Avvenire, 16 settembre 2017
Tunisia, le donne potranno sposare i non musulmani
Promessa presidenziale mantenuta. Da giovedì le donne tunisine possono sposarsi anche con dei non musulmani. Il ministro della Giustizia, Ghazi Jeribi, ha firmato una circolare che annulla la numero 216 del 5 novembre 1973. Nelle motivazioni il ministro scrive che la vecchia circolare è contraria agli articoli 201 e 41 della Costituzione tunisina, e anche agli accordi internazionali sottoscritti dalla Tunisia. Dunque, sulla base della nuova circolare, le donne tunisine potranno sposare d’ora in poi chi vorranno, indipendentemente dallareligione. Il provvedimento fa seguito al discorso pronunciato dal presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi il 13 agosto scorso, in occasione della Festa della donna, in cui annunciava di voler giungere all’uguaglianza assoluta dei sessi dettata dalla Costituzione, tramite una commissione di studio, assicurando l’uguaglianza uomo-donna nel diritto ereditario e, appunto, il matrimonio tra una tunisina e uno straniero non musulmano.
Cade così un altro ostacolo “sharaitico” alla pari dignità per l’uomo e la donna. Fino ad oggi, infatti, tali matrimoni erano possibili solo se l’uomo si convertiva all’islam davanti alle autorità musulmane, che rilasciavano un certificato da presentare allo stato civile tunisino. A favore del discorso del presidente si sono schierati sia l’Ufficio del Mufti della Repubblica sia la società liberale tunisina. Un “Manifesto per la parità” era anche apparso giovedì sul giornale locale Maghreb e sul quotidiano francese Libération, firmato da 200 donne, molte delle quali docenti universitarie, artiste o attiviste della società civile. Tunisine, ma anche algerine, marocchine, siriane, iraniane e di altre nazioni ancora. «Noi, firmatarie di questo manifesto – si legge –, abbiamo il dovere di sostenere questa iniziativa chi ci riguarda tutte. Dal momento che le società sono cambiate e che le donne giocano un ruolo sempre più grande, rifiutiamo che l’ingiustizia in nome delle religione continui a consacrare la loro inferiorità».
Se il partito Ennahda mantiene finora un imbarazzante silenzio, una secca bocciatura del provvedimento è giunta da diversi attivisti islamisti residenti all’estero, che hanno tacciato Essebsi di “apostasia” dall’islam. Ieri, il sito egiziano Almasry al-Youm ha invece scelto di ripubblicare la spiegazione data nel marzo 2016v dallo Shaykh di al-Azhar ai parlamentari tedeschi circa la non ammissibilità, nell’islam, del matrimonio tra una musulmana e un non musulmano. «L’islam – asseriva Ahmed al-Tayyeb – riconosce la profezia di Gesù e perciò prescrive all’uomo di consentire alla moglie cristiana di praticare il proprio culto e rispettarne la religione. Questo fa sì che tra i due possa sussistere l’amore. Il cristianesimo invece non riconosce la profezia di Maometto e quindi non prescrive all’uomo di permettere alla moglie di praticare l’islam e di rispettarne la religione. In questo modo l’amore si perde». La Tunisia – insieme al Marocco e alla Giordania in cui sono stati registrati di recente importanti passi positivi – si conferma all’avanguardia nel mondo arabo nel rispetto dei diritti della donna, oltre che un importante laboratorio degli altri valori internazionalmente riconosciuti: laicità rispettosa delle identità religiose, pluralismo politico e libertà di opinione. Le cifre dell’emancipazione parlano chiaro: le donne tunisine rappresentano il 30% della popolazione attiva, il 42% del mondo associativo (ci sono 140 associazioni femminili), il 44% delle forze dell’industria, il 25% dei magistrati, il 30% degli insegnanti nei licei, il 50% dei medici, il 30% dei farmacisti, il 30% dei giornalisti, il 55% degli studenti universitari.