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 2017  settembre 14 Giovedì calendario

L’amaca

Lo Ius soli sarebbe (sarebbe stato?) il logico supporto politico del decreto Minniti. Non il suo correttivo ma il suo completamento: più regole, dunque più diritti. Più controlli, dunque più diritti. Più doveri, dunque più diritti. Più difficile entrare, ma più facile essere integrati. Senza lo Ius soli rimangono più regole, più controlli, più doveri, ma viene negato il più ovvio dei diritti, che è riconoscere a ottocentomila giovani italiani di fatto un’italianità anche di diritto, in modo che i conduttori di Miss Italia non possano più chiamare senegalese (che non è un insulto, ma uno spiacevole errore) una ragazza italiana di padre africano.
A parte i nostri (non così pochi) suprematisti da tastiera e i loro sconci ispiratori politici e giornalistici, non c’è persona di buon senso che non capisca che l’esclusione di queste persone da una comunità della quale sono già naturalmente parte non può che alimentare sentimenti di esclusione e di estraneità. Se fossi un reclutatore dell’Isis sarei entusiasta del naufragio dello Ius soli. Non essendolo, mi sento il malinconico cittadino di un Paese bacucco che ha trovato un’ulteriore maniera di sbattere la porta in faccia ai suoi giovani.