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 2017  settembre 09 Sabato calendario

«Gay o etero? Basta una fotografia». L’intelligenza artificiale che fa scandalo

ROMA «Avremmo preferito un esito negativo. Sarebbe stato un problema in meno per l’umanità. Sappiamo bene che le implicazioni sono profonde ora che un algoritmo può capire l’orientamento sessuale di una persona partendo da una foto». Così il dottor Michal Kosinski, della prestigiosa Stanford University, commentando la sua ultima ricerca appena pubblicata dal Journal of Personality and Social Psychology condotta assieme al collega Yilun Wang. Il titolo è semplice, chiaro, brutale: “Le reti neurali possono stabilire l’orientamento sessuale partendo dai volti” (Deep neural network can detect sexual orientation from faces). Significa che un’intelligenza artificiale ha trovato il modo di distinguere se una persona è omo o eterosessuale semplicemente analizzando un’immagine. Cesare Lombroso, nella tomba, si starà già sfregando le mani. «Siamo i primi ad esser turbati dai risultati», prosegue Kosinski. «Abbiamo discusso a lungo se renderli noti. Ma sia gli Stati sia le multinazionali già usano strumenti simili». Come dire: se il governo saudita, che punisce l’omosessualità con la pena capitale, dovesse sfruttare gli algoritmi per scovare i gay non è certo colpa sua.
Il gruppo di ricerca, pescando nel mare magnum del web, dei social network e soprattutto delle app per cuori solitari, ha selezionato 130 mila foto di 36 mila uomini e 170 mila che ritraggono 38 mila donne. Da queste ha poi scelte 35 mila immagini. Gay e eterosessuali sono suddivisi in egual misura, il 53 per cento dei quali uomini. Tutti i soggetti hanno fra i 18 e i 40 anni e vivono negli Stati Uniti. Le foto sono state analizzate dall’intelligenza artificiale in cerca di denominatori comuni partendo dal presupposto che sui siti di appuntamenti non si mente sui propri gusti in fatto di tipologia di partner preferito. A quanto pare la rete neurale è riuscita a individuare gli omosessuali con un margine di successo dell’81 per cento per gli uomini e del 74 per cento nel caso delle donne. Avendo a disposizione non una ma cinque foto, si sale rispettivamente al 91 e all’83 per cento. Fantascienza per noi comuni mortali che non andiamo oltre il 60 per cento.
«L’idea di riuscire a trovare un metodo per individuare una minoranza come quella dei gay è una costante, perfino in ambito scientifico», spiega Emmanuele Jannini, ordinario della cattedra di Sessuologia medica a Tor Vergata. «Del resto il nostro cervello la prima cosa che fa quando incontriamo una persona è stabilire in una frazione di secondo il genere. Il secondo passo è capire se ci piace o meno quella persona e che tipo di orientamento potrebbe avere. Da tanto si cerca un sistema che possa replicare artificialmente questa funzione e lo studio americano sarebbe il primo ad aver ottenuto questo risultato». La ricerca proverebbe anche, implicitamente, la teoria secondo la quale l’omosessualità è geneticamente determinata dal percorso della vita fetale. E proverebbe che la femminilizzazione del volto sarebbe un segno inequivocabile. «Io però non me ne sono mai accorto», commenta Jannini. «E faccio questo lavoro dal 1988».
Nel cinema ci sono attori che hanno costruito la propria carriera da caratterista grazie ad un volto da farabutto, padre di famiglia, matrigna, brava ragazza. La fisiognomica lombrosiana quindi è parte della nostra vita. Ma quel che Kosinski intende sostenere è che le macchine, adeguatamente addestrate, sono più brave di noi a distinguere e per dimostralo ha scelto un tema che sapeva avrebbe attirato l’attenzione e sollevato polemiche. Ha perfino preparato un testo in forma di domanda e risposta dove replica alle critiche che immaginava sarebbero piovute. Sul suo sito spiccano le varie apparizioni sui media nel corso degli anni, i moduli per sottoporre richieste di interventi a convegni o interviste televisive, con tanto di foto in alta risoluzione pronte all’uso nel caso si volesse parlare di lui. «È davvero molto impegnato, oggi ad esempio è atteso ad una conferenza», ci rispondono dalla sua università. Insomma, non c’è bisogno di un algoritmo per capire che il professore scivola spesso sull’autocelebrazione. In un altro studio pubblicato nel 2015 Michal Kosinski scrisse che un computer è di gran lunga più abile di noi nel comprendere una personalità. Ma su un punto bisogna dargli ragione: governi e aziende strumenti simili li usano sempre più spesso per capire dove viviamo, cosa potremmo comprare e cosa voteremo alle prossime elezioni. È un mercato in piena espansione e la corsa per i posti migliori è aperta.
«Questa cosa dell’orientamento sessuale mi sembra strana», racconta Matteo Sorci, 43 anni, fondatore della Nvisio di Losanna. Azienda che dal 2009 si occupa di visione artificiale e di riconoscimento delle espressioni del volto e che oggi coordina il progetto europeo Bonseyes sull’intelligenza artificiale. «Le reti neurali riescono a riconoscere alcune espressioni che appaiono sul nostro volto, ma fanno fatica ad esempio a stabilire l’età di una persona che è un’informazione complessa da estrarre. Figuriamoci l’orientamento sessuale. E se qualcuno sostiene di esserci riuscito, vuol dire che sta banalizzando. L’intelligenza artificiale americana forse ha solo riconosciuto chi ha un certo taglio di capelli e tratti femminili». Ma da qui a dire che si è matematicamente gay ne passa. Anzi: ne passava, almeno a Stanford.