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 2017  settembre 09 Sabato calendario

Omicidi celebri: quel feroce delitto della bella e la bestia

Fulvio Magliacani, ventottenne commerciante di Torino sparì di casa il 21 Giugno 1972. La moglie, Franca Ballerini, si trovava in vacanza in montagna; invece di allarmarsi insinuò il dubbio che fosse fuggito con una donna. Il padre fu invece di altro avviso: sosteneva che Fulvio era innamorato di Franca, mentre lei lo aveva sposato per interesse. Per mesi il poveretto si rivolse, invano, alle autorità e alla stampa. Nessuno lo badava e le indagini languivano. Finalmente ottenne ascolto dal maresciallo Savoia, carabiniere abile e tenace, che fece quel che si sarebbe dovuto fare prima, cioè tener d’occhio la moglie. Dopo pedinamenti e controlli, l’ostinato segugio scoprì che la Ballerini aveva un amante. Era un certo Paolo Pan, un intraprendente fannullone senza risorse e senza morale, che aveva esordito da piccolo come topo d’appartamento, era finito in riformatorio, e una volta uscitone era vissuto di traffici d’auto, per lo più illegali. Costui aveva un fratello, Tarcisio, che, come il Gervaso dei Promessi Sposi, ne era la copia mal riuscita: imbecille, gradasso, e chiacchierone. Lo tennero sotto controllo sei mesi, e alla fine scoprirono che si vantava di saper tutto sulla fine del Magliacani. Lo acchiapparono, e con le buone o con le cattive gli fecero raccontare la verità: Magliacani era stato ucciso da Paolo e lui, Tarcisio, aveva aiutato il fratello a seppellire il corpo nel bosco di La Cassa, a venti chilometri di distanza. Era vero. Il cadavere fu ritrovato il 26 Ottobre 1973, e l’ autopsia rivelò che era stato quasi squartato da una quattordici coltellate. Il tempo della morte coincideva con quello della scomparsa. Paolo Pan e Franca Ballerini furono subito arrestati per omicidio premeditato. 
La stampa parlò, come al solito, di amanti diabolici, e in effetti gli ingredienti non mancavano. Lui, donnaiolo e frequentatore di locali notturni era si disse, di «una bellezza apollinea», e fu subito definito il nostro Alain Delon. Le fotografie non erano proprio in linea con questi entusiasmi estetici, ma si sa che i giornalisti esagerano. Lei invece era davvero avvenente. Le sue immagini in bikini sono ancor oggi di assoluta attualità. Ma ormai la bellezza, oltre alla pesante imputazione, era l’unica cosa che avessero ancora in comune. Perché, secondo copione, i due si accusarono a vicenda. Il pubblico si divise tra innocentisti e colpevolisti: a distanza di dieci anni il caso Bebawi sembrava ripetersi. I coniugi Bebawi, come forse i lettori ricorderanno, erano stati assolti in primo grado perché i giudici erano dubbiosi su quale dei due fosse colpevole. 
Al processo, la Ballerini sostenne di esser stata effettivamente l’amante del Pan, e aggiunse che la figlia, che ovviamente portava il nome del Magliacani, in realtà era frutto di questa relazione adulterina. 

CONOSCENZAMa escluse ogni complicità nel delitto, negando di averne avuto nemmeno conoscenza. Per la verità gli indizi su di lei erano pesanti. Tra l’altro aveva sostenuto, a riprova della fuga del marito, la mancanza dei suoi abiti, degli effetti personali e della valigia: cosa strana, visto che il poveretto era uscito di casa cadavere. Insomma il Pan aveva fatto tutto da solo, senza che lei ne sapesse nulla, né prima né dopo. Il coimputato, dal canto suo, disse tutto il contrario: l’assassina era lei, lui si era limitato a occultare il cadavere per evitarle la galera. Furono chiamati, come d’abitudine, gli psichiatri, anche se in realtà tutto si poteva dire dei due tranne che fossero dementi. 
Infatti il responso fu genericamente evanescente: lui «freddo, amorale, intelligente, con un ego molto forte»; lei «vana e superficiale con un ego fragile». Insomma, due persone sostanzialmente normali: non è necessario esser matti per essere crudeli. 
I difensori avevano compiti assai diversi. Per lui c’era ben poco da fare: il cadavere di Fulvio Magliacani parlava, come quello di Cesare, «attraverso le bocche mute delle sue ferite». Per lei era diverso: oltretutto aveva un alibi di ferro. Il suo difensore sostenne che l’unica colpa della sua cliente era quella di essere, anzi di esser stata, molto bella, e di aver suscitato tanti amori e altrettante invidie e antipatie. La Corte, forse ammonita dalla salutare lezione del caso Bebawi, assolti – come si è detto – in primo grado, ma condannati in Appello e in Cassazione, scelse la via più rigida: il 2 Maggio 1977 condannò entrambi all’ergastolo. E qui cominciò l’andirivieni tipico del nostro sistema. Due anni dopo la Corte d’Appello confermò la condanna del Pan me assolse la donna. La Procura Generale impugnò, e dopo altri due anni Cassazione annullò l’assoluzione: la Ballerini tornò in carcere. Fu processata di nuovo e ancora assolta, stavolta definitivamente nel dicembre del 1982, nel decimo anniversario dell’uccisione del marito. Si era fatta, comunque, sei anni di galera. Per Pan, naturalmente non ci fu nulla da fare. Entrò in carcere con il viatico degli ergastolani, peraltro puramente platonico: Fine pena: Mai.  

DETENUTO
Come molti, fu un detenuto modello: diventò istruttore di tennis e, ottenuta la semilibertà, comincìò a lavorare in una cooperativa. Il 24 gennaio 1996 il presidente Scalfaro firmò il provvedimento di grazia, motivato anche dal perdono concesso all’assassino dalla figlia della vittima. Che peraltro, come si è visto, non era affatto la figlia del povero Magliacani, ma dello stesso assassino. Così, la figlia perdonava il padre naturale per aver ucciso il proprio padre legittimo, in quanto marito della madre. Un’ anticipazione dei problemi che stanno emergendo ora con la fecondazione eterologa, l’utero in affitto, e la crisi di identità genitoriale. In conclusione, Paolo Pan fu definitivamente liberato. Era sotto la sessantina, ancora gagliardo e e ben tenuto. Rievocò con sentimentalismo sospetto la sua storia con la Ballerini come «il primo amore, quello che non si dimentica». Chiese invece lui, modestamente, di essere dimenticato. Forse lo sarebbe stato, se non avesse ripreso le cattive abitudini. Fu arrestato all’aeroporto di Lima nel 2001, con addosso tre chili di cocaina. La grazia fu revocata, e tornò in prigione in Italia. Franca Ballerini, al contrario, si ritirò in un prudente silenzio. Il padre di Fulvio Magliacani morì prima di aver visto l’assassino del figlio tornare in libertà.