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 2017  settembre 10 Domenica calendario

Storia del Piemontese il coltello dei barabba. Un’arma della malavita ora diventata da collezione

Venti cm da chiuso e 40 da aperto. Il «Piemontese», più che un coltello, sembra un fioretto. Si inizia a parlare di lui nel ‘700, quando disposizioni di ordine pubblico vietano agli uomini di girare con la spada in bella vista sul fianco e fanno ripiegare i giovani che vogliono rimanere armati su coltelli a serramanico che si possono nascondere nei pantaloni. È una storia legata alle tradizioni regionali italiane quella di quest’arma bianca da duello, amata dalla malavita, ora diventata un pezzo raro da collezionisti e che se ne sta in bella mostra nella vetrina della coltelleria De Carlo di Torino, in piazza Carignano. «Difficile da trovare, realizzata da artigiani del coltello che hanno sede in Toscana e, attraverso ricerche storiche, stanno progettando e ricostruendo le lame tradizionali delle varie aree della penisola – racconta Alberto De Carlo, uno dei titolari del negozio che è una coltelleria in attività dal 1912 -. Una volta lo chiamavano “coltello da tre soldi”, perché era il suo prezzo sul mercato». Quei tempi sono decisamente passati: oggi il «Piemontese» costa 495 euro.
È il 1890 e sul tavolo del governo ci sono due dossier che parlano di malavita: il primo è ambientato in Sicilia e racconta la storia della mafia, il secondo a Torino e spiega chi sono i «barabba». Questo secondo nome oggi dice poco ai lettori, ma in quegli anni descriveva una pericolosa organizzazione criminale piemontese. Una malavita nata e cresciuta nelle strade di San Salvario, passata dal radunare disoccupati, precari, apprendisti e garzoni che bevevano fino a tardi e commettevano atti vandalici a contare tra le sue fila criminali di professione che alternavano risse a rapine e furti. Il tratto distintivo di questi barabba, legati da uno stretto codice di omertà, era proprio il Piemontese, coltello da cui non si separavano mai e che non esitavano a usare anche contro i gendarmi. «Portato all’ospedale, questi, come è abitudine dei barabba, nascose gelosamente il nome del suo feritore – spiega un cronista de La Stampa, nel 1898, riferendosi al codice del silenzio applicato a un tentativo di omicidio avvenuto in Borgo Dora -. Riserbandosi di farsi poi giustizia da sé con una buona restituzione».
Nel negozio De Carlo, però, non ci sono solo le lame che hanno fatto la storia del Piemonte ma anche quelle delle altre regioni: «Come il “Fiorentino tre pianelle”, anche questo coltello della malavita o il “Coltello dell’Amore”, che si regalavano tra loro i promessi sposi – spiega il titolare -. Oggi gli acquirenti di questo tipo di oggetti sono collezionisti ma non mancano anche le persone che li scelgono come strumenti originali da mettere in tavola per affettare le portate della cena. In fin dei conti, il loro compito principale rimane quello di tagliare».