Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  settembre 06 Mercoledì calendario

Tutti contro. «Il mio film controverso è una granata nella cultura pop». Intervista a Darren Aronofsky

VENEZIA MAMMA (mia)! Il ritorno di Darren Aronofsky alla Mostra con Madre! era molto atteso e un po’ temuto. Il cineasta americano senza mezze misure avrebbe portato in dono un altro Leone d’oro come The Wrestler o un tonfo epico alla The Fountain? La reazione al film, in concorso, è uno scisma critico, parte l’applauso, segue per reazione il coro di protesta. Analogo il duello in rete tra i fedeli e gli infuriati su un horror che è una corsa sulle montagne russe. Ma anche una storia gonfia di metafore: Lui, Javier Bardem, è un poeta in crisi che vive isolato in casa con la sua musa, una Jennifer Lawrence col cuore in mano, letteralmente. A disturbare la quiete un po’ sterile, almeno dal punto di vista di Lui, l’arrivo di quelle creature sporche che sono gli uomini. Prima la coppia Ed Harris- Michelle Pfeiffer, poi i figli litigiosi, infine una crescente valanga di adoratori distruttivi a cui Lui perdona ogni atrocità.
Mezz’ora di motoscafo dal Lido ed ecco la bella quiete dell’Hotel Cipriani, l’incontro con Darren Aronofsky. Capello rasato, 48 anni, panama da turista sul tavolo, camicia blu aperta sulla canottiera bianca. Ha il sorriso di chi si aspettava il vespaio.
Cos’è la Mostra per lei?
«Sono stato qui tante volte, è un po’ casa mia.Con The Fountain, The Wrestler, Il cigno nero, e poi in giuria. Ci sono ricordi tosti di quando le cose non vanno bene, successe con The fountain ma il tempo mi ha dato ragione. E i ricordi belli: quando capii che The Wrestler poteva vincere il Leone sono stato in acqua tutto il giorno, nuotando senza pensieri, perché sapevo che poteva succedere qualcosa di bello. E da presidente di giuria, c’era la mia cara amica Patti Smith, ci siamo persi passeggiando per le strade di Venezia e lei ha iniziato a cantare a cappella alle tre di mattina. E la sua voce risuonava tra gli archi di Venezia».
Si prepari a grandi contrasti anche per “Madre!” (in sala il 28 settembre).
«Sapevo che il film sarebbe stato controverso. È come lanciare una granata nella cultura pop. Prendere queste due movie star e metterle in questo viaggio intenso. Ma ci sono buone intenzioni, dietro. Perché se leggi i quotidiani ti accorgi che quello che sta succedendo nel mondo non è quello che succede nei film e io volevo riuscire a catturare qualcosa di quella folle energia e metterla nel cinema. Il mio film è disegnato come un missile che vola contro un muro: venite solo se siete pronti per qualcosa di intenso».
Lei non è un regista che si tira indietro dai film rischiosi, eh?
«Non è una scelta, vorrei poterlo fare. Sarebbe bello fare un film facile».
Ha detto di aver scritto questo film in cinque giorni. Non in sette? Perché c’è un evidente struttura biblica nella storia.
«E c’è anche il diluvio universale... tutto il film è strutturato con le storie della Bibbia che lo attraversano, e la casa è allegoria del nostro pianeta. L’umanità si comporta nello stesso modo da sempre, la differenza è che oggi abbiamo raggiunto il limite. Non c’è più acqua, animali, pesci, oro, diamanti, litio».
Perché la Bibbia?
«La leggo spesso. È il libro più antico del mondo, ci sono storie interessanti, potenti dal punto di vista mitologico».
Jennifer Lawrence è la Terra, la Musa, la compagna che è pronta al sacrificio per Lui.
«La storia inizia dalla prospettiva di Lui, ma per tutto il film noi seguiamo quella di Jennifer. È la sua esperienza della storia tra due innamorati, uno dei quali però cambia».
La scelta di Jennifer Lawrence?
«Non aveva mai fatto una prova come questa, non sapevo come l’avrebbe affrontata. È un’autodidatta, ha grande coscienza di sé. Ha assorbito tutto quello che dicevamo all’istante e lo ha messo senza sforzo nel personaggio».
Jennifer non ha fatto mistero del fatto che siete una coppia. Durante la conferenza stampa lei ha cercato di interromperla e ha avuto il fatto suo.
«Sì. Siamo molto amici, ci rispettiamo moltissimo. Abbiamo un bel rapporto. Lei è una donna forte, impossibile da fermare».
Con la locandina cita “Rosemary’s Baby”.
«E anche con la donna incinta tenuta prigioniera. Ma mi hanno influenzato più Il fascino discreto della borghesia di Buñuel, la favola di Barbablù, Edgar Allan Poe. Ho scelto l’allegoria: la casa in un bosco – potrebbe essere Central Park o Aleppo – è lo spirito della terra. E sono partito da una Lei che ha sposato un Dio, e ho cercato di raccontare quello che sta succedendo al pianeta».
Nel film la creazione è più importante della vita, come per Truffaut il cinema era più importante della vita?
«È una bella frase. Ho sempre voluto essere un narratore, fare i film è un modo di raggiungere le persone».
“Madre!” è un film sul narcisismo di Dio e dell’artista. Anche del suo?
«Per fortuna, da regista, sono narcisista solo due mesi ogni due anni, quando giro. Anzi, direi egoista. E così prima del set chiamo famiglia e amici e dico “Ehi, sarò uno squalo per i prossimi due mesi, non avrete notizie di me”. Ma poi è bellissimo tornare a fare il padre. Se facessi il pittore sarebbe molto peggio».