la Repubblica, 14 settembre 2017
Mastella: «Io incastrato dai servizi segreti»
BENEVENTO. «Sono stato umiliato, trattato come il nipote di Belzebù. Spero che arrivino le scuse dal governo degli Stati Uniti: tre anni fa mi impedirono di imbarcarmi pur non avendo il visto, solo perché ero indagato. Ho subito anche questo». La grinta è quella di sempre, ma oltre 9 anni di processo lasciano cicatrici che neppure un’assoluzione riesce a cancellare. «Io ho avuto un infarto, miei figli e la mia famiglia hanno pagato un prezzo altissimo», dice Clemente Mastella e gli occhi si fanno lucidi per la commozione mentre ripercorre la vicenda giudiziaria, umana e politica che lo costrinse alle dimissioni da Guardasigilli. Anche la moglie Sandra piange quando sottolinea: «Siamo riusciti a resistere grazie alla grande unità della famiglia. E questo non è scontato».
Quell’inchiesta, esplosa nel gennaio 2008, fa parte della storia recente d’Italia, così a processo finito Mastella, oggi sindaco di Benevento, si toglie qualche sassolino. «Credo che dietro non ci siano i giudici, ma i servizi. I cronisti ricevettero delle mie intercettazioni a Napoli da uno della prefettura», sostiene citando un episodio riferito dall’ex direttore del Tg1 Marcello Sorgi. Quando finì agli arresti domiciliari, la moglie Sandra Lonardo era presidente del Consiglio regionale della Campania. Romano Prodi era per la seconda a volta a Palazzo Chigi e aveva designato l’allora leader dell’Udeur come ministro della Giustizia. Il giorno dell’arresto della moglie, Mastella lasciò via Arenula. «Nessun collega mi espresse solidarietà. Rimasi solo. Solo Vannino Chiti mi fu vicino al Senato», ricorda. Ma secondo l’ex ministro non fu l’inchiesta a determinare sulla fine di quell’esecutivo: «Per Prodi è comodo dire che il governo cadde per colpa mia. Se fosse sincero, dovrebbe dire che ci fu una strategia portata avanti da Veltroni. Così però metterebbe in crisi l’Ulivo e tutta la stagione successiva, io ero parte lesa».
Adesso Mastella chiede alla politica di mettere mano a una riforma della legge Severino, definita «balorda indegna e vergognosa. Un obbrobrio della democrazia. E qui non stiamo difendendo ladri o farabutti, bisogna stabilire un criterio». Un tema caro a Silvio Berlusconi, che lo chiama per esprimergli solidarietà mentre è ancora in via Teulada per partecipare a Porta a Porta.
Da Wikipedia, Mastella vuole la cancellazione «delle fake news che mi riguardano». Ieri mattina ha sciolto un voto ringraziando la Madonna delle Grazie a Benevento. Per il futuro però l’ex ministro esclude di voler tornare in Parlamento: «Resto a fare il sindaco a Benevento», assicura. Ma continuerà a fare politica. «Un politico a tutto tondo non muore quadro». E dopo le lacrime, spunta un sorriso.
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Un processo labirinto tra udienze senza fine e testimoni non ascoltati
NAPOLI L’inchiesta è iniziata a Santa Maria Capua Vetere, un filone è finito a Benevento, altri due a Napoli. Sulle intercettazioni si è pronunciata la Corte Costituzionale, sull’ipotesi di associazione per delinquere è intervenuta la Cassazione. Più che a un processo, il caso giudiziario innescato dall’inchiesta che nel 2008 portò alle dimissioni dell’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella rassomiglia a un labirinto.
Il filone principale si è concluso martedì sera con l’assoluzione in primo grado di tutti gli imputati, dopo più di sette anni e cinquanta udienze. La macchina si è inceppata in diversi ingranaggi, mai però per attività delatorie di Mastella o degli altri imputati. Anzi, sottolinea il professor Alfonso Furgiuele, che ha difeso l’ex Guardasigilli, la moglie Sandra Lonardo e anche un altro degli imputati assolti con formula piena, l’ex assessore regionale Andrea Abbamonte, «la difesa non ha mai chiesto rinvii per impedimento degli avvocati né dei nostri assistiti» e ha prestato il consenso all’utilizzabilità degli atti già raccolti, anche quando avrebbe potuto rifiutarlo, «proprio perché volevamo un processo rapido». Ma allora perché tanti anni per una sentenza? «Oggi ne parliamo perché ci è andato di mezzo Mastella, ma capita tutti i giorni», avverte Furgiuele. E aggiunge: «Troppo spesso manca il filtro a monte: basti pensare che Antonio Bassolino, vittima della presunta tentata concussione contestata a Mastella, non è mai stato inserito nella lista testi della Procura. È stato sentito per la prima volta in aula solo il 17 gennaio scorso e su richiesta della difesa. Se fosse stato ascoltato subito, questa storia si sarebbe chiusa dieci anni fa».
