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 2017  settembre 15 Venerdì calendario

Mose, quattro anni a Matteoli. Assolto Orsoni

VENEZIA Condannato a quattro anni per corruzione il senatore di Forza Italia ed ex ministro Altero Matteoli, assolto per finanziamento illecito dei partiti l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni. È il verdetto del processo sulla corruzione del Mose (il sistema di paratoie mobili per difendere Venezia dall’acqua alta) che si è concluso ieri pomeriggio in tribunale a Venezia, dopo otto ore di camera di consiglio, con la lettura della sentenza da parte del presidente del Collegio, Stefano Manduzio. Il bilancio è di quattro condanne, per 12 anni di reclusione, e altrettante tra assoluzioni o prescrizioni dei reati.
La sentenza arriva alla soglia della prescrizione per molti degli episodi contestati agli imputati, ma nel piatto della bilancia vanno messi anche gli oltre 30 patteggiamenti successivi alla maxi retata del 4 giugno del 2014, tra i quali quello dell’ex doge Giancarlo Galan, a 2 anni e 10 mesi per corruzione. Per questo i pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, ieri affiancati in aula dal capo della procura veneziana Bruno Cherchi, si ritengono soddisfatti. Sono loro ad aver scoperchiato la mangiatoia sulla laguna tra frodi fiscali e fondi neri per milioni di euro realizzati dalle aziende del Consorzio Venezia Nuova (Cvn) concessionario in regime di monopolio per la realizzazione del Mose. Fondi neri che servivano per oliare nomine e incarichi, e assicurarsi gli stanziamenti, con controllori compiacenti a libro paga.
Un sistema nel quale, sostengono i pm, era meglio corrompere tutti, a livello nazionale e locale: non si sa mai come cambiano le maggioranze politiche. A spiegarlo, nei suoi interrogatori, è stato Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio, dominus e grande accusatore del processo, insieme a Piergiorgio Baita, ex ad della Mantovani (principale azionista del Consorzio) e Claudia Minutillo, ex segreteria di Galan. Mazzacurati è il grande corruttore che, preso atto che il suo mondo sta crollando, ricostruisce mazzette e regalie, comprese quelle all’ex ministro Matteoli. La condanna nei confronti del senatore di Forza Italia conferma il quadro probatorio della procura: quella di un politico, asservito a Mazzacurati, che manovrava le nomine e le assegnazioni dei fondi per le bonifiche della laguna e di Porto Marghera, ricevendo 550mila da Mazzacurati e pretendendo che i lavori per il disinquinamento di Porto Marghera venissero affidati al suo amico e compagno di partito a capo dell’impresa di costruzioni Socostramo, Erasmo Cinque, pure lui condannato a 4 anni per corruzione. Per entrambi il tribunale ha inoltre disposto una multa di 9,5 milioni di euro e l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
Il senatore Matteoli, ieri presente in tribunale come in quasi tutte le udienze, in una dichiarazione spontanea al collegio ha spiegato di “non aver mai ricevuto un euro” annunciando, dopo la sentenza, il ricorso in appello. Destino opposto per l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni. Nei suoi confronti il tribunale ha dichiarato la prescrizione dei finanziamenti in nero che per l’accusa avrebbe ottenuto da Mazzacurati tra febbraio e marzo del 2010 e l’assoluzione per gli ulteriore finanziamenti in bianco dalla aziende del Consorzio, per un totale di 400 mila euro. Il fatto non costituisce reato. Tra gli altri imputati, assolta con formula piena l’ex eurodeputata di Forza Italia Amalia Sartori (finanziamento illecito dei partiti), mentre in parte per assoluzione e in parte per prescrizione ne è uscita Maria Giovanna Piva (corruzione), già presidente del Magistrato alle acque.

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«L’arresto fu un abuso, il Pd chiese la mia testa ora dovrebbe scusarsi». Intervista a Giorgio Orsoni
VENEZIA «Quella della procura è stata un’aggressione mediatica nei confronti miei e della città. E finalmente il tribunale mi ha reso giustizia».
L’avvocato Giorgio Orsoni, ex sindaco di Venezia a capo di una giunta di centrosinistra dimessosi dopo l’arresto per finanziamento illecito ai partiti nello scandalo del Mose, ha atteso la sentenza seduto alla scrivania del suo studio, la famiglia al fianco. «L’ho aspettata qui, dove sono stato sempre negli ultimi anni», spiega. Lasciandosi andare poi a una battuta che scioglie la tensione di un’attesa nervosa durata tutta la giornata: «Mi ha telefonato un amico da Berlino che mi ha detto di aver appena incontrato un giudice: sì, c’è un giudice a Berlino, perché io non ho mai preso soldi».
Orsoni, come ha reagito alla notizia dell’assoluzione?
«Come vuole che l’abbia presa: certo, sono felice dell’esito anche se la sentenza non mi soddisfa del tutto, perché per una parte delle imputazioni c’è l’assoluzione mentre per l’altra c’è la prescrizione. Resta però la grande tristezza e grande amarezza per quello che è successo il 4 giugno di tre anni fa».
Quello fu il giorno della maxi retata e lei finì agli arresti domiciliari...
«Io credo che sia stato un abuso vero e proprio della procura, un’aggressione fatta a me e alla cittàe».
Qualche giorno dopo il Pd la scaricò e le chiese di dimettersi. Tre anni dopo pensa che qualcuno dovrebbe chiederle scusa?
«Le scuse non si chiedono, al limite si porgono. Mi lasci dire, però, che bisognerebbe dare un calcio politico a chi decise di darlo a me».
Si riferisce alla vice segretaria del Pd Debora Serracchiani che dichiarò che a Venezia non c’erano più le condizioni per andare avanti con la sua giunta?
«No, mi riferisco a qualcuno che sta più in alto».
A Matteo Renzi?
«Guardi, basta leggere le cronache di quei giorni per capire a chi mi riferisco...».
Lei ritiene che, con queste quattro assoluzioni, l’inchiesta del Mose ne esca azzoppata?
«No, questo non lo credo. Ne esce sconfitto però il tentativo della procura di coinvolgermi in questa vicenda cui il tribunale, con questa sentenza, ha reso giustizia. Quella del 4 giugno è stata una operazione mediatica, c’era la Biennale, a Venezia c’era la stampa di tutto il mondo. Sapevano che con l’arresto del sindaco di Venezia la notizia avrebbe fatto il giro del mondo, sarebbe stata pubblicata da tutti i giornali, come poi è avvenuto. Lo scandalo del Mose è una vicenda tutta romana con diramazioni regionali. Mi hanno voluto tirare in mezzo».
Ma chi avrebbe voluto tirarla in mezzo, e perché?
«Per capirlo bisognerebbe leggersi le migliaia di carte del processo».
È stato l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati, uno dei grandi accusatori, a dichiarare di averle fatto consegnare i soldi per la campagna elettorale. Si riferisce a lui?
«A lui e tanti altri, ma ora non voglio fare nomi. Da sindaco stavo cominciando a mettere in crisi un sistema rodato e nei miei confronti c’era voglia di rivalsa».
Tornerà a fare politica?
«Io non ho mai fatto politica, mi sono soltanto messo a disposizione di Venezia. Non credo che succederà più».