Corriere della Sera, 9 settembre 2017
I misteriosi bagliori verdi nel cielo creati dalle scariche elettriche delle rocce
«Che cosa succede a questo mondo?» scrive quasi impaurito in un tweet Memo Avilan da Città del Messico mostrando le luci che illuminavano il cielo durante il fortissimo terremoto. I tweet si rincorrono alla ricerca di risposte. Il fenomeno che grazie ai social network ha fatto rapidamente il giro del mondo è ben noto agli scienziati, che lo definiscono «il più oscuro capitolo della sismologia». Mentre la terra tremava in Messico grandi bagliori colorati rischiaravano il buio. Negli ultimi decenni i geofisici hanno indagato le stranissime manifestazioni la cui origine continua a rimanere misteriosa anche se le tracce della loro esistenza si ritrovano nei documenti storici. Già nell’Ottocento l’ingegnere irlandese Robert Mallet presentava un catalogo alla British Association of Science a partire dal 1600 avanti Cristo. E nel Novecento il naturalista italiano Ignazio Galli analizzava 148 eventi sismici associati con diversi tipi di luminosità. Ora sono centinaia i terremoti studiati in ogni continente. Ci sono rapporti legati a sismi in Canada, Messico, Giappone, Grecia, Perù. In Italia oltre al terremoto di Messina del 1908 il fenomeno è stato osservato in Friuli, in Irpinia e anche a L’Aquila dove gli effetti di luce si sono generati intorno alla città estendendosi soprattutto verso nord sino ad una cinquantina di chilometri. «Dalle ricerche condotte finora – spiega Angelo De Santis dell’Istituto italiano di geofisica e vulcanologia – sono emerse due ipotesi sulle cause, la più accreditata è sostenuta da Friedemann T. Freund della Nasa. Le luci sarebbero il frutto dell’interazione tra l’atmosfera e le cariche elettriche liberate dalle rocce quando sono sottoposte alle violente forze di compressione oppure di lacerazione». Le cariche ionizzano gli atomi di ossigeno emettendo luce verde e gli atomi di azoto generando luce blu; le stesse tonalità segnalate a Città del Messico. I bagliori raggiungono l’altezza di qualche chilometro e quindi sono visibili da lontano assomigliando alle aurore boreali. «La seconda ipotesi – aggiunge De Santis – è avanzata dallo studioso russo Sergey Pulinets secondo il quale responsabile è il gas radon emesso dalle fratture geologiche. Ma questo apparterrebbe di più al mondo dei segnali premonitori del terremoto». Uguali le conseguenze nell’interazione con l’atmosfera. Sicuramente si tratta di fenomeni elettromagnetici purtroppo non ancora ben compresi. Per trovare risposte adeguate si sono effettuati vari esperimenti anche in laboratorio, tuttavia non essendo facilmente ripetibili hanno lasciato solo incertezza e mistero.