il Fatto Quotidiano, 8 settembre 2017
L’intervista di Enzo Biagi a Luciano Pavarotti dell’aprile 1996: «Così capii che non avrei fatto l’assicuratore»
Maestro Pavarotti, lei immagina l’argomento della conversazione. La imbarazza parlarne?
Preferirei non farlo, ma se lo devo fare sono felicissimo di farlo con lei.
La ringrazio. La stampa di tutto il mondo ha esaltato la sua ultima interpretazione di Andrea Chénier. Qualcuno ha scritto che il successo è anche da attribuire a Nicoletta.
Certamente la persona che ti sta vicino è la persona che ti ispira. Questa volta in particolare Nicoletta mi ha aiutato anche fisicamente, mi ha fatto fare ginnastica, mi ha buttato giù dal letto la mattina presto, mi ha fatto correre, mi ha fatto fare il fiato che avevo perso.
Nella vita di tutti ci sono momenti in cui bisogna scegliere tra il rimpianto e il rimorso.
Io credo che sia sempre meglio il rimorso, anche se sembra un’affermazione di un egoista. È meglio il rimorso perché il rimpianto sarebbe una cosa da debole: non è nel mio carattere.
Lei è contro ai compromessi?
Se le dicessi di sì le racconterei delle storie perché ne ho vissuti parecchi. Sono contro i patteggiamenti quando la persona coinvolta sono io e basta. Se ci sono altri di mezzo è invece una soluzione accettabilissima.
Oltre al genio della musica, nel senso umano Pavarotti chi è?
Intanto definirmi genio della musica, con i compositori che abbiamo, è per me un grande, grandissimo complimento. La ringrazio. Chi sono io? Una persona certamente vulnerabile che crede nell’uomo, che sa di poter essere ogni tanto fottuto, che però continua a credere negli altri al cento per cento, e se anche qualcuno mi frega è un rischio che vale la pena di correre, perché le gioie che ho sono così grandi… Poi noi artisti siamo come dei fanciulli.
Come ha scoperto la sua vocazione?
Non so se la mia è una vocazione perché mio padre a ottantaquattro anni canta ancora da tenore, quindi se è una vocazione lo è per imitazione.
Cosa ha significato nascere in Emilia?
Nascere in Emilia vuol dire essere molto fortunato perché è una terra alacre, ospitale, fatta di gente gioviale, una regione dove si mangia molto bene: io ne sono un esempio. Una volta, prima che ci fosse il cinema c’era solo il teatro, con le operette, il melodramma e il varietà. Ci si divertiva così. In più noi abbiamo avuto Verdi, e i ragazzini che assistono ai miei concerti, quelli misti, con il pop, vanno a casa cantando La donna è mobile.
Chi sono i grandi modelli del passato?
Il primo tra i tenori, insuperato, è Caruso anche per come ha concepito la sua carriera, facendo le giuste scelte, poi ci sono: Gigli, Aureliano Pertile, Schipa, Di Stefano, Del Monaco, Corelli, Bergonzi e nomino solo gli italiani, tra gli stranieri ce ne sono altrettanti. Tutti grandissimi tenori. Quando io ho cominciato a cantare, a parte Caruso, Gigli e Pertile, c’erano tutti, per cui mi sono trovato una strada piena di grosse mine. Questo è stato un grande stimolo che mi è servito per poter emergere.
Perché il tenore è sempre il protagonista del melodramma, quasi sempre disgraziato?
Perché è l’eroe, è l’amante, è sempre quello desiderato dalla donna che di solito è insidiata dal baritono, che quasi sempre fa una brutta fine, tranne nel Trovatore che finisce diversamente: muore Manrico, il tenore, l’ufficiale del principe Urgel e si ammazza Leonora, la soprano, dama di compagnia della principessa d’Aragona.
Tra i personaggi che interpreta quale le assomiglia di più?
Forse il primo che ho interpretato: il poeta Rodolfo della Bohème, il più giovane e il più romantico, che si innamora di Mimì, la giovane vicina di casa ammalata di tubercolosi che muore tra le sue braccia. Scritta da Giacomo Puccini, l’autore più copiato dai cantautori.
Che ricordo ha del suo debutto?
Fu il 29 aprile 1961, ero molto teso, ovviamente, quella sera capii che sarei diventato un cantante d’opera invece di fare l’assicuratore o il maestro elementare come stavo facendo.
Lei ha un carattere malinconico?
No, non mi pare…
Soffre di solitudine?
Mai, prima di tutto perché sono poche volte solo e poi perché…
Parlo in senso spirituale…
No, anche in senso spirituale. Sono stato vicino alla morte due volte. Sono uno che apprezza molto una giornata di sole, una passeggiata, la libertà di vedere.
Nel Vangelo si parla del “Demone Meridiano”, degli anni che portano tentazioni. È così o è la scoperta di qualcosa di nuovo?
Ma forse è tutto… Sì è tutto. È molto difficile dire come nascono certe cose. Prima di tutto nascono quando quello che c’era prima è finito, è difficile che un nuovo sentimento possa nascere quando vi è ancora amore. Mi è difficile spiegarlo, so solo che è molto bello… Forse tutto ciò è illusorio? Chi lo sa?
Gli psicologi dicono: “È il tentativo di inseguire la giovinezza, di riconquistare il tempo perduto”.
Mi va bene. Perché no?
Chi è per lei Nicoletta?
Nicoletta è la mia compagna, la mia donna. Con questo ho detto tutto.
Sì abbiamo detto tutto. Le pesa il giudizio degli altri? Hemingway scrisse ad Adriana Ivancich, la ragazza di cui si era invaghito: “Il mondo non perdona coloro che sono felici”.
È la verità. L’ho provato sulla mia pelle negli ultimi trent’anni di carriera. Fin quando ero agli inizi e volevo diventare qualcuno tutti mi aiutavano, come sono diventato qualcuno hanno cominciato a buttarmi la croce addosso. Sicuramente da quel momento io canto meglio di prima, altrimenti non si capirebbe perché sono ancora qui.
Nella storia tra lei e Nicoletta, quali sono stati i momenti più duri?
Il momento più duro è stato quando l’ho confessato a mia moglie. Penso e spero che lei abbia capito.
Se fa i conti con il passato cosa vede?
Vedo meno futuro, perché siamo nel mezzo del cammin di nostra vita… Però ho avuto un grandissimo passato: sono una persona davvero fortunata. Lo direi anche se le cose dovessero peggiorare. Ho avuto un’infanzia molto felice, con mia nonna, con la mia bisnonna, mia madre, le mie zie poi mia moglie e le mie figlie. Un’esistenza bellissima, una carriera che meglio di così non poteva essere. Adesso ho una vita nuova e una nuova compagna. Mi auguro che la mia vita futura sia bella come quella passata. Sono sicuro che lo sarà.
Le auguro tanta fortuna e la pace nel cuore.
Grazie, ne ho tanto bisogno.