la Repubblica, 7 settembre 2017
La riscossa delle modelle. «Mai più in passerella chi indossa la taglia 36»
PARIGI Sotto il vestito niente. O almeno così è stato finora. Con le modelle trattate come animali da passeggio: ricattate, abusate, ossessionate fino al malessere fisico dalla paura di perdere la loro bellezza. A New York, a Milano a Parigi. Ma finalmente qualcosa sta cambiando: Lvmh e Kering, le due holding francesi che controllano i più importanti marchi della moda – da Vuitton a Dior, e poi Gucci, Fendi, Saint Laurent e tanti altri – hanno deciso di firmare una “carta per il benessere delle modelle” che impegnerà le loro griffe a seguire una serie di regole fin dalle prossime sfilate. E a cancellare, prima di tutto, lo scandalo della taglia 36: quella delle super magre che flirtano, loro malgrado, con l’anoressia. Lo scopo, ha detto il Ceo di Kering François-Henri Pinault che ha avuto l’idea della carta è «ispirare l’intero settore. Fino a cambiare le condizioni attuali di lavoro nel mondo della moda».
Il decalogo merita. Ad esempio: modelle bambine, addio. Sotto i 16 anni non potranno più sfilare negli show per adulti, fino a 18 anni dovranno presentarsi con mamma ed entro le 22 tornarsene a casa. Non potranno saltare la scuola e nemmeno alloggiare per conto proprio. La salute fisica di chi va in passerella sarà monitorata costantemente. Ai casting e alle sfilate sarà assicurata la presenza di psicologi che sostengano e rassicurino le mannequin. E se in Francia già da maggio, proprio contro l’anoressia, è obbligatorio un certificato di buona salute riferito agli ultimi due anni, la “carta delle modelle” imporrà tempi più stretti: potrà essere vecchio al massimo di sei mesi.
La vera rivoluzione, però, è l’esclusione delle taglie 36: quelle super magre, spesso malate loro stesse, diventate il simbolo di ideali di bellezza inaccessibili che hanno spinto già migliaia di ragazzine nel baratro dell’anoressia. D’ora in poi alle sfilate si partirà dalla taglia 38. Senza dimenticare che anche i maschi soffrono mali analoghi: e dunque per loro via dalla 48. E non è che l’inizio: un altro elemento di novità è che le ragazze saranno tutelate, se non sindacalmente, quanto meno attraverso interlocutori cui rivolgersi quando nel casting o nel rapporto con l’agenzia qualcosa non funziona.
Tutelare le giovani modelle, dunque. Ma anche evitare polemiche: come quelle che negli ultimi mesi hanno scosso il mondo della moda, svelando un lato oscuro del glamour che a lungo nessuno aveva osato raccontare. A dire basta, lo scorso febbraio, ci aveva pensato un direttore di casting, James Scully. Esasperato dal comportamento di alcuni colleghi aveva denunciato su Instagram il modo in cui 150 ragazze erano state tenute praticamente prigioniere durante un casting di Balenciaga: lasciate ore ad aspettare rinchiuse al buio su una scala. Apriti cielo: dopo quella vicenda altre modelle avevano deciso di parlare. E cinque top come Jourdan Dunn, Edie Campbell, Leomie Anderson, Candice Swanepoel e Joan Smalls lo avevano pubblicamente ringraziato: “Hai detto la verità”. Rotto il muro del silenzio il sito models.com aveva pubblicato un’inchiesta dove decine di ragazze raccontavano le loro brutte esperienze: lavori non pagati, maltrattamenti, e perfino certi episodi di razzismo che avevano spinto Sarah Mower di Vogue America a bacchettare l’industria. «In tempi come questi – aveva scritto – la moda deve prendersi la responsabilità di riflettere quanto siano reali le donne che rappresenta». Fino alla denuncia, lo scorso maggio – lo ricorda il New York Times – della modella taglia 38 Ulrikke Hoyer, che dopo aver accusato sui social l’imposizione di una dieta di sola acqua per 24 ore era stata allontanata da una sfilata Vuitton. Fattacci arrivati alle orecchie di Pinault, appunto. E di Antoine Arnault di Lvmh, che aveva addirittura chiesto di denunciare direttamente a lui storie del genere. «Spetta a noi definire nuovi standard» dice Arnault. «La carta è nata anche per questo». Sotto il vestito, finalmente, la dignità.