti con esponenti e/o gruppi di sostenitori che non facciano parte di associazioni convenzionate con le società”. Rapporti non chiarissimi, stando all’inchiesta “Alto Piemonte”.
La Dda di Torino e la squadra mobile della polizia erano arrivati a Dominello indagando su alcuni presunti esponenti della ‘ndrangheta in Piemonte, quando – seguendo le tracce di Dominello Rocco e di suo padre Saverio, condannato a 12 anni – sono incappati in una serie di incontri e contatti con ultras e con alcuni dirigenti juventini, come il direttore Giuseppe Marotta, il responsabile della biglietteria Stefano Merulla e il security manager Alessandro D’Angelo (mai indagati, ma gli ultimi due coinvolti nel processo sportivo). Per i pm, i Dominello controllerebbero una parte del bagarinaggio gestito dai gruppi ultras in un accordo spartitorio deciso dalle organizzazioni criminali.
A introdurre Dominello negli ambienti è Fabio Germani, tifoso ben inserito tra i big della Juventus, assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Tramite lui il giovane presunto ‘ndranghetista conosce il responsabile della sicurezza della società: “È D’Angelo che mi inserisce” nella sede della Juventus, rivela Dominello nell’interrogatorio dopo l’arresto del 1° luglio 2016. E con D’Angelo e Germani va a incontrare Agnelli una prima volta: “Un’altra volta D’Angelo mi portò da Andrea Agnelli in piazza Cln alla Lamse (società di Agnelli, ndr). Da solo mi chiama, mi dice di andare in centro. No, poi dice: ‘Andiamo qua dal pres’”. Va nel suo ufficio e Agnelli – riferisce Dominello – gli parla di vendere agli ultras abbonamenti per non vendere più biglietti. In quell’interrogatorio parla a lungo di questo colloquio e poi sbotta: “Andrea Agnelli e tutto l’altro carro della Juve. Facciamo così: li voglio tutti in aula!”. E dice a un pm: “Io le giuro: se io sono colpevole sono colpevoli tutti, perché Andrea Agnelli parla di abbonamenti; perché Lapo Elkann a casa sua ai Navigli a Milano mi diceva: ‘Mio cugino capisce un c….’”. In aula Agnelli ci va il 15 maggio come testimone e il giudice Marson gli chiede dettagli sugli incontri con Dominello.
“A memoria saranno tre o quattro incontri. Confermo che è possibile aver conosciuto Rocco Dominello a una cena ad Asti. ‘Una cena’ è un po’ riduttivo, erano centinaia di persone in quell’occasione. Confermo che in occasione di un Natale, mi pare nel 2012 o 2013, è salito con Fabio Germani per consegnarmi un presente, si è fermato due o tre minuti in ufficio. Ricordo che è salito una volta a memoria presso i miei uffici della Lamse, posso escludere un altro incontro, ma direi che questo…”. Il presidente precisa: “Era sempre accompagnato, nel mio ufficio era sempre presente Alessandro D’Angelo, quindi gli incontri non sono mai avvenuti a due”.