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 2017  settembre 10 Domenica calendario

Tutti pazzi per Lindner il filosofo che scalda i liberali

Il quartier generale dei Liberali tedeschi (Fdp) si trova in un antico edificio sulla Reinhardtstraße, in una zona non lontana dalla Cancelleria e dal Parlamento e melting pot delle lobby di palazzo, delle associazioni di categoria, dei corrispondenti politici e di tutti coloro che a Berlino contano davvero qualcosa. Dopo l’amara sconfitta incassata alle ultime elezioni federali, quando lo storico partito crollò dal 14,9% del 2009 ad appena il 4,8 non riuscendo nemmeno a superare lo sbarramento del 5% necessario per accedere al Bundestag, i Liberali furono costretti non solo a licenziare oltre 200 persone fra segretarie, consulenti e portaborse, ma anche a liberare due interi piani della sede rappresentativa. Un’esperienza oltremodo umiliante per la formazione politica di centro ancorata al potere più a lungo di ogni altro partito nella Germania del dopoguerra come partner di minoranza nei governi di Konrad Adenauer, Willy Brandt, Helmut Schmidt, Helmut Kohl o Angela Merkel.
Che poche stagioni dopo questo anno zero i Liberali si siano ripresi dalla sconfitta riuscendo a sfruttare il loro improbabile quanto umile ruolo di opposizione extraparlamentare per tornare alla ribalta della scena politica federale, è merito soprattutto del nuovo astro nascente e leader di partito Christian Lindner (38 anni). Nei sondaggi l’Fdp è a quota 9% e nella nuova legislatura potrebbe avere un ruolo chiave per la formazione di una maggioranza di governo. A corteggiare il giovane presidente dei Liberali sono un po’ tutti. L’Unione cristiano-democratica di Angela Merkel spera in una riedizione di un governo liberal-conservatore in grado finalmente di sostituire la poco amata Grosse Koalition con i socialdemocratici.
Questi a loro volta, abbandonato l’audace esperimento di una possibile alleanza «rosso-rosso-verde» con i postcomunisti della Linke e immobilizzati dalla deludente performance del loro candidato Martin Schulz, corteggiano il partito di Lindner per dar vita ad una coalizione di centro sinistra fra Spd-Fdp e Verdi.
Persino l’altrimenti rissosa e polemica leader della destra populista dell’AfD Alice Weidel ha un debole per il carismatico e attraente capolista liberale e per i suoi toni duri assunti in politica migratoria, dove esige il rimpatrio dei rifugiati una volta terminati i conflitti nei loro Paesi d’origine e l’impossibilità per la Germania di accogliere tutti i profughi economici.
Christian Lindner però non ha mai ceduto alla facile tentazione del populismo. Laureato in Scienze politiche con specializzazione in Filosofia, i suoi cavalli di battaglia sono il ripristino del neoliberalismo in campo economico dopo la svolta fin troppo «assistenziale e socialdemocratica» della Cdu, la difesa dei diritti individuali e civili nei confronti delle tentazioni autoritarie delle nuove destre, il rilancio degli ideali europeisti e investimenti massicci nel settore educativo e nella ricerca. Obiettivi nobili e moderati che rispettano le radici storiche del partito del «ministro degli Esteri eterno» Hans-Dietrich Genscher e di una borghesia colta, imprenditoriale e urbana che da sempre vota Fdp e che negli ultimi quattro anni è rimasta orfana di una vera politica liberale.
I suoi atteggiamenti spesso vanitosi e il suo spiccato presenzialismo hanno trasformato l’Fdp in una sorta di one-man-show, ma hanno vivacizzato una campagna elettorale altrimenti fiacca e monotona. Christian Lindner ambisce alla poltrona di futuro ministro dell’Economia o degli Esteri. Non certo poca cosa per il leader di un partito dato ancora per spacciato quattro anni fa.