Riavvolgendo il nastro, è dal 16 gennaio 2008, che bisogna ripartire. Sandra Lonardo, in quel momento presidente del Consiglio regionale della Campania nonché moglie del Guardasigilli, finisce agli arresti domiciliari e con lei altri esponenti dell’Udeur, il partito fondato dal leader di Ceppaloni. L’impianto cautelare viene confermato dal Riesame e in Cassazione.
Gli atti vengono poi trasmessi per competenza territoriale a Napoli, dove l’indagine prosegue e produce un altro capitolo, riguardante le nomine all’agenzia regionale Arpac, in cui viene ipotizzata anche l’associazione per delinquere. Il 26 ottobre 2009, il primo gruppo di imputati viene rinviato a giudizio. Prima udienza, il 15 febbraio 2010. C’è Sandra Lonardo, non ancora Clemente Mastella. La posizione dell’ex ministro infatti rimane “congelata” in attesa delle valutazioni della Consulta sulla utilizzabilità delle intercettazioni “indirette” dell’indagato, all’epoca dei fatti anche senatore. Intanto il dibattimento è già iniziato. Tutti gli imputati sono a piede libero e questo, in un tribunale come quello di Napoli, allunga i tempi. In più, l’istruttoria è complessa. Il solo interrogatorio di un verbalizzante occupa tre udienze. Ci sono le intercettazioni da trascrivere. In un paio di occasioni cambia il collegio giudicante. A dicembre 2013, la sua posizione di Mastella viene riunita a quella degli altri. Ma per il verdetto bisogna aspettare ancora. «Nove anni sono tantissimi, ci sono vite stravolte che non interessano a nessuno», sottolinea l’avvocato Carlo De Stavola, che ha difeso l’ex consigliere regionale Ferdinando Errico, assolto anche lui.
E potrebbe non essere ancora finita, perché all’attenzione del pm di Napoli c’è ancora l’ipotesi di associazione per delinquere configurata nei confronti di Mastella e di altri ex esponenti dell’Udeur. In udienza preliminare, il gup aveva prosciolto tutti da questa accusa. La Procura fece ricorso in Cassazione, la Suprema Corte annullò il proscioglimento e un diverso gup rinviò a giudizio. Il tribunale però ravvisò l’indeterminatezza del capo di imputazione e restituì gli atti al pm che fece ricorso per Cassazione. Il 26 giugno scorso, gli ermellini hanno ritenuto inammissibile il ricorso. Ora tocca alla Procura decidere. Ma intanto i protagonisti di quel filone, argomenta Furgiuele, «sono stati già tutti assolti dai reati scopo. Non si è mai vista un’associazione per delinquere che non commette delitti. Almeno su questo, spero, siamo tutti d’accordo».
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“Tutti assolti? Vicenda che non interessa più nessuno”. Intervista a Mariano Maffei
NAPOLI Il video che lo ritrae attorniato da cronisti e telecamere è ancora on line. «Ma state registrando?», chiedeva Mariano Maffei, procuratore di Santa Maria Capua Vetere in quel convulso gennaio 2008 mentre i filmati facevano il giro d’Italia. «Quel magistrato che nelle immagini appariva ridicolo deve vedersela con la sua coscienza», lo attacca Clemente Mastella, pur senza nominarlo, dopo l’assoluzione. «Ci sono condanne al risarcimento del danno nei confronti di giornalisti che realizzarono interviste e servizi con l’intento di ridicolizzarmi. E poi, sono passati tanti anni, non ne voglio parlare. Non so proprio a chi ancora possano interessare queste vicende», replica il magistrato, che nel frattempo è andato in pensione ma non cambia idea sulle scelte che ispirarono quell’indagine. «Ho fatto sempre il mio dovere con coscienza, in quella occasione come in tutte le altre».
Che effetto le fa vedere i protagonisti di quella indagine sono stati tutti assolti, procuratore Maffei?
«È la dialettica processuale. Il giudice è sovrano. Ricordo solo che la richiesta di misura cautelare, dopo essere stata accolta dal giudice, fu confermata anche dalla Cassazione».
Non sono troppi nove anni per una sentenza di primo grado?
«Questo non lo deve chiedere a me. Il giudice stabilì che la competenza era di Napoli. Noi abbiamo doverosamente trasmesso gli atti. Quello che è successo dopo riguarda altri uffici».
D’accordo, però Mastella fu costretto a lasciare la poltrona di Guardasigilli per un’accusa che non ha retto al vaglio dibattimentale.
«La Procura di Santa Maria non ha mai proceduto nei confronti di Mastella».
Non è stata un’esagerazione dipingere un intero partito, l’Udeur, come un’associazione a delinquere?
«Non abbiamo mai pensato, come pure qualcuno ha sostenuto, di accusare un intero partito di associazione per delinquere. Abbiamo ipotizzato quel reato nei confronti di alcuni esponenti di quel partito. Il fatto che fossero molti o pochi oppure le conseguenze per il partito e per il governo non possono essere addebitate alle indagini».