La Stampa, 10 settembre 2017
Caltagirone Editore l’opa a sconto diventa un caso in Borsa
L’ultimo prezzo di Borsa prima dell’annuncio dell’opa, l’8 giugno scorso, Caltagirone Editore valeva 0,84 euro. Il prezzo offerto dal gruppo Caltagirone per portarla via dalla Borsa è 1 euro per azione. Ma la società vale molto, molto di più.
Così il titolo della società che controlla testate come Il Messaggero, Il Mattino, Il Gazzettino e altre, dopo aver galleggiato per anni nel listino di Piazza Affari è diventato il caso borsistico dell’estate. Al punto che Caltagirone, che ha il 67%, è stato costretto a prorogare l’offerta e alzare il prezzo a 1,22 euro per azione. L’offerta, partita il 24 luglio scorso, doveva concludersi venerdì 8 settembre e andrà avanti invece fino al 18 settembre. Nel mezzo ci sono state polemiche, accuse, esposti alla Consob, qualcuno che se ne è approfittato, qualcuno che non si è capito cosa ha fatto e tanti acquisti su quel titolo fino alla primavera dimenticato, che è arrivato a quotare fino a 1,5 euro.
A comprare fino a far esplodere il caso sono stati anche una serie di fondi attivisti. Come Amber, che è accreditato di un 5,5% ma che avrebbe continuato ad acquistare e avrebbe rastrellato una quota di poco inferiore al 10%.
Il punto di partenza è però che quel titolo dovrebbe valere molto di più. Dentro a Caltagirone Editore, oltre ai giornali, ci sono anche un pacchetto di azioni Generali (circa 80 milioni), una marea di cassa (oltre 150 milioni) e pochi debiti. Solo quello che è immediatamente liquidabile (cassa e titoli Generali, meno i debiti) vale 216 milioni di euro, pari a 1,76 euro per azione. Ma nella società c’è anche altro. La voce «immobili, impianti e macchinari» ad esempio è in bilancio ad un costo storico di 180 «attualizzato» a 42 milioni. Poi ci sono 47 milioni di crediti fiscali e le testate giornalistiche, valutate 250 milioni ma con una nota nella relazione degli amministratori che spiega come potrebbero valere anche di più. Secondo i dati dell’ultimo bilancio, il patrimonio netto è di 472 milioni di euro, pari a 3,85 euro. Certo, lontano dai 18 euro della quotazione, nel luglio del 2000. Erano gli anni del boom della new economy e l’editoria tirava. Ma è lontano anche dagli 1,22 euro dell’opa. Ora, guardando la cosa dal lato di Caltagirone, va riconosciuto che il prezzo offerto è molto più alto dei prezzi di Borsa. Un anno fa toccava i minimi a 0,66 euro. Il nuovo prezzo rappresenta un premio del 50% rispetto all’ultimo mese prima dell’annuncio e poco meno del 60% rispetto alle medie dell’ultimo anno. Ma evidentemente non basta, perché malgrado una frenata delle quotazioni negli ultimi giorni, il prezzo in Borsa resta più alto (1,29 venerdì). «Siamo ancora lontani», dice uno degli investitori che spinge per il rialzo dell’offerta.
Poi ci sono le domande: gli amministratori indipendenti che hanno giudicato «congrua» l’offerta di 1 euro cosa diranno di un prezzo aumentato del 22%? E l’ad della società, Albino Majore, che lunedì scorso ha venduto un piccolo pacchetto di titoli sul mercato a 1,48 euro, con una operazione perfettamente legittima ma con ben pochi precedenti per l’ad di una società sotto opa da parte dell’azionista di controllo, perché lo ha fatto?
E da ultimo ci sono i precedenti, ovvero le opa dello stesso gruppo Caltagirone sulle controllate Vianini Industria e Vianini Lavori. Su quest’ultima, dopo l’opa a 6,8 euro, è arrivato un dividendo straordinario di 7,3 euro ai soci che non avevano aderito. In quell’occasione gli advisor «erano la stessa Leonardo & Co e il professor Enrico Laghi, chiamati ora ad esprimersi dalla società e dai consiglieri indipendenti della stessa, sulla congruità dell’Opa di 1 euro. Su Vianini Industria, delistata nel 2016, c’è una causa intentata da alcuni ex soci ed è in corso un procedimento sanzionatorio da parte della Consob.
Per avere successo e portare al delisting, Caltagirone dovrà raggiungere il 90% del capitale. Ma l’obiettivo appare ancora lontano.