La Stampa, 11 settembre 2017
Un’estate d’oro per il gelato italiano. Nel mondo 15 miliardi di fatturato
Centomila gelaterie: la soglia è psicologica, ma soprattutto economica. Il gelato è un motore che non si ferma più. Alla fine dell’estate, (anche se la stagionalità è sempre meno un vincolo) si possono dare un po’ di numeri. Secondo la Coldiretti, i consumi degli italiani sono aumentati notevolmente: ogni anno mangiamo 6,5 chili a testa. Il caldo di luglio e agosto ha dato una bella spinta: +10% in fila ai banconi di tutta Italia.
Ma il dato che più impressione è quello del commercio. I negozi nel mondo hanno superato la soglia dei centomila, un numero che si traduce in un business che funziona sempre più, visto che il fatturato globale tocca i 15 miliardi l’anno. Dal 2013 la crescita è costante, grosso modo 4% l’anno. Ovvio che in questo contesto l’Italia non ha praticamente rivali, sia da un punto di vista produttivo che al dettaglio. Un terzo del mercato europeo (2,7 miliardi di euro su un totale di 9), infatti, spetta alla patria del gelato.
Mercato frammentato
Si dirà che non è una novità, eppure l’estate che sta finendo fa segnare un ritorno al vertice comunitario. Negli scorsi anni, l’Italia si piazzava al secondo posto (per quantità e non per qualità) dietro alla Germania e nel 2011 ci superava persino la Franca. Il 2016 ha fatto invece tornare le cose al loro posto: produzione di 595 milioni di litri, davanti ai tedeschi (515 milioni) e francesi (454 milioni).
L’impatto economico è notevole: secondo i dati di Coldiretti, nelle 39.000 gelaterie italiane (dato dall’Associazione italiana industrie prodotti alimentari) si stima lavorino oltre 150mila addetti. Con forti ricadute sull’indotto, con l’utilizzo di 220 mila tonnellate di latte, 64 mila di zuccheri, 21 mila di frutta fresca e 29 mila di materie prime.
Lo sviluppo della filiera, infatti, è la grande novità: gli artigiani, le aziende di macchinari, attrezzature e ingredienti e, da non trascurare, il mondo delle fiere, come il Sigep, e le scuole di formazione, che hanno accolto migliaia di potenziali gelatieri, italiani ma soprattutto stranieri, nel corso degli ultimi anni.
La difficoltà nel leggere il mercato italiano sta nella sua notevole frammentazione: delle 39 mila gelaterie, solo 10 mila vendono soltanto gelato, le altre sono bar-pasticcerie.
Le imitazioni
Il rischio è, come per i ristoranti italiani, è risentire delle imitazioni di bassa qualità nel mondo. Per cercare di preservare l’autenticità del prodotto è nata la World Wide Gelato Foundation, che detta una serie di standard ai quali dovrebbero rifarsi tutti coloro che voglio avere un ruolo significativo nella filiera del gelato artigianale, in Italia e nel mondo.
«Il rischio di imitazioni è altissimo – conferma Sergio Dondoli, presidente del comitato organizzatore della Coppa del Mondo di gelato – in giro per il globo si vedono macchinari e prodotti di varia origine coi quali non è possibile produrre buon gelato. I gelatieri italiani, sempre più pronti e professionali, hanno conoscenze tecniche e sanno come trasformare gli ingredienti in un prodotto imbattibile nel mondo. Dobbiamo insistere e proteggere la nostra filiera per intero, che è capace di attrarre investimenti in Italia e nel mondo».
Il dilemma
Il successo del gelato non cancella il dilemma: artigianale o confezionato? C’è chi cerca una terza via, una conciliazione. Unilever, la multinazionale proprietaria di decine di marchi, tra i quali Algida e Grom, prova a far incontrare i due mondi: «È in corso una convergenza fra prodotti della tradizione e quelli industriali – dice Angelo Trocchia, presidente di Unilever Italia -. Così abbiamo lanciato i Magnum store dove i clienti possono scegliere come personalizzare il proprio stecco. La libertà di farsi il proprio gelato è proprio una delle ragioni che sta alla base del successo».