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 2017  settembre 09 Sabato calendario

Intervista a Tommaso Paradiso

Con Riccione ha firmato il successo dell’estate. Dimostrando che i TheGiornalisti non sono solo quelli delle ballate romantiche (ma un po’ malinconiche sì, vedi il video pieno di nostalgia anni Novanta). «A me piace cambiare. È il pubblico intellettuale-indie, che crede che se uno si evolve
è un venduto, il freno del pianeta» dice netto Tommaso Paradiso, la voce del trio romano che come fanno i reporter, appunto, vorrebbe raccontare la quotidianità, la realtà della vita.
Per la collaborazione con Fabri Fibra e questa vostra svolta più pop siete stati molto attaccati...
Mi criticano per talmente tante cose ogni secondo, ogni giorno, con toni più accesi che
in politica o per questioni religiose e morali, che ormai non me ne faccio più niente. I social sono solo una grande «odiata» di massa. La gente non accetta il fatto che abbiamo successo.

Non vale il «bene o male purché se ne parli»?
Quello che mi conforta sono i dati reali.
Chi prova stima per noi non si esprime online, la dimostra venendo ai nostri concerti. Sono i numeri dei biglietti e dei dischi venduti che parlano.
Quando avete fatto il salto dai concerti nei locali indie al successo vero?
Con Completamente Sold Out. Ma tutte
le tappe intermedie sono state necessarie. Dopo
il secondo disco eravamo quasi spariti. Ho avuto momenti di grande sconforto, in cui passavo
la giornata sul divano a guardare la televisione, ma non ho mai pensato di lasciar perdere. E non per il solito discorso retorico del rialzarsi quando cadi... Semplicemente ho composto altre canzoni, che è una cosa che non posso fermare. Potrei smettere di cantare un giorno se questa vita diventasse troppo per me, ma non di scrivere.

E per il momento come se la cava con
la popolarità?
La musica è un lavoro molto emotivo, quindi i musicisti non è che siano proprio delle persone sane... Però quando da punk diventi professionista devi trovare un equilibrio. Non voglio diventare un robottino, perché altrimenti perderei le emozioni, ma allo stesso tempo devo cercare degli escamotage per restare in forma, lucido.
Ad esempio?
Vado a correre. Mi aiuta a restare concentrato a livello mentale, ad avere la forza di sostenere
un live, a fare una foto per Instagram in cui non sembro il peggio del peggio.
Quanto conta l’immagine social?
Per me i social sono soprattutto
un grandissimo antistress. Prima del live
al Palalottomatica di Roma, per dire, ho avuto
un attacco di panico incredibile, allora mi sono messo a fare una diretta Instagram chiedendo aiuto al pubblico: ho ricevuto così tanti messaggi incoraggianti che piano piano mi sono calmato.
A differenza di tanti ragazzini indie che
si mascherano con le giacche vintage del nonno,
io sono completamente me stesso.

Lo è sempre stato?
Ho sempre fatto canzoni d’amore, col cuore. Non mi sono mai rinchiuso in stereotipi. Se scrivo L’ultimo grido della notte è perché la sera prima sono uscito con una ragazza. Racconto quello che mi succede nella vita, arricchendo la realtà più cruda con delle «fotografie», un po’ comefa Paolo Sorrentino quando inserisce nei suoi film delle porzioni di regia pura.

È un appassionato di cinema?
Sì, è l’arte che mi emoziona di più. Guardo di tutto, dai «grandi padri» a Paolo Virzì, fino al cinepanettone, anzi per il prossimo film
di Natale di Fausto Brizzi sto pure scrivendo
la colonna sonora.

Apparirà anche sul grande schermo?
Magari una comparsata. Da ragazzino sognavo di fare l’attore, anzi il caratterista, quello che prendeva i cazzotti da Bud Spencer
o l’albergatore che dà la chiave della stanza alla protagonista. Mi hanno anche chiesto di fare qualche particina ma secondo me non sono bravo. Certo se chiamasse Sorrentino...