Gazzetta dello Sport, 7 settembre 2017
La plastica nell’acqua dei rubinetti

L’ultimo allarme viene da un pezzo pubblicato dal sito www.orbmedia.org e poi da Repubblica, che l’ha scaricato e tradotto: nell’acqua che esce dai rubinetti ci sono frammenti microscopici di plastica.
• Ci sono frammenti microscopici di plastica anche nell’acqua che esce dai rubinetti italiani?
Le cito l’articolo di Elena Dusi, che accompagna il pezzo americano: «Repubblica ha prelevato tre campioni di acqua dalle fontane pubbliche di Colosseo, San Pietro e piazza Navona a Roma e li ha spediti all’Irsa. Qui un metodo più sofisticato rispetto a quello usato dall’Università del Minnesota non ha trovato fibre di microplastica». L’Irsa è l’Istituto di Ricerca Sulle Acque del Cnr. A naso, stando a quello che scrivono gli americani, i frammenti avrebbero dovuto esserci. Ma chissà.
• Come è stata fatta questa ricerca americana?
Il pezzo su www.orbmedia.org è stato scritto da Dan Morrison e Chris Tyree. Morrison è un giornalista-fotografo-viaggiatore, ha lavorato tra l’altro per il National Geographic, ha scritto un libro sul Nilo (Black Nile
, non tradotto in italiano) e ne sta preparando uno sul Gange. Anche Christopher Tyree è un giornalista-fotografo-viaggiatore. Ha un sito che mostra in home page la foto di una discarica ricca di plastiche. I due scrivono: «Dai rubinetti di casa di tutto il mondo, da New York a Nuova Delhi, sgorgano fibre di plastica microscopiche, secondo una ricerca originale di Orb Media, un sito di informazione non profit di Washington. Lavorando insieme ai ricercatori dell’Università statale di New York e dell’Università del Minnesota, la Orb Media ha testato 159 campioni di acqua potabile di città grandi e piccole nei cinque continenti. L’ottantatré per cento di questi campioni, compresa l’acqua che esce dai rubinetti del Congresso degli Stati Uniti e della sede dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente, a Washington, e quella del ristorante Trump Grill nella Trump Tower, a New York, conteneva microscopiche fibre di plastica. E se ci sono nell’acqua di rubinetto probabilmente ci sono anche nei cibi preparati con l’acqua, come pane, pasta, zuppe e latte artificiale, dicono i ricercatori». Nessun cenno ai rubinetti italiani.
• Le microfibre di plastica eventualmente contenute nell’acqua di rubinetto fanno male o no?
Non si sa. Si teme che facciano male, ma non si sa. «Il timore è che queste fibre possano veicolare sostanze chimiche tossiche». Però «le autorità americane non fissano un livello di sicurezza per le particelle di plastica nell’acqua potabile, ha detto una portavoce dell’Epa (l’Agenzia per la protezione dell’ambiente), e non le hanno nemmeno inserite nella lista delle possibili sostanze contaminanti rinvenibili nell’acqua di rubinetto». Le autorità, si direbbe, non pensano che le microfibre di plastica siano intossicanti. «L’acqua di rubinetto della capitale soddisfa i criteri fissati dalla legge sulla sicurezza dell’acqua potabile, che includono test per accertare la presenza di prodotti del petrolio, un componente della plastica» (la Dc Water, che gestisce le risorse idriche di Washington). Morrison e Tyree scrivono: «Secondo gli esperti, è troppo presto per capire se la plastica abbia un’importanza comparabile a quella di sostanze contaminanti più note dell’acqua di rubinetto, di origine sia chimica che biologica». Aggiungono qualche dichiarazione. Lincoln Fok, studioso dell’ambiente presso l’Education University di Hong Kong: «La ricerca sulle conseguenze per la salute umana è appena agli inizi». Albert Appleton, ex commissario alle acque del Comune di New York: «La ricerca della Orb solleva più interrogativi di quelli che risolve. C’è un bioaccumulo? Influisce sulla formazione delle cellule? È un vettore per la trasmissione di agenti patogeni nocivi? Se si scompone, che cosa produce?».
• Che cos’è la plastica? E quanta ce n’è al mondo?
Nella maggior parte dei casi è materiale derivato dalla lavorazione del petrolio. Ce ne sono migliaia di tipi. Ogni anno, nel mondo, se ne sfornano 300 milioni di tonnellate. Il 40 per cento di questa massa viene adoperato per pochi minuti e poi buttato via. Per esempio, i sacchetti per la spesa o le cannucce con cui succhiamo una bibita. Dagli anni Cinquanta a oggi la quantità di plastica prodotta nel mondo ammonterebbe a 8,3 miliardi di tonnellate. Il problema è che rimane nell’ambiente per secoli. Migliaia di miliardi di pezzettini sono disseminati sulla superficie dell’oceano, e infatti nel pesce che compriamo al mercato sono state trovate fibre di plastica. La lavatrice che pulisce gli indumenti sintetici produce 700 mila fibre a lavaggio (università di Plymouth). «Gli impianti di depurazione delle acque reflue negli Stati Uniti ne intercettano oltre la metà: il resto finisce nei corsi d’acqua, per un totale di 29.000 chilogrammi di microfibre di plastica al giorno».
• Non ho capito se devo preoccuparmi o no.
Io non mi preoccuperei. L’unica cosa certa è che ci saranno pressioni sui politici per finanziare altre ricerche sulla plastica nell’acqua, con gran vantaggio per le università del mondo. Parlar male dei rubinetti torna anche comodo a chi produce l’acqua in bottiglia, benché spesso l’acqua in bottiglia sia venduta in contenitori di plastica. Forse la lobby del vetro... Mi aspetto pure una nuova produzione di detersivi, un poco più cari di quelli di prima, che garantiranno la non-produzione di fibre. Magari verranno messi fuori legge quelli di un tempo. M’aspetto altri congressi nelle più belle città del mondo, aventi per titolo qualcosa come «la plastica che uccide». Tutto a spese del contribuente, com’è naturale.