Avvenire, 10 settembre 2017
È morto il cardinale De Paolis
Era uno dei canonisti più illustri della Curia romana e non solo, il cardinale Velasio De Paolis, morto ieri a pochi giorni dal compimento dei suoi 82 anni e dopo una lunga malattia. Una fama e un rispetto dei “colleghi” guadagnati sul campo, dopo una vita intera, si può dire, di studio, insegnamento, consulenza. La vita di un grande formatore, sia in senso “tecnico” che spirituale, con i confratelli e tanti studenti o semplici fedeli. «Voglio ricordare con riconoscenza la sua speciale preparazione e competenza in campo giuridico – ha scritto il Papa in un telegramma – offerta in tanti anni di insegnamento nelle università pontificie per la formazione delle giovani generazioni, specialmente dei sacerdoti, come pure negli incarichi svolti al servizio della Santa Sede» e «rendendo ovunque una feconda testimonianza di zelo sacerdotale e di fedeltà al Vangelo».
Un grande canonista, quindi. Eppure gli inizi dell’esperienza religiosa di De Paolis non facevano intravedere un approdo simile. Capita ogni tanto che personalità culturalmente imponenti escano da congregazioni religiose magari piccole e orientate per carisma a tutt’altri ambiti. Si pensi a un gigante del tomismo del ’900 quale fu lo stimmatino Cornelio Fabro (1911-1995) o a un sommo erudito della teologia pre e post-conciliare come il missionario saveriano Battista Mondin (19262015). Per De Paolis è avvenuta una cosa analoga.
Nato il 19 settembre del 1935 a Sonnino, provincia di Latina e diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, era infatti entrato da adolescente fra i Missionari di San Carlo Borromeo, gli Scalabriniani, votati alla cura pastorale degli emigranti. Aveva emesso i voti ed era diventato sacerdote nella Piacenza del suo fondatore, il beato Giovanni Battista Scalabrini. Ma appena ordinato, nel 1961, i suoi superiori, che avevano intuito le capacità del soggetto, lo avevano inviato a Roma a perfezionare gli studi. Dai quali poi non si sarebbe più allontanato.
De Paolis intraprese un percorso che da solo dice quale fosse la solidità della sua preparazione: dottorato in Diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana, licenza in Teologia alla Pontificia Università di San Tommaso, laurea in Giurisprudenza all’Università La Sapienza, oltre a un biennio di Teologia morale presso l’Accademia Alfonsiana.
Accanto agli incarichi negli Scalabriniani – fu rettore del collegio internazionale di Roma, consigliere e procuratore generale della congregazione – nel 1971 iniziò a insegnare nella facoltà di Diritto canonico della Gregoriana e nel 1987 anche alla Pontificia Università Urbaniana. Nel 2003 Giovanni Paolo II lo nominò segretario del Tribunale della Segnatura Apostolica, successivamente giudice dello stesso Tribunale. Fu ordinato vescovo nel 2004. Nel 2008 fu poi nominato da Benedetto XVI presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, ufficio mantenuto fino al 2011. Un altro delicato incarico gli fu affidato da papa Ratzinger nel 2010, dopo che emersero i gravissimi e immorali comportamenti del fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel: fu delegato pontificio con il compito di governare e “traghettare” la congregazione verso la revisione delle Costituzioni e una profonda opera di rinnovamento interno. Fu quello un compito gravoso per De Paolis, che gli impose di mettere le mani in un caso di estrema complessità, di gettare un fascio di luce in antri rimasti chiusi per decenni, ma da cui ne uscì anche gratificato per il tanto bene incontrato e per il servizio che sentì di aver dato, ancora una volta, alla Chiesa. Sempre nel 2010 fu creato cardinale.
In uno dei suoi ultimi interventi pubblici di ampio respiro – la prolusione con cui inaugurò l’anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico regionale dell’Umbria, il 27 marzo 2014, sul tema dei divorziati risposati e dei sacramenti – così si esprimeva: «La Chiesa, pur dovendo tener conto della cultura e dei tempi che cambiano, non può non annunciare Cristo che è sempre lo stesso, ieri oggi e sempre! Il riferimento alla cultura non può essere il riferimento principale, e tanto meno unico e determinante per la Chiesa, ma Cristo e la sua verità. Non può non essere motivo di riflessione il fatto che non pochi cristiani oggi tendono ad annacquare il messaggio evangelico per farsi accettare dalla cultura del tempo. Per di più, spesso danno l’impressione di subire il peso della disciplina della Chiesa e dei comandamenti di Dio che la regolano ». Con la morte di De Paolis il collegio cardinalizio risulta composto da 220 membri, di cui gli elettori restano 120. Le sue esequie saranno celebrate domani mattina dal cardinale decano Angelo Sodano, lo stesso che tredici anni fa gli aveva imposto le mani consacrandolo vescovo.