la Repubblica, 7 settembre 2017
L’amaca
Gino Strada che dà dello “sbirro” a Marco Minniti è la certificazione – ce ne fosse ancora bisogno – della morte della sinistra italiana. Scissa in due parti mai più unificabili: una virtuosa ma spocchiosa, l’altra realista ma compromessa. A segnare l’irreparabilità della situazione l’uso della parola “sbirro”, che è del gergo malavitoso e curvaiolo, carica di un disprezzo (umano, politico) senza appello.
Non esiste più luogo di dibattito, tanto meno di riconciliazione, tra questi due stati d’animo. Nel Partito comunista convivevano gli stalinisti e i movimentisti alla Ingrao, gli statalisti e gli autonomisti (nella Democrazia cristiana Dossetti e Scelba, nella Chiesa i giovannei e i lefebvriani). Oggi è guerra per bande, odio libero di sprigionarsi, nessun contenitore è in grado di assorbire questi gas tossici. Come quelli che conservano in casa certi semi perduti, e certe memorie consumate, mi rendo conto di vivere, e forse di sopravvivere, da ossimoro. Verso da secoli il mio otto per mille a Emergency ma non vorrei Gino Strada come ministro degli Interni (né Minniti a ricucire gli sbudellati di guerra). Sono sicuramente incoerente, ma nel mio cortile, forse solo nel mio cortile, la sinistra esiste ancora.