il Fatto Quotidiano, 11 settembre 2017
Pos obbligatorio, la storia di una rivoluzione già vecchia
“Il bancomat è rotto”, “Qui si paga solo in contanti”, “Ricevuta o sconto?”. È lunga e lenta la marcia di addio ai contanti che l’Italia ha ufficialmente intrapreso il 30 giugno 2014, quando è entrata in vigore la norma che impone a commercianti e professionisti di “accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito”. E che dovrebbe concludersi il prossimo 30 settembre con l’obbligatorietà del Pos (la macchinetta in cui si strisciano le carte), pena la multa di 30 euro ai commercianti e artigiani, ma anche professionisti come dentisti, tassisti o avvocati ogni volta che si ostineranno a dire “no” a carte di credito e Bancomat per transazioni a partire da 5 euro.
Il condizionale è, d’obbligo: la sbandierata rivoluzione dei pagamenti elettronici (prevista già dal governo Monti nel 2012 e poi dalla legge di Stabilità del 2016) è legata alla pubblicazione entro le prossime tre settimane di un decreto attuativo predisposto congiuntamente dal ministero dell’Economia e dello Sviluppo economico non prima di aver consultato la Banca d’Italia. Ma, visto il poco tempo a disposizione, il decreto dovrebbe essere approvato senza vacatio legis (altrimenti si supererebbe il limite temporale fissato) e non contenere nessuna delle modifiche che il vice ministro dell’Economia, Luigi Casero, ha annunciato questa estate in un’intervista a Repubblica: “Vogliamo esentare un una serie di professionisti con partita Iva che non sono a diretto contatto con il pubblico”. È, ad esempio, il caso di architetti, avvocati o geometri che di norma fatturano ai propri studi e che poi da questo vengono pagati con bonifico. Obbligarli a tenere il Pos inutilizzato nel cassetto, i cui costi sono più alti che in molti altri Paesi europei, equivarrebbe quindi a fargli sborsare inutilmente un po’ di quattrini che finirebbero nelle casse delle banche per i soli costi fissi delle spese di commissione, ma senza aver offerto nessun servizio.
Un peso, questo delle commissioni bancarie, che crea insofferenza anche ai commercianti. “Noi siamo già attrezzati da tempo ad accogliere la sfida dell’e-payment e non rappresentiamo nessun ostacolo. Quello che contestiamo – spiega la presidente di Confesercenti Patrizia De Luise – è che la modernizzazione del sistema dei pagamenti non si raggiunge con il sistema sanzionatorio. Prima bisogna agire sulla riduzione delle commissioni applicate dalle banche alle imprese che restano ancora troppo elevate e che, nel caso di pagamenti di piccoli importi, assorbono molto spesso i margini di profitto dei negozianti”. Con il più che plausibile rischio che la maggior spesa che i commercianti si ritroveranno a sborsare alle banche cadrà poi sul consumatore attraverso un aumento dei prezzi e l’evidente conseguenza che dovrà continuare a pagare in contanti, anche se l’Unione europea sta combattendo questa battaglia da decenni per la crescita dei pagamenti elettronici.
I numeri spiegano meglio il fenomeno. Secondo la Banca d’Italia, nel 2016, le operazioni con moneta elettronica sono aumentate del 13%, mentre nel complesso il numero di pagamenti con strumenti alternativi al contante è cresciuto dell’8%. Valori in crescita che, tuttavia, restano ancora lontani dalla media europea sia come somme pagate con le carte elettroniche che come numero di operazioni all’anno. Tanto che il costo di gestione del contante è quantificato da Bankitalia in 8 miliardi di euro all’anno: 133 euro pro capite contro 11 euro delle carte di credito e 18 per i Bancomat. Con un importante distinguo: anche se in Italia ci sono più Pos che nel nord Europa, le transizioni restano ancora piuttosto basse: 38 euro contro i 110 euro di Francia, Germania e Gran Bretagna.
Il motivo? “L’evasione fiscale che non si sconfiggerà con una legge già vecchia e infelice che si pone contro le direttive europee che stanno cercando di stimolare i pagamenti elettronici”, spiega Alberto Damasso, fondatore e ceo di Satispay (la startup italiana che vuole rivoluzionare il business dei pagamenti elettronici e che ha raggiunto una raccolta di 26,8 milioni di euro). Questi nuovi pagamenti fuori dai circuiti internazionali (e dai loro eccessivi costi) infatti, contemplate dalla legge e, ormai, è anche troppo tardi per inserirle nel decreto attuativo. “Se lo scopo dell’obbligo è limitare evasione e riciclaggio, questa che il legislatore vuole percorrere è la strada sbagliata perché chi vuole fare il nero continuerà ad usare i contanti senza fatturarli. Per combattere l’evasione e aumentare il gettito fiscale, si dovrebbe prevedere una piccola detrazione nel 730 e nell’Unico, come quella del mutuo o delle spese mediche, per i contribuenti che usano la moneta elettronica”. Inoltre, chissà se il legislatore si ricorderà di inserire anche una postilla dedicata alla Pubblica amministrazione: per fare la carta d’identità elettronica i Comuni vogliono essere pagati in contanti.