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 2017  settembre 14 Giovedì calendario

Naoshima, l’isola dell’arte

Grattacieli, luci al neon e alta tecnologia. È l’immagine diffusa del Giappone moderno. Una raffigurazione che però esclude tante sfaccettature e contraddizioni di un Paese in bilico tra modernità e tradizione, dove oasi dall’atmosfera antica e spirituale convivono con città frenetiche e abbaglianti. E alla ricerca di una soluzione al dilemma, nel cuore del Sol Levante si è delineata una singolare alternativa, tutta incentrata sull’arte contemporanea. 
Si tratta di Naoshima, un’isola remota nel Mare Interno di Seto, trasformata dalla Benesse Holdings e dalla Fukutake Foundation in un museo a cielo aperto. Con l’intento di dar vita a un luogo speciale in cui arte e architettura sono in risonanza con un paesaggio ricco di storia e tradizione. Facendo in modo, tra l’altro, che a beneficiare di questa iniziativa sia anche la comunità locale. 
VISIONI
La storia inizia nel 1989 con l’incontro di due visioni: quella dell’imprenditore Tetsuhiko Fukutake, animato dal desiderio di costruire un luogo d’incontro per i bambini di ogni nazione, e Chikatsugu Miyake, il futuro sindaco dell’isola con il sogno di rivitalizzare il territorio trasformandolo in un distretto culturale. Da allora il Benesse Art Site Naoshima si è notevolmente sviluppato e oggi comprende spazi espositivi, strutture ricettive e la rielaborazione artistica di alcune case tradizionali.
Il nucleo del progetto si condensa nel Benesse House: un museo che ospita un elegante albergo, o viceversa. La struttura è composta da più edifici, tutti firmati dal pluripremiato architetto giapponese Tadao Ando, in una sorprendente compenetrazione tra arte, natura e architettura. Gli ospiti possono sorseggiare un aperitivo a pochi passi da Pumpkin, la zucca gialla a pois neri di Yayoi Kusama, oppure cenare attorniati dai Flowers di Andy Warhol. Un modo di vivere l’arte quanto mai informale e diretto. 
E i grandi nomi esposti sono tanti: da Jannis Kounellis a Yves Klein, da Hiroshi Sugimoto a Bruce Nauman. Spesso le opere sono state concepite appositamente per Naoshima e realizzate in uno spazio che non si esaurisce all’interno del museo ma comprende l’intera isola. Così i turisti parco e museo durante il giorno sono aperti a tutti sono invitati a sperimentare una singolare caccia al tesoro in un susseguirsi di stupore e scoperta tra una fotografia appesa a uno scoglio e il relitto di una barca forato a pois.
STRUTTURE
Poco distante si trovano altri due musei: il Lee Ufan, dedicato all’artista coreano maestro del post-minimalismo, e lo splendido Chichu Art Museum. Quest’ultimo, vero capolavoro dell’archistar Ando, è interamente costruito sotto terra eppure illuminato in ogni sala dalla luce naturale. L’edificio è stato disegnato intorno alle opere, allo scopo di amplificare al massimo la resa artistica e permettere al visitatore di vivere un’immersione sensoriale al suo interno. Ed effettivamente, dalla ricostruzione dello stagno ispirato alle ninfee di Monet, alle istallazioni percettive di James Turrell, l’arte si trasforma in un’esperienza vissuta e percepita con tutto il corpo.
Sull’altro versante dell’isola, tra le strade di Honmura, si trova l’Art House Project: un esperimento che ha coinvolto alcune abitazioni tradizionali in rovina, ristrutturate e rielaborate da diversi artisti. Così all’interno di un guscio antico, si disvela l’arte contemporanea, in un dialogo armonioso tra passato e presente. Queste case all’apparenza non sono così diverse da quelle dei residenti, e nella loro ricerca è piacevole perdersi tra le strette vie del paesino e assaporarne il ritmo pacato della quotidianità. 
CONFINI
Il progetto negli ultimi anni ha varcato i confini di Naoshima, coinvolgendo l’intera regione, con l’istituzione della Setouchi Triennale. A promuoverne lo sviluppo è oggi il figlio di Tetsuhiko Fukutake, Soichiro, presidente della fondazione. Lui, cresciuto a Tokyo, ha presto iniziato a nutrire dubbi su urbanizzazione e modernizzazione del Giappone: «Una civiltà l’ha definita che si espande creando continuamente cose nuove a discapito dell’esistente. Io credo invece si debba optare per un tipo di cultura improntata alla crescita sostenibile, usando quello che c’è per creare ciò che sarà». Ed è per questo che ha deciso di promuovere il progetto proprio in questo territorio, custode tutt’oggi del primigenio paesaggio giapponese. Un paesaggio, lontano da luci e grattacieli, che ha dimostrato di poter accogliere la modernità senza snaturare se stesso.