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 2017  settembre 09 Sabato calendario

Addio Bergé, con Saint Laurent rivoluzionò la moda francese

Ha vissuto sempre come voleva. E non è poco. Ieri si è spento Pierre Bergé, a 86 anni. Compagno e socio in affari di Yves Saint Laurent, ma non solo: uomo dalle mille vite, imprenditore e collezionista d’arte, con tante insane passioni, dalla politica (di sinistra) ai media. Generoso, scorbutico a tratti, mai ipocrita, Bergé è il riflesso di una certa Francia, irrimediabilmente libera. Diceva: «Oggi è meglio di domani e domani sarà meglio di oggi». Da tempo malato di miopatia, macinava ancora un progetto dietro l’altro. E guidava il suo elicottero personale.
Era nato il 14 novembre 1930 in un’isoletta dell’Atlantico (Oléron). La madre era maestra, pacifista e ossessionata dal metodo Montessori. A 18 anni, a La Rochelle, si presentò alla maturità. Letto il titolo del tema disse: «Non mi interessa proprio». Se ne andò: non si è mai diplomato. Scappò a Parigi, dove voleva vivere in pace la sua omosessualità (e a quei tempi non era facile). Iniziò a lavorare: scovava libri antichi per una libreria di rue de Seine. Aveva gusto e il fiuto degli affari. Ballava bene e nei locali di Saint-Germain conobbe Albert Camus e Jean Cocteau. Si innamorò di un pittore, Bernard Buffet. Gli faceva da agente. E Buffet divenne presto famosissimo. La coppia girava in Rolls, con autista in livrea, perché Pierre aveva un po’ il sogno provinciale di una vita nel lusso.
Otto anni dopo li invitarono alla prima sfilata di un certo Yves Saint Laurent (aveva appena 21 anni), diventato direttore artistico della maison Christian Dior, dopo la morte improvvisa dello stilista. Fu un colpo di fulmine. Bergé non sapeva nulla di haute couture, ma convinse Saint Laurent a mettersi in proprio: «Tu metti il talento, al resto penso io». Negli Anni 60 capì fra i primi che bisognava diversificare e internazionalizzarsi. Già nel 1966, aprì la prima boutique di prêt-à-porter. Intanto, riempivano le case di opere d’arte. Uscivano tutte le sere e il debole Yves cadde nel vortice delle dipendenze, droghe e sesso a volontà. Il 3 marzo 1976 Bergé abbandonò il loro mitico appartamento di rue de Babylone, per trasferirsi all’Hotel Lutetia. Ma non abbandonò mai Saint Laurent, pronto a raccattarlo chissà dove.
Nel 1993 vendette il loro gruppo. E spuntò abilmente un prezzo sopra la valutazione di mercato. Dopo la morte di Yves (nel 2008) ha messo all’asta la loro incredibile collezione d’arte. Ricco, ricchissimo fino alla fine Monsieur Bergé. Ma tutti quei soldi, per farci cosa? Appassionato di politica, ha sostenuto François Mitterrand. Ségolène Royal fece la sua campagna, da un bellissimo appartamento sulla Rive Gauche: era Pierre a pagare l’affitto. Ha finanziato pure Emmanuel Macron. Si è impegnato nelle battaglie più diverse, contro il razzismo o l’Aids (chi ha prodotto 120 battiti al minuto , film ora nelle sale francesi sull’argomento? Lui, ovviamente). Quando nel 2011 Le Monde stava per fare bancarotta, fu Pierre a tirare fuori il libretto degli assegni. Questo non gli impediva di tuonare via twitter contro gli articoli che non gli piacevano. Ieri Jérôme Fenoglio, direttore del giornale, ha riconosciuto che «ha salvato Le Monde dalla scomparsa, senza la speranza di guadagnarci qualcosa». Libero di fare quello che voleva con i propri soldi. Libero sempre.