La Stampa, 12 settembre 2017
Quei destini incrociati che per 70 anni hanno guidato il capitalismo italiano
Pensavo vi occupaste di cronaca e non di storia, scherza un banchiere d’investimenti che della finanza milanese del secolo passato ha letto solo sui libri. Il fatto è che se un legame lungo settant’anni, sopravvissuto a passaggi generazionali, giravolte strategiche e cambi di proprietà si rompe, dalla storia si torna alla cronaca e tocca occuparsene. Anche perché senza Mediobanca e Pirelli, espressioni come «salotto buono» o «capitalismo di relazione», categorie che per decenni hanno descritto e rappresentato l’intera finanza italiana, probabilmente non esisterebbero affatto.
Il primo scontro
Basti dire che il primo vero scontro registrato tra i due gruppi è dell’aprile del 2007. Sessanta anni dopo l’inizio dei rapporti tra la banca e l’industria dei pneumatici. Era in gioco il futuro di Telecom e autorevoli commentatori parlarono, già allora, di uno «spartiacque nella storia della finanza italiana». Perché mai era successo, dal 1947 in avanti, che i destini e gli interessi di Pirelli e Mediobanca non fossero, più che convergenti, saldamente intrecciati. L’una non poteva essere senza l’altra, dal primo prestito fatto dalla neonata Mediobanca alla Pirelli della ricostruzione postbellica, nel 1947. Un legame che passava dal sostegno finanziario che Mediobanca assicurava all’industria dei pneumatici all’appoggio strategico che la seconda non aveva mai fatto mancare al management della banca.
La prima partecipazione diretta che Mediobanca assume in una impresa industriale è quella nella Pirelli & C, nel 1958. Nel primo patto di sindacato di Mediobanca c’è Pirelli. Il primo rappresentante delle grandi dinastie industriali nel consiglio dell’istituto è Leopoldo Pirelli. È Pirelli il più convinto sostenitore della privatizzazione di Mediobanca, ed è Mediobanca che salva Pirelli quando a metà anni ’70 Bruni Tedeschi di Ceat tenta la scalata e ancora quando il gruppo milanese esce con le ossa rotte dalla fallita scalata ai tedeschi di Continental.
Titoli di coda
Con l’uscita di scena tanto di Leopoldo che di Enrico Cuccia, legati da un fortissimo rapporto di stima e di affari, il legame resta saldo. Nel «salotto buono» di quella che allora era ancora via Filodrammatici arriva Marco Trochetti Provera, ma nulla cambia. Né cambia quando Alberto Nagel prende il posto di Vincenzo Maranghi alla guida di Mediobanca.
Lo scontro del 2007 tra Mediobanca e Pirelli – il primo del quale si abbia notizia certa, al di là delle ricostruzioni spesso discordanti dei protagonisti – sul futuro di Telecom viene sanato qualche settimana dopo. Passa la soluzione «di sistema», preferita dal governo e garantita da Mediobanca. Gli americani di At&t, voluti da Tronchetti, escono di scena ma poco cambia nei rapporti tra i due gruppi. Anche quando – nel 2015 – a controllare Pirelli arrivano i cinesi di ChemChina l’intreccio azionario non si scioglie.
Nel frattempo però la Mediobanca di Cuccia e la Pirelli di Leopoldo sono materiale per i libri di storia. Così come sono storia i vari salotti e salottini più o meno buoni, cancellati dai tanti cambiamenti fatti dal mondo intorno a loro. Ma mancava ancora un passaggio prima della parola fine in questo lungo capitolo della finanza italiana. E con l’uscita di Pirelli da Mediobanca possono scorrere i titoli di coda.