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 2017  settembre 12 Martedì calendario

Intervista a Daniele Lupo: «Col beach stiamo vincendo tutto ma c’è chi lo chiama sport minore». In coppia con Nicolai, è campione italiano, europeo ed è arrivato terzo ai Mondiali

L’aereo da Catania atterra puntuale allo scalo di Fiumicino. Le prime nuvole che si addensano in cielo fanno calare il sipario su una estate di successi. “Ci vuole uno stacco dopo la tensione di queste settimane”, ci spiega Daniele Lupo quando lo incontriamo. In neanche un mese lui e Paolo Nicolai – la coppia dello sport italiano più titolata – hanno vinto il campionato europeo, si sono classificati terzi ai mondiali e, dulcis in fundo, hanno acciuffato il titolo italiano. Parliamo di beach volley, ovviamente, disciplina dove la coppia primeggia oramai da tempo. E così sono diciannove i podi conquistati nel circuito internazionale, tra cui l’argento olimpico a Rio 2016. “Ci siamo, ci siamo” scherza Lupo riferendosi al World Tour disputatosi ad agosto, “la semifinale i brasiliani l’hanno vinta sul filo di lana, il prossimo mondiale è nostro!”.
Nato nel 1991, Daniele è un singolare “figlio d’arte”: “Mio padre e mio nonno giocavano a beach volley a Fregene quando ancora nessuno praticava questo sport. In un certo senso sono stati precursori del professionismo”. È forse anche per questo che oggi il duo Lupo-Nicolai rappresenta il segreto di una disciplina che nel nostro Paese cresce di anno in anno.
A ventisei anni ha vinto quasi tutto, dove vuole arrivare?
Mi basterebbe essere il più forte giocatore al mondo!
Mica male, quanti ne ha davanti?
Intanto devo battere me stesso, superare i miei limiti…
Quali?
Sono molto testardo. Nello sport è anche un pregio per non mollare mai. Quando mi metto in testa una cosa vado fino in fondo. Ma è un aspetto del carattere che ha anche delle controindicazioni, che talvolta offuscano la lucidità.
Nicolai è come lei?
Meno testone ma è un vincente.
Insomma, il compagno di gioco ideale…
La cosa bella di questo sport è che puoi decidere di competere insieme con un giocatore non imposto dall’“alto”. Certo, quando fai una scelta poi ti assumi la responsabilità dei risultati: se la coppia non funziona ne paghi direttamente le conseguenze.
A voi è andata bene…
Sì, perché Paolo non è solo un compagno di gioco, è un fratello, un confidente. Ci frequentiamo con altri amici anche fuori dagli allenamenti.
Non vi siete mai presi a pallonate?
No, solo discussioni propositive per superare gli ostacoli e vincere. Ci basta uno sguardo per capirci, credo che siamo un esempio unico nel panorama mondiale. Forse è anche questo il segreto del nostro successo.
Tra le sue prime vittorie c’è stata anche quella contro un tumore…
Sì, è vero. Ho avuto paura, ma ormai è una storia lontana. Nel male c’è sempre il risvolto positivo, soprattutto quando si è giovanissimi e si ha tutta la vita, oltre che carriera, davanti. Quell’esperienza mi ha insegnato ad affrontare ogni sfida senza timore. Io gioco solo per vincere, e non per denaro come qualcuno ha scritto dopo l’argento di Rio.
A proposito di denaro, se le dico che il passaggio di Neymar al Psg è costato oltre mezzo miliardo di euro?
Beh, quei soldi noi del beach volley ce li sogniamo! È pur vero che il calcio appassiona milioni di persone al mondo, più di qualsiasi altro sport. È seguito ovunque, è giusto quindi che i campioni guadagnino molto bene. Ma nessuna invidia.
Quindi basterebbe che il beach volley avesse più visibilità…
Certo. Purtroppo gli sport minori in Italia rischiano di rimanere tali. Ed è un peccato. Senza nulla togliere al pallone, ci sono molte discipline in cui gli atleti nostrani non hanno rivali, ma pochi lo sanno. Il Coni ci rispetta molto, ma non basta, è un discorso più di sistema.
Un obiettivo su tutti?
Io ho da sempre due passioni: il beach volley e i Manga giapponesi…
Ho capito, la medaglia d’oro a Tokio 2020…
Esatto! E ce la faremo anche lì…